Illumia: l’energia nasce dalle relazioni

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Illumia interpreta il concetto di “capitale umano” in chiave relazionale: non solo competenze, ma qualità dei legami e cultura condivisa rendono le relazioni il vero motore del successo aziendale

 Mettere la persona al centro è un mantra comune nelle aziende. Illumia fa un passo oltre e mette al centro le relazioni, perché è la qualità dei legami a definire davvero il valore di ciascuno. Con un team giovane di 300 persone, il gruppo ha costruito un modello di welfare che valorizza il tempo, il talento e le connessioni tra collaboratori, trasformando la cultura aziendale in un vero vantaggio competitivo. Per il primo family business dell’energia italiano, il valore delle persone non si misura solo in competenze o performance: ciò che conta davvero sono i rapporti.

Marco Bernardi, il Gruppo Tremagi – holding che controlla le attività del player energetico Illumia – ha chiuso il 2024 con un fatturato vicino al miliardo di euro e una crescita del 22%. Quanto ha inciso il capitale umano nel raggiungimento di questi risultati?

Marco Bernardi

«Direi il 100%. Noi siamo convinti che il valore di un’azienda sia direttamente proporzionale alla capacità delle persone di fare propria la mission e la visione aziendale. Quando questo accade, i risultati arrivano di conseguenza. È chiaro che non sempre c’è una corrispondenza matematica ma a volte i momenti di difficoltà non coincidono con una riduzione della motivazione.

Quando si raggiungono obiettivi così significativi, il contributo delle persone è essenziale. Questo è frutto dell’attenzione che cerchiamo di porre ogni giorno affinché cultura, mission e visione aziendale vengano davvero interiorizzate e vissute da ciascun collaboratore».

Negli ultimi due anni avete aumentato l’organico del 28%. Quali competenze privilegiate nei nuovi ingressi e come riuscite a integrarli in un’organizzazione giovane ma già strutturata?

«All’inizio ci concentravamo soprattutto sulle competenze tecniche, le cosiddette hard skill. Con il tempo ci siamo accorti che nel nostro settore – caratterizzato da un cambiamento continuo, con circa 400 provvedimenti normativi l’anno – non bastano. Abbiamo quindi dato sempre più valore alle human skill: agilità, flessibilità, apertura mentale, disponibilità al cambiamento. Il fatto di essere un family business ha influito molto. Per noi i valori buoni della famiglia – pazienza, tenacia, audacia, capacità di perdonare – sono fondamentali anche in azienda. Per questo l’HR è considerato un reparto strategico, al pari della presidenza: non a caso è guidato da mia sorella, che ha assunto questa responsabilità con il passaggio generazionale. Inoltre, da oltre cinque anni ci avvaliamo di un coach aziendale interno, che partecipa anche alla fase di recruiting, aiutandoci a valutare la predisposizione dei candidati rispetto a queste caratteristiche umane. Non è un processo infallibile – capire le persone in pochi colloqui resta la sfida più complessa – ma ci permette di avere coerenza con i valori che cerchiamo».

L’età media del team è 33 anni: quali sfide e opportunità comporta avere un’organizzazione così giovane?

«Le opportunità sono enormi: entusiasmo, apertura mentale, disponibilità al cambiamento. Qualità preziose in un contesto in continua evoluzione, anche tecnologica, che richiede di rimanere agganciati al presente. La sfida è l’inesperienza, quella che potremmo chiamare “juniority”. Ma crediamo sia meglio circondarsi di persone affidabili e motivate, anche a costo di correre qualche rischio in termini di inesperienza, piuttosto che avere figure molto competenti ma meno affidabili. Nei momenti di crisi, infatti, ci si affida sempre a chi si stima e di cui ci si fida, non necessariamente ai più “bravi” in senso tecnico».

Per il quinto anno consecutivo siete Welfare Champion secondo l’indagine promossa da Generali Italia su oltre 7mila aziende e nel 2024 avete vinto anche il primo premio Commercio e Servizi. Qual è la filosofia che guida le vostre scelte in materia di welfare aziendale?

«Il welfare è ormai una pratica diffusa, ma ciò che fa la differenza è avere un obiettivo chiaro. Per noi non è uno strumento fine a sé stesso: il nostro modello di business si fonda sulle relazioni, ed è in questa direzione che orientiamo ogni iniziativa. Non si tratta solo di “prendersi cura della persona” in senso generico, ma di favorire le relazioni tra le persone, dentro e fuori l’azienda. I servizi di conciliazione – dalla spesa al lavaggio auto, dal laundry service ai summer camp – hanno tutti lo stesso obiettivo: liberare tempo per dedicarsi a ciò che conta davvero, cioè le famiglie, gli amici, le relazioni che formano la persona. Credo che sia proprio questa chiarezza di intenti ad averci permesso di ottenere riconoscimenti che, lo dico sinceramente, non ci aspettavamo né cercavamo».

Avete investito oltre 1,1 milioni di euro nel welfare aziendale, con iniziative molto concrete come l’Illumia Summer Camp per supportare i dipendenti con figli, la Academy per la formazione, il fondo welfare e numerosi servizi di conciliazione vita-lavoro. Quali di queste iniziative hanno avuto il maggiore impatto sul clima aziendale?

«Difficile stilare una classifica: in ogni iniziativa c’è un seme di positività. Personalmente, sono rimasto molto colpito dal summer camp. Lo organizziamo in azienda, non in una struttura esterna: i bambini trascorrono due settimane proprio nei luoghi dove lavorano i genitori, vedono gli uffici, i colleghi, gli spazi comuni. Questo alimenta un senso di familiarità che, a mio avviso, è straordinariamente prezioso. Accanto a questo, un’esperienza unica è il centro culturale creato oltre dieci anni fa da mio padre, oggi diventato uno dei più importanti di Bologna: l’associazione Incontri Esistenziali. Ogni settimana ospitiamo appuntamenti con personalità di arte, musica, cultura, sport: un modo per accendere non solo la lampadina dell’energia, ma anche – come racconta la nostra visione – il cuore delle persone. È con questa visione che affrontiamo il tema del capitale umano. Non siamo perfetti, certo, ma siamo tenaci nel continuare a investire sulle persone. Ed è per questo che ribadisco:

il capitale umano per noi vale il cento per cento dei nostri successi».

Il “Manifesto del Buon Lavoro” parla di creatività, rischio e realizzazione personale: in che modo Illumia rende concreti questi principi nella gestione del lavoro?

«Credo che quel manifesto colga un punto essenziale: ogni persona, lavorando, esprime il desiderio di costruire qualcosa, indipendentemente dal ruolo che ricopre. Il nostro compito, come azienda, è dare senso a questo desiderio, esplicitando la visione e la missione. Non basta appendere i valori sui muri: serve costruire un clima che permetta a ciascuno di esprimersi. Per noi “rischio” significa proprio questo: non avere paura di sbagliare. E in effetti, molte delle iniziative più importanti della nostra storia – sia aziendali che commerciali – sono nate dal basso, dalla creatività di chi era più vicino ai clienti e non temeva di proporre soluzioni nuove. Questa cultura ha portato non solo valore umano, ma anche risultati concreti di business. Perché creatività e fiducia, se davvero praticate, diventano innovazione».

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Immagine di Simona Savoldi
Simona Savoldi

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