BLB Studio Legale sbarca in Lussemburgo
Con il marchio BLBInLaw e una partnership strategica, BLB Studio Legale offre supporto in fondi di investimento, M&A e operazioni immobiliari. Alla guida, gli avvocati Patrick Houbert e Daniela Stelé, che puntano a consolidare la presenza nei principali mercati europei
BLB Studio Legale (sito web) continua il suo percorso di crescita internazionale con l’inaugurazione di un nuovo ufficio in Lussemburgo, in collaborazione con lo studio locale InLaw Luxembourg e il partner francese Lafran & Associés. Un’operazione strategica che mira a rafforzare la presenza dello studio nei principali mercati europei. La nuova sede, che opererà sotto il marchio BLBInLaw, si pone l’obiettivo di offrire supporto a clienti nazionali e internazionali, in particolare nell’ambito di fondi di investimento, operazioni immobiliari e finanziarie, M&A.
Alla guida del nuovo ufficio, l’avvocato Patrick Houbert – esperto di operazioni societarie, M&A e regolamentazione finanziaria – e l’avvocato Daniela Stelé, specializzata in M&A e contratti internazionali.
È proprio l’avvocato Stelé ad aver accompagnato virtualmente Lombardia Economy nella nuova realtà lussemburghese, per approfondire le ragioni di quest’apertura e gli ambiti di operatività della sede. Ha inoltre tracciato un potenziale scenario futuro delle operazioni M&A – alla luce delle elezioni USA – e affrontato l’importanza delle tematiche di sostenibilità e dei valori ESG per le imprese di oggi e di domani.
BLB studio legale estende la propria copertura internazionale. Perché la scelta di una nuova sede proprio in Lussemburgo?
«Si tratta a tutti gli effetti di espansione, considerato che già da diversi anni ci rivolgiamo a una clientela internazionale: l’80 per cento dei nostri clienti è straniero e il 20 per cento è italiano, ma impegnato in operazioni all’estero. Sinora abbiamo avuto diversi desk al di fuori dell’Italia, ad esempio a Hong Kong o negli Stati Uniti, ma questa volta abbiamo deciso di aprire una vera e propria sede, nella quale saranno operativi anche avvocati presenti in loco. Io farò da trait d’union, essendo francofona e avendo la possibilità – come avvocato francese (iscritto al barreau di Parigi e anche al tribunale di Milano) – di iscrivermi al barreau del Lussemburgo.
La scelta di questo Paese arriva per lo più dalle esigenze della nostra clientela. Abbiamo alcuni clienti italiani che ci hanno chiesto di costituire per loro sia fondi collettivi, che fondi di private equity, o delle SVC, società veicolo di cartolarizzazione. Inoltre, ci siamo resi conto che in Lussemburgo c’è molto lavoro da svolgere, perché ospita sul proprio territorio già moltissime imprese italiane, e non solo, che da lì svolgono attività verso l’Italia, la Francia, l’Inghilterra etc… Abbiamo quindi modo di offrire quell’assistenza globale che ci contraddistingue.
Non bisogna poi trascurare un altro aspetto fondamentale: per molte società, gli investimenti in Lussemburgo sono particolarmente interessanti per via della sua posizione strategica in Europa e per il fatto che vanta un sistema finanziario solido. Possiamo dire che è un Paese business friendly, dove molte procedure sono semplificate. Penso ad esempio al RAIF, un fondo di investimento collettivo che può essere costituito senza richiedere l’autorizzazione delle autorità regolatorie lussemburghesi. In sintesi, sono queste le ragioni che ci hanno spinto ad aprire una nuova sede in Lussemburgo».
L’impatto delle elezioni americane sui mercati globali non si estende solo nell’ambito della politica internazionale, ma investe anche le operazioni fusioni e acquisizioni. Qual è la sua visione a tal riguardo?
«Alla luce del programma di Trump e di quelle che possono essere le sue tendenze in termini economici, è probabile che nei prossimi anni ci sarà un significativo sviluppo di operazioni M&A. Come è noto, negli ultimi quattro anni – nell’era Biden – si è registrata una certa stagnazione di questo tipo di operazioni, principalmente perché la Federal Trade Commission e soprattutto l’antitrust americano le hanno spesso ostacolate, al fine di non creare delle concentrazioni.
Ora, il nuovo presidente ha già annunciato di voler ammorbidire tali procedure, pertanto ci si aspetta – Goldman Sachs afferma già nel 2025 – un aumento del 20 per cento delle operazioni M&A. Si prevede anche una diminuzione dei tassi, quindi finanziamenti più facili, una probabile diminuzione della tassazione per le imprese e di conseguenza una maggior liquidità e possibilità di investimento.
