Di Montigny (Mediolanum): «Le imprese siano “coopetitive” nei confronti del business»
Intervento di Oscar di Montigny: «Le aziende hanno occasione storica: non solo competizione, ma anche cooperazione a vantaggio dell’insieme»
È paradossale che nell’epoca dell’innovazione ci siamo limitati a gestire il neanche tanto imprevisto arrivo del Cov-19, da anni annunciato dai maggiori studi sui possibili scenari futuri, con un’attitudine tutt’altro che innovativa. Dico questo perché se innovare vuol dire «cambiare l’ordine prestabilito delle cose per fare cose nuove», in questa occasione, preferendo l’approccio convenzionale, abbiamo trattato la pandemia prevalentemente come fenomeno sanitario, trascurando che invece è determinata anche dalle diverse forme in cui le società si sono organizzate.
L’attuale frammentazione sociale fondata sullo scontro è il frutto di un approccio convenzionale all’imprevisto: abbiamo puntato su misure sanitarie – vaccini e distanziamento fisico – trascurando di considerare che gli effetti, positivi o negativi che siano, non dipendono solo dalla disponibilità di queste misure, ma anche dall’adesione degli individui sia alla profilassi, sia agli strumenti di controllo. A sua volta l’adesione dipende da fattori molteplici, che vanno dalla maggiore o minore diffusione dei pregiudizi alla fiducia nelle istituzioni, alla capacità di informare e di informarsi in modo corretto.
Tutti questi fattori, che dipendono dal grado di prosperità delle singole organizzazioni sociali – laddove per prosperità si intenda ricchezza non solo economica, ma anche culturale ed emotiva – non sono statici, bensì possono variare sia in termini di comportamenti e attitudini individuali, sia in funzione dei comportamenti delle istituzioni. Un approccio innovativo non si limita a studiare il comportamento del virus, ma allarga il perimetro allo studio delle differenti interazioni tra questo e i gruppi di esseri umani.
Innovare non significa solo adoperarsi per trovare le risposte, ma sapersi porre domande nuove e adeguate alle circostanze; rispondere in modo giusto a una domanda vecchia, cioè non coerente con l’esigenza, non fa di quella risposta la misura migliore. Servono quindi nuove domande, che tocchino livelli più complessi della realtà, perché da esse dipende la traiettoria che prenderà l’evoluzione della società e dunque delle nostre vite.
Capire, per esempio, come stanno cambiando i comportamenti delle persone immunizzate rispetto a quelli dei cosiddetti novax, oppure cosa realmente determina le differenze che intercorrono non solo tra Paesi diversi ma, all’interno di uno stesso, tra regioni e aree geografiche relativamente alla scelta di sottoporsi o meno alla vaccinazione, ma anche come si svilupperà l’industria del farmaco alla luce delle nuove logiche che hanno portato al commercio di vaccini sperimentali in meno di un anno, è determinante non solo per la politica e gli organi di governo, ma per tutti i player di sistema, aziende private comprese.
È vero che in taluni casi aziende e manager sono stati spesso responsabili di disastri e si distinguono per avidità e cinismo, ma è altrettanto vero che nel complesso il settore ha contribuito e continua a contribuire in modo decisivo alla nostra prosperità. Sono ben consapevole delle criticità e delle critiche rivolte all’economia di mercato, ma credo che sia l’unica via per garantire che il sistema economico sia democratico e capace di valorizzare il talento e le capacità individuali.
Tuttavia, i problemi sono numerosi, inutile negarlo. La sfida oggi è riportare all’essenza, al loro significato più profondo, l’idea di profitto e quella di denaro, così come le logiche più consolidate dell’azione economica.
Le aziende oggi hanno l’occasione storica e irripetibile di cogliere l’importanza del loro compito e dunque di agire nella società civile come un modello di cambiamento virtuoso, diffondendo con il loro operato una nuova etica laica. Le imprese, piccole o grandi che siano, sono i luoghi di aggregazione, condivisione, orientamento ed educazione più frequentati. E le aziende più lungimiranti si stanno già impegnando per fondare un nuovo approccio “coopetitivo” al business, in cui il giusto mix tra “competizione e cooperazione” dovrebbe generare un vantaggio per i singoli, ma anche per l’insieme.
La concorrenza di mercato deve diventare sinonimo di crescita dell’Insieme, costituito da tutta la società e l’unica via è l’educazione. È proprio dall’istruzione che – inevitabilmente – passa la trasmissione dei valori di un’etica laica.
Mentre aspettiamo che la politica torni a perseguire questa necessità, penso alla responsabilità che dobbiamo prenderci come imprese, puntando su un’istruzione di qualità, che purtroppo per molte persone è ancora un miraggio, investendo sulla ricerca in discipline come le neuroscienze e le forme più evolute di psicologia e pedagogia, quei saperi che permetterebbero all’uomo di conoscere meglio il funzionamento del proprio cervello e delle proprie emozioni.
Oscar di Montigny
Chief innovability & value strategy officer di Banca Mediolanum e presidente di Flowe