Egidio Alagia: Missione Networking
Ospite di questo nuovo appuntamento di KOMUNIKANTE è Egidio Alagia fondatore di FDO – For Disruptors Only
Oggi oltre a ideare, organizzare e comunicare eventi, collabora con le aziende anche su progetti di Growth Hacking, Digital Strategy, Project Management, Content e Social Media Management da freelance.
Ha lavorato come “PR & Event Manager” per the ZEN agency e il Museo Fratelli Cozzi di Legnano, si è occupato di “Digital Communication” e “Social Media Management” per Treelium e di “Business Development” con Druantia, l’azienda agricola di famiglia. Dal 2014 al 2017 è stato Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Alto Milanese e vice-Presidente di Confindustria Alto Milanese con delega al mondo education.
1) Mi racconti come è nata l’idea di dare vita a FDO e cosa ti ha ispirato a creare un network che si è rivelato assolutamente vincente?
In realtà, quasi per caso. FDO – sigla che si traduce in For Disruptors Only – nasce nell’estate del 2018 in una birreria a Legnano.
Organizzavo eventi e mi sembrava che molto spesso gli speaker che invitavo raccontassero le storie più interessanti dopo il “palco”, davanti a una birra. Ho deciso quindi di provare a creare un format senza preoccuparsi troppo della sovrastruttura, ma di scegliere delle persone, delle storie e di farci raccontare direttamente da loro – senza filtri – perché con il cambiamento abbiamo a che fare tutti.
Che per innovare non serve studiare libri, o almeno non basta, serve lasciarsi ispirare. Ecco, penso FDO nasca per una sorta di auto-terapia.
2) Quali caratteristiche possiede FDO nelle quali si può tranquillamente affermare che lo caratterizzano da tutte le altre realtà che fanno networking?
Penso che quello che caratterizza FDO possa essere il non cercare di fare networking, non ho mai fatto networking in eventi nati per fare networking. È una parola che non mi piace, ti mette “pressione”, cioè sei ok anche se esci da un evento senza aver fatto networking o business.
Cerchiamo di portare persone interessanti a raccontarsi, forse una cosa che ci caratterizza rispetto ad altri eventi è che molti dei nostri speaker – o disruptor come li chiamiamo – dopo le date tornano nel pubblico. Ecco, puntiamo ad avere persone con qualcosa da dire non solo sul palco a parlare, ma anche sedute ad ascoltare: imprenditori e imprenditrici, startupper, manager, freelance, studenti e studentesse, abbiamo una community che torna ed è molto eterogenea. Citando Fitzgerald, cerchiamo di riempire FDO di “gente interessante, che fa cose interessanti”, come fosse la casa de Il grande Gatsby.
3) Negli eventi che organizzate ho visto molti di questi che hanno come protagoniste imprese al femminile e profili di giovani donne che fanno impresa.
È solo una mia percezione o dopo i due anni di Covid si è visto un accrescere di giovani imprenditrici e di nuovi progetti?
Dal 2018 a oggi, dopo più di 60 eventi, circa 150 speakers, quasi 6.000 partecipanti ci siamo resi conto che senza cercare particolarmente profili di donne, abbiamo una community a maggioranza femminile e a livello di panel la presenza è molto equilibrata. È bellissimo vedere giovani ragazze fare impresa, ma credo che ci fossero anche prima del Covid.
Non credo a modelli “maschili” o “femminili”, penso oggi sia importante parlare di talento. Il talento non ha sesso, come l’innovazione, non c’è un’età per “innovare”.
Il Covid – da perfetto Cigno Nero – ha portato all’accelerazione di una serie di processi, alcuni progetti possono nascere per “necessità”, perché si è perso il lavoro, per esempio.
Altri, perché ci si rende conto che la vita è una, e che se hai un’idea vale la pena provarci. Le storie di imprenditoria femminile, soprattutto in Italia, devono essere raccontate perché fare impresa è difficile, se sei donna purtroppo di più. Per questo abbiamo creato format come “Disruption is Female”, quando metteremo il merito e il talento come unica stella polare il gender gap scomparirà in automatico, ne sono certo.
4) FDO assomiglia ad una “Casa delle Idee” dove chi accede può nutrirsi di spunti, riflessioni e avere maggiori spunti per sviluppare le proprie riflessioni.
In circa due anni di vita ci puoi raccontare qualche esperienza e testimonianza di chi tramite FDO ha potuto sviluppare le proprie idee?
La cosa più bella è il numero di volontari che in questi anni si sono alternati sul palco con me ad esempio, guidati semplicemente dal piacere dello stare insieme, dagli stimoli che portano a casa, persone che probabilmente tornano da FDO diverse da come sono entrate. È bellissimo anche aver visto nascere collaborazioni tra aziende di alcuni speaker che si sono conosciuti in una nostra data, persone che hanno trovato o cambiato lavoro, vere e proprie amicizie. Ci frequentiamo a prescindere da FDO ormai. Il miglior indicatore è anche il numero di aziende che ci hanno chiesto di organizzare un evento per loro, un percorso formativo, un progetto di community management.
Non possiamo essere “inquadrati” in nessuna categoria e penso questa sia un po’ la nostra forza. Parliamo di cambiamento, sappiamo cambiare molto velocemente.