Questo è il potenziale scenario d’oltreoceano, resta tuttavia da capire quale impatto avrà sull’Europa. E ciò dipenderà dalla politica internazionale e fiscale di Trump. Ad esempio, l’imposizione di nuovi dazi -annunciata di recente – sicuramente riguarderà la Cina, ma potrebbe anche interessare l’Europa. In concreto però, non sappiamo ancora quale direzione assumerà la politica protezionista di Trump. Molto dipenderà anche dal modo in cui reagirà l’Europa. In questo scenario di interrogativi, al momento, l’unico dato quasi certo sembra essere l’aumento delle M&A. Resta sempre da capire se potremmo beneficiarne anche noi europei».
Sempre in tema di fusioni e acquisizioni, il settore del Food si mostra uno dei più attivi. Quali sono le ragioni? E come si evolverà lo scenario nell’immediato futuro? Ci sono altri settori che potrebbero andare in questa direzione?
«Certamente il settore del Food è stato uno dei più attivi, dopo il 2022. Ha sempre retto – in Italia, ma anche nel resto del mondo – persino durante il periodo di stagnazione. Campari, ad esempio, ha realizzato acquisizioni in Francia e in Inghilterra, IRCA ha portato a termine acquisizioni addirittura negli Stati Uniti. Queste operazioni, per la maggior parte, sono state realizzate da fondi di private equity italiani e stranieri, ma anche da società della grande distribuzione.
Attualmente, il settore del Food nel nostro Paese è ancora molto frammentato, per lo più è in mano a famiglie e piccole e medie imprese. Ma è altrettanto vero che ci sono molti prodotti di qualità e di nicchia; quindi, potenzialmente c’è ancora una fetta importante di mercato italiano che si può evolvere.
Io credo che il motivo per cui questo settore ha tenuto, risieda nel fatto che nel nostro Paese è legato al concetto di benessere dell’individuo: ‘Mangiare bene vuol dire anche vivere bene’. Non solo, è anche strettamente connesso al tema della sostenibilità alimentare, che a sua volta si ricollega al più generale ambito della sostenibilità ambientale, un tema con cui oggi tutte le imprese devono fare i conti. Non a caso sempre più fondi cercano di acquisire imprese e società che rispettino tali principi.
A tal riguardo, nel nostro studio abbiamo un team dedicato, che si occupa proprio di supportare i clienti rispetto ai valori ESG, che sempre più frequentemente vengono presi in considerazione anche nelle due diligence.
Oltre al Food, continuerà a crescere – almeno nel prossimo anno – la ristorazione. E poi anche il fashion: anche se il lusso ha avuto qualche cedimento recentemente, l’Italia vanta molte imprese che producono sia per il fast fashion che per il luxury e sono un’eccellenza. Il famoso Made in Italy – un tema a me è caro – che credo debba essere incrementato, incoraggiato e tutelato».
In questo particolare momento storico, quali sono le principali sfide che le imprese devono affrontare e quali sono i servizi di supporto strategico che offre BLB Studio Legale?
«Può sembrare banale ma la sfida principale è la concorrenza: la globalizzazione l’ha resa più marcata e su scala globale. Per questo le imprese devono continuare a innovarsi: per poter reggere il confronto con competitor presenti a livello mondiale. Certo, molto dipende anche dai settori. Ce n’è uno in particolare in netta crescita nel mondo, in cui però l’Europa e anche in Italia sono il fanalino di coda: quello delle nuove tecnologie e dell’Intelligenza Artificiale. In questo contesto le aziende italiane hanno bisogno di fare un deciso salto in avanti.
Oltre alla concorrenza, c’è un’altra sfida importante: le società italiane, per lo più piccole e medie imprese, quando si rivolgono al mercato estero, devono saper entrare in sinergia con il sistema del Paese col quale intendono operare. Hanno bisogno di essere accompagnate ed è proprio questo il cuore del nostro lavoro. Lo facciamo da sempre, assistiamo anche le imprese che arrivano dall’estero, sul territorio italiano.
Innanzitutto, spieghiamo loro come funziona il sistema giuridico del Paese coinvolto e nello specifico le normative inerenti all’operazione che si apprestano a realizzare. Facciamo in modo che si allineino il più possibile alla mentalità locale, affinché siano in grado di entrare in sintonia con le imprese del territorio, negoziare un contratto e creare joint venture. Li accompagniamo proprio per mano in un percorso che non sempre si dimostra semplice, perché talvolta capita di dover destrutturare ‘convinzioni’ del cliente non efficaci al raggiungimento dei suoi obiettivi».