• 14 Dicembre 2024

Come cambia il mondo del lavoro

 Come cambia il mondo del lavoro

Job Hopping, Yolo Economy e Work Life Balance: il mondo del lavoro cambia e per le pmi è fondamentale intercettare i cambiamenti

Il mondo del lavoro non è certamente più quello che hanno conosciuto i nostri genitori: in un lasso di tempo relativamente breve il concetto di occupazione è radicalmente cambiato e totalmente diverse sono le aspettative e le necessità dei lavoratori.

Dopo decenni nei quali si sono affiancati la “sacralità” del posto fisso e la figura-eroe dello stacanovista, dedito solo a lavoro, risultati e profitto, oggi lo scenario risulta essere saturo proprio delle ideologie legate a questi due concetti estremi, che hanno viziato troppo a lungo ambienti di lavoro divenuti sempre più tossici o privi di stimoli.

Le pmi che tessono la realtà economica italiana non vivono solamente del genio e della passione dei propri fondatori, ma possono prosperare solo se al loro interno lavorano persone motivate e soddisfatte.
In questo articolo fotografiamo alcuni fenomeni ed esigenze che giocano un ruolo chiave nel contesto professionale contemporaneo e che qualunque impresa che voglia operare con successo a medio e lungo termine dovrebbe studiare e tenere in considerazione nella gestione delle dinamiche aziendali in ambito risorse umane.

Job Hopping: saltare da un lavoro all’altro alla ricerca della felicità

Dall’anglosassone “saltare/lavoro”, questa tendenza si è particolarmente diffusa negli ultimi anni ed è l’esatto opposto dell’esaltazione del “posto fisso”. Come si capisce facilmente dal nome, questo fenomeno consiste nel saltare da un’occupazione all’altra con una certa frequenza ed interessa un numero sempre maggiore di persone, sia in chi si affaccia al mondo del lavoro per la prima volta, sia in chi ha già alle spalle anni di esperienza, magari nella stessa ditta.

L’ambito maggiormente interessato è quello delle professioni digitali, ma anche altri settori ne sono sempre più coinvolti.

Quali sono le ragioni dietro al Job Hopping? Mettete da parte i pregiudizi su pigrizia, scarsa propensione all’impegno o alla fatica, le ragioni sono ben diverse e più profonde.
Le persone propense a cambiare posizione lavorativa di frequente sono “semplicemente” alla ricerca della propria felicità (lavorativa).

Mansioni più coinvolgenti, benefit migliori, esperienze più formative, stipendi più alti e soprattutto condizioni di lavoro più stimolanti e pacifiche. Significa che solo adesso questi elementi sono divenuti importanti? Ovviamente no, lo sono sempre stati, ma in passato era culturalmente meno accettato il ricercarli con perseveranza.

Chi aveva un posto di lavoro fisso in un’azienda era considerato quasi un folle se esprimeva disappunto per alcune dinamiche spiacevoli o tossiche, spesso accusato di non apprezzare a sufficienza la fortuna che gli era capitata.

Dover fronteggiare condizioni lavorative non ottimali o accontentarsi di stipendi al di sotto delle proprie competenze era spesso ritenuto nella norma, e le stesse aziende erano meno aperte ad un ascolto attivo dei bisogni dei propri dipendenti.

Al giorno d’oggi invece, complici una visione sul mondo del lavoro più “globale” ed una sempre crescente attenzione al benessere dell’individuo nella sua totalità (dalla salute fisica a quella mentale), abbandonare realtà lavorative che non contribuiscono alla crescita personale o che, nei casi più estremi, vedono i dipendenti costretti a destreggiarsi tra dinamiche tossiche di varia natura è considerato “normale”, se non auspicabile.

Che rilevanza ha questo fenomeno dal punto di vista delle pmi? È chiaro che trovarsi nelle condizioni di cambiare squadre di lavoro più frequentemente di quanto sia “fisiologico” per ogni azienda può comportare perdita di tempo e risorse.

Se è infatti vero che inserire elementi nuovi apporta nuovi stimoli ed energie, farlo in maniera più frequente di quanto necessario o desiderato rischia di non garantire una continuità dei flussi di lavoro sul lungo termine.

YOLO Economy: la vita è una ed il lavoro che svolgiamo la influenza grandemente

You Only Live Once: si vive una volta sola. Questo è un vero e proprio motto, sempre preso in prestito dal mondo anglosassone, che invita a godersi pienamente la vita in ogni momento. Bene, adesso indica anche una tendenza nel mondo del lavoro, definita appunto “YOLO Economy”. Di cosa si tratta?

Anche in questo caso alla base del fenomeno c’è una svolta radicale nel modo in cui le persone, soprattutto la generazione Millennials (i nati tra l’inizio degli anni 80 e la metà degli anni 90 o primi anni 2000), guardano all’inquadramento professionale.

Fondamentale nello sviluppo di nuove visioni e concezioni è stato l’impatto della pandemia Covid 19 sulle vite di tutti: i mesi di stop obbligato, uniti ai sentimenti di ansia e paura, hanno portato molte persone a fare bilanci sulle proprie vite, mettendo in discussione molto di quanto fino a quel momento era stato dato per certo o banale. Queste riflessioni si sono spesso tradotte in prese di coscienza sulla profonda insoddisfazione che molte persone provavano in vari ambiti della propria esistenza, primo tra tutti quello lavorativo.

