L’ingresso in borsa e la “riscossa” delle Pmi in 4 mosse

Nicola Tufo, partner Rsm Italy: «Mercato 2024 asfittico, può riprendersi se vengono adottate le giuste misure». Ecco la riscossa delle Pmi in 4 mosse
La quotazione in Borsa quale “marchio di qualità” per certificare la trasparenza di un’impresa e colmare quel gap di visibilità e di credibilità che (purtroppo) l’Italia si porta dietro nei confronti dei mercati internazionali. Ma anche la possibilità di diversificare le fonti di finanziamento e migliorare la propria reputazione. Anche (e soprattutto) se parliamo di Pmi, l’asse portante della nostra economia.
Rsm International è una delle principali organizzazioni globali specializzate in revisione e organizzazione contabile e in consulenza fiscale, societaria e finanziaria. È presente in 120 Paesi con oltre 65mila professionisti che forniscono consulenza in ambito audit & assurance, consulting, financial advisory, risk advisory, tax e legal. In particolare, per quanto riguarda il supporto ai processi di quotazione, Rsm adotta un approccio multidisciplinare, grazie al quale può supportare piccole, medie e grandi imprese in tutte le fasi del percorso.
«Nel primo semestre del 2024 abbiamo seguito 5 operazioni su un totale di 10 Ipo (l‘offerta pubblica iniziale, che costituisce lo strumento attraverso il quale una società ottiene la diffusione dei titoli tra il pubblico, requisito necessario per ottenere la quotazione dei propri titoli su un mercato regolamentato, ndr).
Ma quello di quest’anno è un mercato sostanzialmente asfittico e che probabilmente resterà sotto le 25 società quotate: si pensi che nel 2023 le operazioni erano state invece 33 e Rsm ne aveva seguite quasi il 50 per cento, nel 2021 addirittura 44».
A parlare è Nicola Tufo, Equity Partner di Rsm Italy, di cui è anche Board Member. Tufo è specializzato nell’audit di gruppi nazionali e internazionali e ha esperienza quale financial due diligence advisor in progetti di Ipo sul mercato Euronext Growth e Euronext Milan. È inoltre docente del Sole24 Ore Business School in qualità di esperto sulle tematiche inerenti al processo di quotazione in Borsa di Pmi e grandi aziende.
«Il primo step per una Ipo – spiega Tufo – è la certificazione del bilancio dell’impresa, (tema a me caro essendo un revisore) per poi approfondire l’analisi dell’emittente con i diversi processi di due diligence (business, finanziaria, tax, payroll) attraverso cui Euronext Growth Advisor (una Banca o una SIM) giunge all’emissione del parere di adeguatezza».
Oggi, però, più che sul processo operativo dell’IPO, l’attenzione deve sempre di più concentrarsi sulle difficoltà che il mercato EGM sta vivendo nel 2024, dove la poca liquidità, le conseguenti basse valutazioni e la poca presenza di investitori nazionali ed esteri stanno segnando una stagione “a tinte grigie” per il mercato italiano dedicato alle pmi.
Dalle piccole e medie imprese passa il 50 per cento dell’export tricolore, ma per funzionare il sistema ha estrema necessità di capitali, che possono arrivare anche dalla Borsa. Il Pnrr, in questo senso, può contribuire a creare un circolo virtuoso?
«Tutte le strategie che portano liquidità – risponde Tufo – portano benefici a questo sistema. Con il Pnrr si incrementano le commesse societarie, aumentano i ricavi e le quote di mercato e i bilanci sono più performanti. Tutto questo può portare una società a tentare il passo dell’ingresso in Borsa».
Ma per una quadratura ottimale del cerchio servirebbero anche altri quattro fattori, che Tufo va a elencare. «La conferma del credito d’imposta con una formula triennale (che consentirebbe alle quotande di pianificare la quotazione in Borsa con un occhio di medio-lungo termine); la creazione del cosiddetto “fondo dei fondi” (partecipato da Cassa Depositi e Prestiti che ha lo scopo di dotarsi di 300 milioni di euro destinati al mercato Euronext Growth Milan ndr.) e/o di strumenti utili a stimolare la liquidità sul mercato necessaria per attrarre investitori nazionali ed esteri; agevolazioni fiscali per chi investe sul primario e secondario; piani individuali di risparmio con percentuali “dedicate” di allocazione su EGM per la pirable compliance e beneficiare del risparmio fiscale ».
Un’ultima considerazione va al mercato retail, azionario e obbligazionario. «In Italia i piccoli risparmiatori sono poco avvezzi al rischio – dice Tufo – e anche in quest’ultimo anno hanno preferito (comprensibile) le emissioni statali a rendimento fisso (primo fra tutti i BTP Valore), che indubbiamente hanno distolto l’attenzione dall’azionaria e sottratta liquidità anche all’EGM. Eppure, nel nostro Paese abbiamo il maggior risparmio in deposito d’Europa, basterebbe uno “zero virgola” destinato alle azioni per far invertire i trend.
Rimane inteso che è prioritario, però, che le quotande siano delle vere eccellenze, purtroppo non sempre sul mercato sono presenti società virtuose. Ecco, con i quattro punti appena elencati, il mercato EGM potrebbe diventare molto più attrattivo, liquido e con valutazioni capaci di attrarre imprenditori illuminati».