• 22 Settembre 2023

Maternità in azienda: nonostante i passi avanti, ancora un tabù

 Maternità in azienda: nonostante i passi avanti, ancora un tabù

Sonia Malaspina

Ma basta concentrarsi su come facciamo a risolverla. La domanda giusta dovrebbe diventare: “Quanto valore può portare in azienda chi si prende cura di figli minorenni, parenti disabili, genitori anziani? L’invito viene da Sonia Malaspina, direttore Risorse Umane Italia e Grecia, nel Consiglio di Amministrazione di Danone Italia, e Marialuna Agosta, Inclusive Diversity Manager per Danone Italia e Grecia che – in un libro pubblicato di recente da Roi (“Il congedo originale”) – provano a tracciare le linee guida per superare vecchie soluzioni e pensare a come trasformare le organizzazioni con il potere della cura.

A sentire le due autrici, non ci si può limitare al discorso congedo: Quanti giorni spettano, quali sono i tempi di rientro, eventuali agevolazioni. Occorre lavorare per affermare una nuova cultura in grado di dare il giusto riconoscimento ad una delle attività umane più arricchenti, anche se spesso sfiancanti.  Quindi maggiori sostegni psichici e affettivi, oltreché economici nei confronti dei cosiddetti caregiver.

Se, come scrive nella Prefazione Francesca Vecchioni (Fondatrice e presidente della Fondazione Diversity): Ogni cosa, dai processi di selezione del personale agli orari di lavoro, dai kpi (key performance indicator) produttivi a quelli valutativi, dai modelli di leadership ai luoghi fisici, ogni singolo aspetto dell’esperienza lavorativa è stato disegnato nel tempo per calzare addosso a un individuo che risponde ad un identikit preciso, estrapolato da un modello culturale e presente negli algoritmi (maschio, caucasico, eterosessuale, il buon padre di famiglia), Danone ha provato ad andare in controtendenza.

Ma proviamo a capirne di più con Sonia e Marialaura, che in questo libro si sono fatte aiutare da sei compagni di viaggio: Francesca Parviero, Riccarda Zezza, Paola Corna Pellegrini, Azzurra Rinaldi, Letizia Caccavale, Fabrizio Gavelli. 

“Il tema della maternità in azienda è ancora complesso – dice Marialuna – Dalla nostra esperienza, possiamo dire che, sì, l’aspetto economico è importante, ma il pilastro culturale è la grande sfida di ogni azienda e del nostro Paese. Nel corso del tempo abbiamo visto realtà grandi, medie e piccole introdurre pratiche virtuose per accogliere le mamme al rientro dal congedo, perché guardavano al loro contributo nel medio-lungo periodo. La questione fondamentale è che si tratta di tagliare altre parti del conto economico e investire sulle persone”.

“Nel 2011 – afferma Sonia- ho scommesso su quel 50% di popolazione femminile che c’era in azienda, sulla loro crescita senza aggiungere risorse, ma spostando gli investimenti da altre aree non strategiche. Lo abbiamo fatto scommettendo sul contributo delle donne per rendere più competitiva l’azienda, comprendendo che c’era un tesoro nascosto. E oggi i numeri ci dicono che abbiamo vinto quella scommessa. In Italia, la parte culturale è la più difficile da scardinare. In altri Paesi non è così. In Francia, ad esempio, c’è un tasso di occupazione femminile molto più alto rispetto all’Italia e c’è anche una percentuale di natalità più alta. Ciò significa che, se una donna lavora ed ha una stabilità economica, fa più figli. C’è quindi un problema di supporto del sistema-Italia. Se noi abbiamo una denatalità significativa, è chiaro, che c’è un problema strutturale: chi pagherà le pensioni e i servizi del futuro? La parte culturale purtroppo rappresenta un freno al sistema Paese. Vari  studi confermano che ci sono tanti punti del prodotto interno lordo persi a causa dell’assenza delle donne nel sistema produttivo”.

Ma questo secondo Sonia e Marialuna è il tempo in cui si deve guardare oltre.  Per anni abbiamo denunciato modelli di produzione e organizzazioni maschili, poco inclusivi, poco attenti ai caregiver, oggi ci si deve sforzare di cercare soluzioni su come introdurre parole nuove come, appunto, cura e dignità.