Orari rigidi e spesso lunghi più del necessario, ritmi di lavoro non in linea con il benessere fisico e psicologico, giornate scandite da corse continue e estenuanti alla rincorsa di traguardi inarrivabili… insomma, dopo la pausa forzata causata dalla pandemia, per molti il ritorno alla normalità pre-Covid è stata un’opzione non desiderabile (per quanto riguarda l’ambito lavorativo chiaramente).

Ed ecco che sempre più persone, spinte dal mantra motivazionale del “si vive una volta sola”, hanno compreso di pretendere di più da un settore, quello lavorativo, che occupa una grandissima percentuale del proprio tempo a disposizione.

Quali sono gli elementi fondamentali di una posizione lavorativa in linea con i principi della YOLO Economy?
Ambienti di lavoro stimolanti e sereni, orari maggiormente flessibili, possibilità di smart working nelle professioni che lo permettono, compiti e mansioni in linea con le proprie attitudini. Se ci pensiamo, più che una passeggera moda delle nuove generazioni, sembra la descrizione di un lavoro davvero desiderabile, non è vero?

Di nuovo, quello che è cambiato non è tanto il concetto di quale sia una condizione lavorativa ottimale, che sicuramente non ha mai conciso con ritmi estenuanti o luoghi di lavoro tossici, per fare un paio di esempi: ciò che è profondamente mutato è il livello di sopportazione/accettazione delle persone e il contesto culturale che finalmente esalta e incoraggia la ricerca di situazioni professionali in grado di contribuire al benessere del singolo, piuttosto che minacciarlo.

Che rilevanza ha questo fenomeno dal punto di vista delle pmi? Per molte aziende la diffusione di questa tendenza può essere una grande occasione per fermarsi un attimo a riflettere sulle proprie dinamiche e sulla qualità del proprio ambiente.

Si può e si deve ragionare sul modo in cui i propri dipendenti/collaboratori percepiscono il luogo di lavoro e su quanto sia forte e diffuso il principio di lavorare come squadra per obiettivi e principi comuni. Possono essere riflessioni scomode talvolta, tuttavia affrontarle può rivelarsi di grande utilità per coltivare il benessere aziendale e conseguentemente per la salute dei profitti sul lungo termine.

Work-Life Balance: per molti lavoratori l’equilibrio non è più un sogno ma una necessità

Le due tendenze appena descritte ci portano ad una riflessione comune: trovare un equilibrio tra la vita privata e quella lavorativa è finalmente diventata una priorità.

Per anni molte persone hanno dedicato anima e corpo al lavoro, a volte per passione altre volte per necessità, tralasciando troppi aspetti della vita personale, con pochissime occasioni per dedicare tempo alla famiglia, agli amici e ad attività di svago.

Gli orari di lavoro poco flessibili, le rigidità a volte legate a necessità effettive, troppo spesso a mentalità aziendali “vecchio stampo” – un esempio su tutti: trattenersi fino a tardi in ufficio è un segnale positivo, al di là della mole effettiva di lavoro da svolgere – l’impossibilità di organizzare la gestione della vita familiare in modo compatibile con quella professionale… tutti questi elementi hanno condotto numeri impressionanti di lavoratori a situazioni di stress, ansia e burnout, con effetti negativi su salute fisica e mentale. Una tendenza che deve essere assolutamente invertita.

È importante sottolineare che questo non deve e non può riguardare solo dipendenti e collaboratori, ma è una necessità che coinvolge anche manager e titolari. A tutti i livelli della piramide aziendale è cresciuto il desiderio di combinare un lavoro appagante ad una vita personale altrettanto soddisfacente.

Attenzione, questo non significa dedicare meno impegno o entusiasmo al proprio lavoro: al contrario, è dimostrato che svolgere i propri compiti in ambienti di lavoro sani, con ruoli ben definiti e il più possibile in linea con le attitudini personali, godendo della possibilità di organizzare il tempo nel rispetto delle necessità aziendali ma anche con un occhio agli impegni personali, si traduce in un aumento della motivazione e non può che avere effetti straordinari sulle performance.

Raggiungere un work-life balance migliora la vita a 360°: se al lavoro si è più motivati e soddisfatti con un incremento dei risultati raggiungibili singolarmente e come squadra, nella vita privata si è più in grado di godere davvero del tempo libero, di staccare veramente ricaricando le energie mentali e fisiche.

Appare quindi chiaro che una delle sfide per le PMI è certamente quella di analizzare i propri ritmi e i propri ambienti di lavoro, per capire se ci siano aree nelle quali si possano effettuare delle modifiche, anche piccole, che accrescano il senso di benessere generale.

Una sana auto-critica e la volontà di mettere (se necessario) in discussione modelli gestionali obsoleti e legati a vecchie concezioni imprenditoriali e industriali possono rivelarsi elementi in grado di fare una differenza enorme nella qualità del lavoro e di riflesso nel bilancio economico.

Lavorare con passione e profitto e avere una vita privata serena e appagante si può: l’equilibrio non è un miraggio, ma un progetto concreto sul quale le aziende possono lavorare concretamente ogni giorno. Salute mentale e fisica e bilanci ringrazieranno.

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Nadia Cioni

Consulente marketing e social media manager

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