Entro il 2050 quasi il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle città, nonostante stiano diventando luoghi sempre più inospitali a causa del cambiamento climatico, della crisi abitativa e della povertà energetica. Per risolvere questo ” paradosso urbano “, senza tuttavia arrestare il processo di inurbamento, occorre rendere le città più vivibili, eque e resilienti. La soluzione risiede in un approccio integrato, multilivello e multidisciplinare che coinvolga tutti gli attori in campo, superando l’idea che la responsabilità sia solo della politica o di un singolo settore. È dunque necessario trasformare le città da epicentro dei problemi a motore di possibili soluzioni e nuove opportunità co-progettate dai protagonisti che operano e governano i centri urbani.
È questa la visione emersa da “Cities For Impact 2025: Europe of Cities“, l’evento organizzato dalla urbantech company SuperUrbanity, con il patrocinio di European Space Agency (ESA) e il supporto di E.ON Italia come main partner, che ha riunito a Milano leader del settore pubblico e privato, accademici e innovatori per delineare il futuro della transizione urbana in Europa.
L’urgenza di questo cambio di paradigma è dettata da numeri allarmanti che definiscono il “paradosso urbano” messo in evidenza da SuperUrbanity nel corso dell’evento: le città, già oggi, attraggono talenti e opportunità, ma rischiano il collasso. Si contano oltre 60.000 vittime per ondate di calore in Europa nel 2025, 18 miliardi di euro spesi nel 2024 per far fronte ad alluvioni , 47 milioni di persone in condizioni di povertà energetica e un deficit abitativo che cresce al ritmo di 2,5 milioni di case mancanti ogni anno.
Serve un approccio rigenerativo, che superi la semplice trasformazione fisica per innescare un processo continuo di adattamento e cura. Architettura, urbanistica e pianificazione urbana sono chiamate a creare spazi che generino opportunità attraverso strategie concrete: da framework complessi come ” Orchid City ” di Except (realtà olandese attiva su questi temi), che punta a un impatto ecologico positivo, a interventi di ” agopuntura urbana “, dove piccole azioni locali innescano cambiamenti sistemici. Nella pianificazione può intervenire anche la regola del “3-30-300”, secondo cui ogni cittadino dovrebbe poter vedere tre alberi dalla finestra, vivere in un quartiere con il 30% di copertura arborea ed essere al massimo a 300 metri da un parco.
Cuore di questa trasformazione sono i pilastri tecnologici interconnessi: l’energia si orienta all’efficienza e a sistemi distribuiti, mentre la mobilità privilegia la prossimità alla velocità con soluzioni condivise. Ma lo sguardo deve allargarsi fino allo Spazio, perché i dati satellitari possono trasformare radicalmente la capacità di una città di anticipare i problemi e proteggere i suoi cittadini. Infine, la visione non sarebbe completa senza il suo pilastro fondamentale: il capitale umano. La tecnologia è uno strumento, ma l’obiettivo finale è costruire ambienti “conversazionali” e comunità eque, dove il benessere delle persone e la cura delle relazioni sono al centro di ogni strategia di sviluppo.
“Abbiamo voluto creare un dialogo tra mondi diversi perché le sfide complesse richiedono soluzioni integrate. Risolvere quello che in SuperUrbanity chiamiamo ‘paradosso urbano’ è un’esigenza fondamentale per garantire sviluppo giusto e sostenibile basato sulla collaborazione tra pubblico e privato, tra tecnologia e umanesimo”, ha dichiarato Rodolfo Pinto, CEO di SuperUrbanity. “Dall’evento è emersa una visione coerente: la resilienza urbana non è solo infrastrutturale, ma profondamente culturale e relazionale. Le città sono il laboratorio della transizione europea, dove dati e IA incontrano partecipazione e cura”.
Energia: efficienza, elettrificazione e comunità con il modello della “città formicaio”
Il processo di urbanizzazione globale è considerato inarrestabile e, secondo alcune analisi evidenziate nel corso di Cities for Impact 2025, rappresenta l’unico modo per il pianeta di sopravvivere con una popolazione di 10 miliardi di persone e l’attuale livello economico. La decarbonizzazione passa quindi inevitabilmente dalle città, e la soluzione può essere rappresentata da quella che si definisce ” città formicaio ”: un ecosistema dove l’alta densità abitativa, se ben governata, diventa una forza. Come in un formicaio, la cooperazione, l’efficienza e l’intelligenza collettiva trasformano la concentrazione di persone e risorse da problema a più grande infrastruttura ecologica e sociale per la sopravvivenza del pianeta. Il modello compatto, quindi, può favorire efficienza ed elettrificazione: un investimento di un milione di euro su una rete urbana può allacciare un numero di utenti cinque volte superiore rispetto a un ambito suburbano, e un appartamento in città consuma il 30% in meno di energia per il riscaldamento. Le comunità energetiche e i sistemi di storage intelligente, gestiti da IA, promettono un modello più inclusivo e partecipativo, restituendo ai cittadini un ruolo attivo nella governance energetica.