“Il Congedo Originale che proponiamo nel libro – replicano – non vuole focalizzarsi solo sul problema. Tenta di far conoscere le strategie che con il tempo abbiamo costruito e messo in pratica. Dopo dodici anni di applicazione del Congedo Originale in azienda tocchiamo con mano gli effetti che le attività di cura restituiscono: professionisti migliori che, come caregiver, sprigionano un potenziale fortissimo, terapeutico per la nostra organizzazione. Non si parla più di dipendenti, ma di persone. Quando abbiamo lanciato la policy a sostegno della maternità e della paternità nel 2011 non avevamo dati scientifici e indicatori che dimostrassero quello a cui assistevamo. Vedevamo, però, che la maternità rafforzava competenze quali: la delega, l’intelligenza emotiva e sociale, la capacità di creare scale di priorità. Tutti fattori che rendono migliori professionisti e organizzazioni. Sempre più convinte che quanto osservavamo in termini di aumento della produttività e del coinvolgimento delle persone avesse una base scientifica, abbiamo incontrato il team di ricercatori di LIFEED, guidati da Riccarda Zezza, che nello stesso tempo avevano avuto la stessa intuizione. Così abbiamo chiesto loro di misurare in modo rigoroso le competenze di ogni mamma prima e dopo il congedo. I risultati, a qualche mese di distanza, sono stati strabilianti: le neomamme mostravano un aumento esponenziale nell’attitudine a prendere decisioni, nelle capacità organizzative e nella propensione a delegare”.

Servirebbe una figura in azienda, dedicata ai caregiver? “Ancora prima che una figura specifica in azienda – chiariscono – occorrono una predisposizione e un cambiamento culturali all’interno delle organizzazioni, che coinvolgano in primis il vertice aziendale e stimolino al tema della cura e dell’inclusione in azienda. Spesso si tende a pensare che queste politiche abbiano costi proibitivi e possano essere attuate solo da poche e grandi organizzazioni con mezzi economici consistenti. Sfatiamo un falso mito: non è così. Ci sono azioni a costo zero significative che possono essere attuate in tutti i contesti, se ci sono l’approccio e l’apertura culturale necessari per far fiorire le persone”.

Cosa è successo in concreto in Danone? “Da più di 10 anni – fanno sapere – abbiamo dato vita a una piccola rivoluzione prima silenziosa e poi sempre più d’impatto, che vorremmo far conoscere a chi volesse venire a visitarci. Abbiamo ribaltato il punto di vista, supportando con poche, chiare e ferree regole la maternità e la paternità per una corretta condivisione dei carichi di cura e per consentire alle mamme di rientrare tutte dal congedo. Ci siamo adoperati perché le loro competenze non solo non venissero perse, ma valorizzate. Ascoltiamo ciascuna mamma e ciascun papà che rientra per comprendere le necessità specifiche della famiglia. Adattiamo l’orario di lavoro e andiamo incontro alle esigenze organizzative, integriamo la maternità facoltativa per valorizzare anche in modo concreto il lavoro di cura che si svolge durante il periodo di congedo”.

Dunque, una rivoluzione del Welfare in azienda come quella avviata da Bending Spoons, una delle principali realtà  tecnologiche in Europa con sede a Milano: congedi illimitati retribuiti al 100% e bonus una tantum per affrontare le spese per il bebè, a disposizione di mamme e papà, senza distinzione.  “Con il Congedo Originale – concludono Sonia e Marialaura – vogliamo dimostrare agli attuali manager, ma soprattutto a quelli del futuro, come sia possibile per tutti i contesti ribaltare i comuni stereotipi sulla maternità e più in generale sulla cura. Se è vero che sono ancora tanti purtroppo i contesti che non valorizzano le persone, è altrettanto vero che ci sono alcune buone notizie: le nuove generazioni che si affacciano al mondo del lavoro sono sempre più alla ricerca di un equilibrio e rinunciano a contesti lavorativi in cui non ci sia benessere. Di fronte quindi a una forza lavoro che predilige la possibilità di conciliare la propria vita privata fatta di cura – innanzitutto verso se stessi- i contesti lavorativi hanno poca scelta: adeguarsi trasformandosi o implodere. Ricordiamoci infatti che i luoghi di lavoro sono fatti di persone che, solo se lavorano bene sentendosi valorizzate, restituiscono il meglio con il loro lavoro”. E in questo le nuove tecnologie possono offrire un grande supporto.

Cinzia Ficco

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