Nuovi mercati del vino italiano

Un’eccellenza in trasformazione tra export, sostenibilità e nuove sfide: nel 2025 il vino italiano guarda a nuovi mercati e punta su sostenibilità e innovazione per superare un contesto in evoluzione
Il vino italiano si trova in una fase di profonda trasformazione. Tra vendite in calo sul mercato interno, performance brillanti all’estero e una crescente attenzione alla sostenibilità, le imprese vinicole stanno ripensando strategie e modelli per affrontare le sfide del futuro. Lo rivela l’ultima indagine dell’Area Studi Mediobanca, che ha analizzato i bilanci e le strategie di 255 società di capitali italiane con fatturato superiore a 20 milioni di euro, responsabili del 94,9% del giro d’affari del settore.
Cresce l’export, rallenta il mercato domestico
Il 2024 ha visto una sostanziale stabilità per il settore vinicolo italiano: il fatturato complessivo è aumentato dello 0,3% rispetto al 2023, ma con segnali divergenti tra mercati. Le vendite oltreconfine sono cresciute dello 0,7%, trainate soprattutto dagli spumanti, che hanno registrato un balzo del +9,1%. Al contrario, sul mercato interno si è bevuto meno: il calo delle quantità vendute è stato del 2,5%, con un -4,9% nel canale Ho.Re.Ca. e un -8,4% per enoteche e wine bar.
Nonostante queste dinamiche, le previsioni per il 2025 restano positive. I produttori si aspettano una crescita delle vendite complessive dell’1,7%, con l’export in aumento del 2%. In particolare, le bollicine continueranno a brillare: si prevede un +4,4% nei ricavi totali e un +6,1% nelle esportazioni. Anche i vini fermi si attendono una leggera crescita: +0,9% complessivo e +1,2% all’estero.
Enoturismo in crescita, vendite dirette in recupero
Tra le tendenze positive spicca l’enoturismo: nel 2024 i ricavi generati da questa attività sono cresciuti del 9%, con tre aziende su quattro che offrono visite in cantina. Anche le vendite dirette segnano un piccolo ma significativo incremento: +1,3% rispetto all’anno precedente, attestandosi all’8,2% del totale.
Questi dati confermano l’importanza di una relazione più diretta tra produttore e consumatore e il ruolo crescente dell’esperienza legata al territorio come leva commerciale.
Le sfide: consumi in calo e incertezze geopolitiche
Guardando al futuro, le imprese del vino si trovano a dover affrontare una serie di sfide complesse. La principale riguarda i cambiamenti nei consumi: il 70% delle aziende teme il calo legato alla riduzione del reddito disponibile, mentre il 60% è preoccupato per l’impatto dei nuovi stili di vita più salutistici.
C’è poi l’incertezza legata alla politica commerciale internazionale: l’eventuale imposizione di dazi da parte degli Stati Uniti preoccupa il 50% degli operatori. Non meno rilevante è l’effetto del cambiamento climatico, indicato come minaccia dal 30% delle imprese, e del nuovo Codice della Strada, che potrebbe penalizzare il consumo responsabile.
Vino e sostenibilità: più attenzione, ma ancora strada da fare
Il settore vinicolo italiano sta facendo passi avanti anche sul fronte della sostenibilità. Il 60% delle imprese redige un report dedicato, e nel 16,7% dei casi esiste una figura manageriale esclusivamente dedicata alle tematiche ESG. Tuttavia, più spesso è un manager con altre funzioni (38,2%) o lo stesso vertice aziendale (25%) ad occuparsene.
Guardando ai prodotti, i vini biologici coprono il 5% del mercato, ma le vendite nel 2024 sono calate del 2,6%. In controtendenza i vini naturali, in crescita del 4,2%, e quelli vegani, con un boom del +31,7% (seppur con una quota ancora contenuta dello 0,9%).
Le performance aziendali e i leader del settore
Nel 2024, il podio per fatturato vede in testa il gruppo Cantine Riunite-GIV con 676,6 milioni di euro (+0,6% sul 2023), seguito da Argea (464,2 milioni, +3,3%) e IWB (401,9 milioni, -6,3%). Nella fascia tra i 200 e i 300 milioni spiccano la toscana Antinori (+7,4%), La Marca (+11%), e la Zonin 1821 (+7,8%). In termini di redditività, Herita Marzotto Wine Estates è al primo posto con un Ebit margin del 17,8%, seguita da Antinori (12%) e Mionetto (9,2%).
Tra le aziende più proiettate all’estero ci sono Fantini Group (96,1% di export), Ruffino (93,3%), Argea e Pasqua (oltre il 90%). Il Veneto, che rappresenta il 25% della produzione nazionale, domina anche l’export con oltre il 35% del totale italiano, doppiando Piemonte e Toscana (15% ciascuna).
M&A, governance e capitale umano
Il settore vinicolo si conferma fortemente familiare: il 65% del capitale è detenuto da famiglie, percentuale che sale all’81,5% includendo le cooperative. Solo due aziende sono quotate all’AIM: Masi Agricola e IWB. Il 2024 ha visto una vivace attività di M&A, soprattutto in Toscana (6 operazioni), Friuli-Venezia Giulia (3) e Isole (4). Interessanti anche i movimenti verso gli Stati Uniti, con 4 operazioni concluse.
Il passaggio generazionale si conferma una questione cruciale: il 40% delle aziende è attualmente impegnato in questo processo, il 16% lo sta valutando e il 30% l’ha già completato.
Sul fronte degli investimenti, le imprese puntano soprattutto sul capitale umano (55% degli operatori), più ancora che sulle tecnologie, dove solo un terzo si concentra su intelligenza artificiale e automazione. In termini di offerta, cresce l’interesse per le categorie no/low alcol, considerate prioritarie dal 50% delle aziende.
Il vino italiano continua a rappresentare un asset strategico per l’economia nazionale e per l’identità del Made in Italy nel mondo. Tra luci e ombre, il settore sta affrontando un cambiamento profondo, fatto di nuovi mercati, maggiore consapevolezza ambientale e nuove modalità di consumo. Il 2025 si preannuncia come un anno di opportunità per chi saprà rinnovarsi senza tradire la propria storia.
Fonte: Area Studi Mediobanca, “Indagine sul settore vinicolo in Italia”, maggio 2025.