Tra le sfide più importanti, c’è poi l’integrazione dei data center (che oggi consumano l’1% dell’energia mondiale) nel contesto urbano: un approccio olistico consiste nel raffreddare i microchip utilizzando l’acqua e incanalare il calore di scarto nel sistema di teleriscaldamento cittadino.
Come cambia la mobilità urbana: dalla velocità alla prossimità
La mobilità emerge come il più visibile campo di applicazione della transizione urbana, in particolare grazie all’avanzata della micromobilità condivisa : monopattini e biciclette elettriche liberano spazio pubblico e modificano concretamente i comportamenti, incoraggiando una mobilità più democratica e intermodale. I dati (DOTT) lo confermano: a Milano, il 58% degli utenti ha ridotto l’uso dell’auto e il 15% l’ha venduta o ne ha posticipato l’acquisto. Questo cambiamento è supportato da un approccio ” pro-regulation ” del settore, che collabora con le amministrazioni per integrare il servizio nel trasporto pubblico locale. Una trasformazione pratica che si accompagna a un’evoluzione del paradigma di riferimento: la “città dei 15 minuti” si ridefinisce come “città di prossimità “, dove l’obiettivo progettuale non è più spostare le persone velocemente, ma farle muovere di meno, studiando in modo scientifico le esperienze di mobilità (UX Mobility) per valutare i percorsi in base a fattori come qualità del marciapiede, illuminazione, verde e comfort termico.
Dall’Orbita alla strada: i dati satellitari per città più sicure e resilienti
La città deve trovare un’estensione orbitale, che le permette di dialogare costantemente con sé stessa per analizzarsi, prevedere rischi, adattarsi e proteggersi. I dati satellitari, resi pubblici dai programmi europei come Copernicus di ESA, offrono applicazioni concrete e trasformative : queste spaziano dal monitoraggio della salute degli alberi e la prevenzione delle cadute, come dimostra il progetto “Urban Forest” di Bergamo, all’individuazione delle isole di calore; dal controllo millimetrico della stabilità di ponti e infrastrutture fino al rilevamento di perdite idriche sotterranee.
La sfida principale risiede ancora in un ” gap di consapevolezza ” da parte degli amministratori locali, che non sempre conoscono o sfruttano appieno questi strumenti. Pertanto, la piena integrazione tra l’osservazione terrestre e le decisioni locali rappresenta una delle frontiere più promettenti per la costruzione di città più resilienti, efficienti e sicure.
Il capitale umano è parte dell’infrastruttura sociale
Al centro della trasformazione urbana e organizzativa un posto fondamentale è dedicato al capitale umano : le persone, i loro diritti e il loro talento, che viene ridefinito come una risorsa civile che fiorisce nella consapevolezza, nella lentezza e nella libertà di sbagliare. La cultura, l’arte e la creatività vengono riconosciute come leve per ricostruire l’immaginario collettivo per contrastare quella che molti hanno definito la “crisi dei sogni”. Anche le organizzazioni sono quindi chiamate a una profonda mutazione culturale : non basta promuovere Diversità, Equità e Inclusione (DEI), ma è necessario costruire ambienti “conversazionali” in cui la relazione umana prevale sulla funzione. A livello urbano, il tutto si traduce in politiche che garantiscono equità e giustizia sociale, perché una città non è sostenibile se lascia indietro i più fragili: la riduzione del gender gap e l’accesso equo all’abitazione e al lavoro sono indispensabili per la competitività e il benessere collettivo.
I partecipanti di Cities For Impact 2025
Nel corso dell’evento Cities For Impact – Europe of Cities sono intervenuti: Rodolfo Pinto (CEO Superurbanity), Renato Mazzoncini (CEO A2A), Luca Conti (CEO E.ON italia), Salvatore Pinto (Chairman Axpo Italia), Tom Bosschaert (CEO Except), Elena Stoppioni (Presidente Save The Planet), Paolo Vimercati (Director Placemaking Lombardini22), Nadia Boschi (Head of Sustainability Lendlease Europe), Chiara Lucchini (Responsabile sviluppo territoriale Torino Urban Lab), Alessandro Tommasi (CEO FutureProofSociety), Marco Marcatili (Director Lombardini22), Alicia Lubrani (CEO Pulsee), Oriana Ruzzini (Assessore Transizione ecologica Comune di Bergamo), Camilla Bianchi (Assessore Transizione Ecologica Comune di Brescia), Juri Sanni (Urban Pills), Marianne Viray (Executive Director Disagree Better), Giorgio Gori (Membro del Parlamento Europeo), Ilaria Zilioli (Legal Officer ESA), Mattia Palazzi (Sindaco di Mantova), Jessica Nardin (esperta di public policy), Francesco Lamberti (CTO Atlante), Giovanni Bottini (CEO Systematica), Vittorio Gattari (Public Policy Director Dott), Francesca Coppola (Assessore Città dei 15 Minuti Comune di Genova), Giovanni Caccamo (Cantautore e autore), Daniela Leotta (Strategy and Sustainability director E.ON), Juri Franzosi (Direttore Generale Lombardini22).




