Mario Furlan, il KOMUNIKANTE per il bene
KOMUNIKANTE è la nuova rubrica di ITALIA ECONOMY che presenterà ai lettori, attraverso le interviste, gli operatori della comunicazione.
Dall’arte alla finanza, dal mondo dell’impresa, delle istituzioni e del sociale vi faremo conoscere tanti personaggi che hanno fatto della comunicazione un sistema di vita: comunicare vuol dire “rendere partecipi”, “mettere in comune”, “condividere con gli altri” informazioni, messaggi, idee.
Nel nostro primo appuntamento incontriamo Mario Furlan, giornalista, docente universitario e life coach, dal 1994 fondatore dei City Angels, basco celeste e giacca rossa, sono gli angeli di Milano, uomini e donne che aiutano senzatetto e distribuiscono coperte, pasti caldi e medicinali, assistono anziani e anche animali smarriti.
1) Quando è stato il momento in cui ti si è accesa la scintilla e hai compreso l’importanza della Comunicazione nella tua Vita?
Ero in quinta Elementare, vivevo ad Albissola, in Liguria, e dietro a casa mia il bosco era infestato da cacciatori che ammazzavano gli uccellini.
Organizzai una raccolta di firme contro la caccia tra i miei compagni di classe e la portai al Sindaco. Che, bontà sua, accettò di ricevermi.
Mi confidò che pure lui era contro la caccia, e che sarebbe stato necessario organizzare una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questo passatempo crudele.
Naturalmente non ero in grado di organizzare nulla. Ma capii quanto è importante comunicare, divulgare e sensibilizzare.
2) Sei e sei stato un uomo di comunicazione che ha dato vita a realtà associazionistiche nel mondo del giornalismo. Penso all’Osservatorio Giornalistico Mediawatch che ti ha visto tra i fondatori.
Non pensi che oggi manchino realtà come Mediawatch che funga da cerniera e da bussola per tutti quei giovani che vogliono approcciarsi al mondo del giornalismo e della comunicazione e che possano interfacciarsi con i maggiori esponenti della comunicazione come succedeva nelle serate che organizzavate?
Sì, e infatti ogni tanto penso di far rivivere Mediawatch, o qualcosa del genere…
3)Ti conosco da anni da amico e professionista. Chi conosce il tuo percorso e le tue esperienze potrebbe dire che anche tu hai fatto quello che viene definito ” Il Viaggio dell’Eroe”. Quando hai scoperto la tua vocazione? E, se puoi ,mi racconti il momento in cui hai avuto “la chiamata” che ti ha permesso di essere un uomo non solo di comunicazione ma uomo per il bene dando vita ai City Angels?
Avevo 29 anni, lavoravo come giornalista alla Mondadori. Amavo il mio lavoro, ma ad un certo punto sentii una voce nel cuore che mi spingeva a non limitarmi a raccontare la realtà, bensì a cambiarla.
Così, ascoltando la mia chiamata o vocazione, feci d’impulso qualcosa di avventato: mi licenziai, pur senza sapere come fare a mantenermi, per avere tutto il tempo di dare vita ai City Angels.
4)Prima la Pandemia e poi la Guerra? Non credi che siano state le ennesime occasioni perse per fare un salto di coscienza reale e mettere in discussione tutta una serie di paradigmi che hanno portato all’imperare di un egoismo feroce dove si è sempre più affievolito quel senso di responsabilità verso la persona e la sua centralità?
Infatti non ci saranno mai eventi esterni, guerre, pandemie o terremoti, che faranno cambiare l’animo delle persone.
Noi facciamo un salto di coscienza soltanto quando qualcosa di interiore ci fa mettere in discussione.
5)Parlando di media e responsabilità, non credi anche tu che il linguaggio a cui spesso assistiamo stia diventando sempre più violento e che spesso e volentieri il mondo mediatico abbia perso una delle sue funzioni primarie: educare?
Ormai da molto tempo il mondo mediatico punta soprattutto all’audience, agli ascolti, ai numeri. Oppure a strumentalizzare una tesi per fini politici o ideologici.
Questo fenomeno si è accentuato con l’avvento dei social, che sono il terreno prediletto di narcisisti ed egoici: più like e followers ho, più mi sento importante…
6)Sei a contatto con persone senza dimora e verso la quale la vita non è stata benevola per i più svariati motivi.
Spesso persone che in brevissimo tempo hanno perso tutto passando da uno stato di benessere a quello di senza tetto in brevissimo tempo.
Non credi che ancora oggi, nonostante l’arrivo dei new media e di una presenza maggiore di mezzi di comunicazione ,si parli ancora poco di chi come te dedica la propria vita per portare un po’ di conforto a chi è sempre più invisibile?
È vero, gli invisibili dovrebbero diventare più visibili.
7)Credo che la comunicazione dedicata al settore del sociale abbia ancora poco spazio all’interno di media generalisti.
Non credi che oltre a delle rubriche specifiche, spesso con spazi ridotti, dare una visibilità maggiore a piccole e grandi realtà che operano per il bene stimolerebbe chi è ancora rapito dal proprio ” sonno “?
Potrebbe stimolare, ma per risvegliare davvero ci vorrebbe una dose da cavallo… e comunque credo che qualcuno resterebbe addormentato.
Alessio De Bernardi – Fondatore di ADBcomunica
Coordina la rubrica KOMUNIKANTE su Italia Economy Comunicatore ed esperto di Media & Public Relations |