Nuovo report sulle previsioni economiche

Italia: crescita al rallentatore, ma non si ferma. Il punto sulle proiezioni 2025–2027 contenute nel nuovo report della Banca d’Italia
L’Italia rallenta, ma non si ferma. Questo, in sintesi, il messaggio contenuto nel nuovo report della Banca d’Italia, che disegna lo scenario macroeconomico del nostro Paese per il triennio 2025–2027. È una fotografia senza effetti speciali, priva di eccessi ottimistici, ma nemmeno drammatica. Un ritratto realistico di un sistema economico che, nonostante lo scenario internazionale complicato e i venti contrari del protezionismo, prova a muoversi, passo dopo passo, nella direzione della crescita.
Dopo un 2024 chiuso con un +0,5% del PIL, la previsione per l’anno in corso si ferma a uno striminzito +0,6%. La ripresa sarà un lento cammino: +0,8% nel 2026 e +0,7% nel 2027. Numeri che, messi così, potrebbero sembrare deludenti, ma che acquisiscono un altro significato se letti nel contesto globale: una fase in cui la crescita si fa sempre più selettiva, e la politica commerciale internazionale – su tutte le tensioni tra Stati Uniti ed Europa – rischia di diventare un freno pesante per l’export italiano.
Proprio le esportazioni sono il punto dolente. Il report segnala come l’annunciato aumento dei dazi da parte degli Stati Uniti abbia avuto un impatto diretto: nel 2025 l’export italiano sarà pressoché stagnante (-0,1%).
Solo nel biennio successivo si tornerà a respirare, ma con ritmi ancora moderati. In parallelo, anche gli investimenti viaggiano in retromarcia rispetto agli entusiasmi dei piani post-pandemici. La fine degli incentivi edilizi frena il settore delle costruzioni, mentre l’incertezza geopolitica raffredda gli investimenti in beni strumentali. Fa da contraltare il sostegno ancora tangibile del PNRR e dei programmi Transizione 4.0 e 5.0, che mitigano almeno in parte le incertezze.
A sorpresa – o forse no – a reggere la baracca sarà il consumo interno. I consumi delle famiglie aumentano più del PIL: +1,0% nel 2025, +1,2% sia nel 2026 che nel 2027. Un segnale di fiducia, forse, o più semplicemente il frutto della ripresa del potere d’acquisto. E anche il lavoro, nonostante tutto, tiene: l’occupazione cresce, anche se con ritmi più contenuti rispetto al recente passato. Il tasso di disoccupazione scenderà sotto la soglia psicologica del 6% nel 2025, per poi stabilizzarsi.
Sul fronte dei prezzi, si resta in un territorio di relativa calma. L’inflazione, dopo le impennate del biennio post-Covid, si manterrà tra l’1,5 e il 2%. Solo nel 2027 è previsto un leggero sussulto (2,0%), legato all’entrata in vigore del nuovo ETS2 europeo, che alzerà transitoriamente i prezzi dell’energia. Per il resto, l’inflazione di fondo resterà su livelli contenuti e gestibili, sintomo che il quadro dei costi interni è sotto controllo, nonostante qualche pressione salariale.
Un capitolo a parte meritano le importazioni, che dopo il rallentamento del 2024 (-1,5%) torneranno a crescere: +1,1% nel 2025, +2,0% nel 2026 e +2,2% nel 2027. È il riflesso, secondo la Banca d’Italia, della ripresa graduale degli investimenti e delle esportazioni. Anche il saldo di conto corrente della bilancia dei pagamenti resterà positivo, vicino all’1% del PIL.
Ma la vera protagonista di questo scenario è l’incertezza. Il report lo dice chiaramente: tutto dipenderà dall’evoluzione delle politiche commerciali globali. Non è ancora chiaro, per esempio, come risponderà l’Unione Europea ai dazi statunitensi. Né quali potrebbero essere le ricadute di eventuali ritorsioni incrociate. E poi c’è il fronte finanziario: eventuali tensioni sui mercati o una nuova fiammata dell’inflazione potrebbero alterare le previsioni in maniera significativa.
C’è però anche un elemento di possibile sorpresa positiva: un’eventuale politica fiscale più espansiva a livello europeo, spinta magari dall’aumento delle spese per la difesa, potrebbe iniettare nuova energia nel sistema economico. Per ora è solo un’ipotesi, ma è una variabile che andrà osservata con attenzione.
In sintesi: il motore dell’economia italiana non si è spento, ma procede con il freno a mano tirato. Consumi in ripresa, esportazioni penalizzate, investimenti rallentati. Il contesto globale, più che le dinamiche interne, è la vera variabile impazzita. Ed è proprio lì che si giocherà la partita dei prossimi anni. L’Italia ha bisogno di stabilità e di un terreno fertile per lasciar crescere le sue energie migliori. Le previsioni non regalano entusiasmi, ma nemmeno allarmismi. E forse, in un periodo come questo, è già qualcosa.