Mercuri, C.A.S.E.: «Così gli USA aiutano le imprese europee a investire»

Luigi Mercuri, co-fondatore di Vessel Global e presidente del Council of American States in Europe (C.A.S.E.), racconta come le relazioni transatlantiche evolvano tra tensioni politiche e opportunità concrete. Al centro, il ruolo proattivo dei singoli stati USA nel dialogo con le imprese europee

Dalla creazione della consulting agency Vessel Global fino alla sua presidenza di C.A.S.E., ha sempre avuto grande attenzione al mercato americano. Come mai?

ITALIA ECONOMY - Mercuri, C.A.S.E.: «Così gli USA aiutano le imprese europee a investire»«La dimensione transatlantica è sempre stata parte integrante della nostra identità imprenditoriale: ho trascorso quattro anni a Washington D.C. e i miei attuali partner hanno esperienze dirette negli Stati Uniti. Fin dall’inizio, gli Stati Uniti sono stati uno dei mercati chiave per Vessel Global, anche se non l’unico – il mercato italiano e quelli del DACH sono per noi altrettanto strategici. E lo posso affermare, dopo aver vissuto oltre dieci anni in Germania. L’interesse per gli USA nasce dalla volontà di supportare le numerose aziende europee che li considerano un naturale sbocco commerciale, grazie alla loro dimensione, capacità di spesa e cultura dell’innovazione.

Uno dei nostri primi clienti è stato il North Carolina, che ci ha affidato la rappresentanza in Europa per supportare gratuitamente le aziende del Vecchio Continente interessate a espandersi negli Stati Uniti. Da allora, la dimensione transatlantica è diventata una costante nei nostri progetti».

Come si è evoluto il mercato americano nel tempo?

«Ho vissuto da vicino fasi complesse delle relazioni transatlantiche, già durante la prima presidenza Trump. Ma anche in periodi apparentemente più stabili, come durante l’amministrazione Biden, non sono mancate frizioni − si pensi all’ Inflation Reduction Act o al CHIPS Act, percepiti in Europa da alcuni attori come misure incentivanti parzialmente anticoncorrenziali.
Oggi siamo in una fase delicata: la recente decisione relativa agli aumenti dei dazi non è ancora del tutto chiara e alcuni settori merceologici restano in attesa. Tuttavia, al di là della narrazione politica e mediatica, il numero di imprese europee che negli ultimi 10-15 anni ha deciso di investire stabilmente negli USA è in costante crescita.
È importante sottolineare che, mentre il governo federale prende decisioni impattanti in determinate direzioni, molti stati federati lavorano per compensarne gli effetti. Oltre venti stati americani hanno oggi uffici attivi in Europa – alcuni sin dagli anni ‘70, come la Georgia sotto il governatorato di Jimmy Carter – offrendo supporto concreto alle imprese interessate a investire sul loro territorio».

In questi rapporti tra USA e Europa, che ruolo gioca il C.A.S.E.?

ITALIA ECONOMY - Mercuri, C.A.S.E.: «Così gli USA aiutano le imprese europee a investire»«C.A.S.E. nasce negli anni ‘70 come alleanza tra diversi stati federali americani presenti nel Vecchio Continente, con uffici in diverse aree europee. L’obiettivo era, ed è ancora oggi, unire le forze per promuovere gli interessi economici e aiutare le aziende europee in maniera coordinata, anziché agire isolatamente.
Gli stati membri sono distribuiti in varie regioni europee − dalla Germania al Belgio, dalla Francia al Regno Unito, fino al Nord Italia. Inoltre, C.A.S.E. è un punto di riferimento per le imprese europee che cercano informazioni affidabili su dove e come investire negli Stati Uniti. Offriamo confronti tra Stati, statistiche, incentivi fiscali, supporto nella pianificazione di viaggi esplorativi e accesso facilitato ai decision maker locali, oltre a soluzioni di real estate e recruitment.
Siamo anche una piattaforma che facilita la comunicazione e la consapevolezza reciproca: condividiamo informazioni su eventi europei con vocazione transatlantica, fiere, iniziative congiunte − sempre in collaborazione con l’ecosistema diplomatico e commerciale americano».

Quali sono, oggi, gli obiettivi della sua presidenza?

«Desidero dare continuità al lavoro dei board precedenti insieme al nuovo board, composto anche dai rappresentanti dello Stato di New York e dell’Ohio, consolidando il ruolo di C.A.S.E. all’interno del tessuto produttivo europeo. Stiamo tessendo rapporti con le principali associazioni industriali e regioni europee, aumentando la visibilità dei nostri membri con attività promozionali, interviste e con una presenza più attiva sui media e sui social.
Stiamo, inoltre, pianificando un incremento degli eventi in varie regioni d’Europa e abbiamo lanciato un questionario tra i nostri soci per raccogliere feedback e costruire un programma condiviso. In un momento delicato come quello attuale, le tensioni tra USA ed Europa rendono il ruolo degli stati americani ancora più centrale; alcuni stati, come la California o il Texas − considerati rispettivamente la quarta e l’ottava economia al mondo −, hanno un PIL superiore a molte economie nazionali. Pur non potendo intervenire direttamente sulla politica dei dazi, gli stati possono fare molto per sostenere le imprese estere».

A un’impresa europea che ha rapporti con gli USA, in questo momento, quali consigli darebbe?

«Dazi o meno, se si ha un rapporto commerciale stabile con gli Stati Uniti l’export non è sufficiente: la presenza fisica negli Stati Uniti è oggi una necessità. Il mercato americano richiede reattività e supporto locale. Si potrà, poi, valutare caso per caso se limitarsi a un ufficio vendite, a un centro assistenza o avere anche un sito produttivo. Consiglio sempre alle imprese di sviluppare scenari e dialogare direttamente con gli stati americani, sfruttando le opportunità offerte da C.A.S.E., per capire quali sono gli scenari e quali strumenti e incentivi esistano. Muoversi in ordine sparso, oggi, non è più un’opzione».

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Immagine di Luca Indemini
Luca Indemini

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