5) Tra i vari ospiti di FDO vedo spesso anche divulgatori e profili di professionisti che hanno compiuto e raggiunto obiettivi importanti a livello professionale.
Mi è piaciuto vedere che nei vostri incontri la distanza tra questi e la platea non c’è e il più delle volte lo scambio tra chi è ad assistere e il protagonista è diretto.
Questo annullamento di distanza era una prerogativa che volevi quando hai pensato alla formula FDO?
Sì, quello che dicevo. Penso dipenda un po’ dal tono di voce che cerchiamo di avere, l’avere poca “struttura”. Senza autoironia, faresti fatica a stare sul nostro palco.
Un esempio è Shift Happens, un progetto che studiato per gli studenti universitari, dove dopo una sorta di “lezione frontale” i giovani partecipanti insieme agli speaker cucinavano e mangiavano insieme. Attività di questo tipo cancellano le distanze, non sei più in un rapporto “speaker – pubblico” ma semplicemente una persona che sta insieme ad altre.
5) Ci racconti come è composta la tua squadra e come sono nate le diverse partneship con chi collabora con te per realizzare i vostri calendari sempre più ricchi e pieni di ospiti di altissimo livello?
Il team è soprattutto basato su volontari, che si dividono e si alternano, quest’anno abbiamo iniziato a inserire una project manager e una social media manager, sono i primi due ingressi a tempo pieno, il 2023 avrà tante tante novità. Poi abbiamo partner, alcuni tecnici, altri finanziari, altri ancora che definiamo “Strategic Partner”.
Network di amici e amiche che condividono con noi la passione per l’innovazione e il cambiamento, con i quali cerchiamo di strutturare collaborazioni ed eventi lungo l’anno. Un paio di esempi, l’ultimo evento organizzato con la Fondazione Giacomo Brodolini con il lancio del loro osservatorio “Future of Workers”, oppure i Meet&Match che organizziamo con Qualifier e l’ADCI – Art Directors Clus Italiano, all’interno dei quali facciamo dialogare agenzie di comunicazione e manager attorno a un tema di attualità.
6) FDO che ha come base Milano, potrebbe diventare un format esportabile in altre regioni?
È tra i nostri obiettivi 2023/24. Se sei un’azienda innovativa, un coworking, contattaci. Vogliamo assolutamente portare FDO in altre regioni.
7) La comunicazione soprattutto dopo il Covid ha dimostrato di essere accelerata e spesso di difficile gestione.
Credi anche tu che nonostante le indiscusse facilitazioni che il digitale ha dimostrato di poter dare il live lasci anche a chi vive eventi come quelli di FDO un valore aggiunto fatto di suggestioni ed emozioni che il web nn potrebbe mai dare?
Sono cose diverse, quello che cerchiamo di fare in fondo è trasmettere messaggi.
Gli eventi sono un vettore, quest’anno ne attiveremo altri. La comunicazione cambia sempre, dipende dalle persone, dalla tecnologia, dipende da tantissimi fattori.
Le tecnologie esponenziali, penso anche a quello che sta accadendo con la realtà aumentata e virtuale, il metaverso, sono importantissime. Tagliano le distanze e possono farci vivere esperienze clamorose, penso sia semplicemente sbagliato paragonarle però allo stare insieme. L’essere umano sarà sempre un essere sociale, che vuole stare con le altre persone.
Uno speaker trasmette la sua storia con la sua voce, a un evento come attraverso un podcast. Ma all’interno di un evento può esserci un incrocio degli occhi, una stretta di mano, una persona che incontri. Sono cose diverse.
Sono entrambe importantissime, ma partecipare a un evento è un’esperienza unica. Facciamo streaming, li registriamo, ma le persone vengono lo stesso per stare insieme.
8) Mi puoi raccontare i vostri prossimi obiettivi e progetti.
Il 2023 vivremo forse la nostra prima, vera, disruption. Diciamo che non faremo più solo eventi, aumenteremo le collaborazioni B2B, oggi siamo estremamente “liquidi” ma siamo diventati grandi, quest’anno sarà l’anno dove FDO avrà una sua struttura ben definita. Saremo ancora più vicini alla nostra community, perché è la parte più importante di FDO. Non posso dirti troppo altro, ma ti consiglio di registrarti al nostro sito. Stay tuned, come si dice.
9) La bellezza dei tuoi incontri risulta la presenza di platee composte da target di diverse età. Era uno dei tuoi obiettivi o tutto ciò è avvenuto naturalmente?
Vogliamo appassionati e appassionate di innovazione e cambiamento. Vogliamo gente curiosa. Perché FDO non so se è, o sarà mai, il posto dove avrai “tutte le risposte”, ma vorremmo fosse il posto che ti insegna a farti tutte le domande giuste. Quindi, per rispondere, è avvenuto naturalmente, come ti dicevo siamo partiti senza un vero scopo e i disruptor che ci seguono sono diversi proprio per i motivi che ti ho raccontato.
Alcuni ti dicono di “non seguire la strada tracciata” ma di “costruire il tuo sentiero”. Ecco, con FDO ti perdi nel bosco. È più cool, fidati.
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Alessio De Bernardi – Fondatore di ADBcomunica
Coordina la rubrica KOMUNIKANTE su Italia Economy Comunicatore ed esperto di Media & Public Relations |