• 6 Luglio 2024

Slow Food: un cibo buono, pulito e giusto

 Slow Food: un cibo buono, pulito e giusto

Daniele Buttignol, Amministratore Unico Slow Food Promozione srl SB

Un cibo buono, pulito e giusto. È lo slogan di Slow Food, associazione internazionale che promuove la difesa della biodiversità attraverso l’educazione al gusto, che si declina in fatti attraverso varie azioni. Ne abbiamo parlato con Daniele Buttignol, amministratore unico di Slow Food Promozione srl SB

Fondato nel 1986 in Italia, Slow Food (link) è impegnato nel promuovere il diritto al piacere e a un cibo buono, pulito e giusto, come parte della ricerca della prosperità e della felicità per l’umanità attuale e futura. Fin dalla creazione del Manifesto dello Slow Food nel 1987, l’organizzazione ha promosso l’importanza del cibo, incoraggiando e diffondendo il rispetto per chi lo produce in equilibrio con l’ambiente e gli ecosistemi, valorizzando le conoscenze custodite dai territori e dalle tradizioni locali. Parola a Daniele Buttignol, amministratore unico di Slow Food Promozione srl SB.

Ci può raccontare in breve la mission di Slow Food?

«Slow Food è un movimento globale in cui gli attivisti, organizzati in condotte, comunità e reti tematiche promuovono la difesa della biodiversità attraverso l’educazione del gusto e l’attività di advocacy, favorendo il dialogo tra la società civile e le istituzioni. Parte del movimento internazionale Slow Food è l’associazione nazionale Slow Food Italia.

Il suo obiettivo è promuovere il diritto a un cibo buono, pulito e giusto per tutte e tutti. Sin dalla fondazione nel 1986, l’associazione lavora in Italia e nel mondo per dare il giusto valore al sistema alimentare, praticando e diffondendo il rispetto verso chi produce in armonia con ambiente ed ecosistemi, grazie ai saperi di cui sono custodi i territori e le persone che li abitano».

La tutela della biodiversità è uno dei pilastri della vostra azione. Come si coniuga con la sostenibilità?

«La biodiversità rappresenta un importante strumento per conseguire la sostenibilità economica, ambientale e sociale nelle comunità, diventando una risposta concreta a emergenze ed esigenze quotidiane. Qualsiasi iniziativa che noi intraprendiamo, che sia essa produttiva, associativa o distributiva, deve avere come fine la durata maggiore rispetto alla situazione precedente.

Quando parliamo di sostenibilità dobbiamo quindi essere coscienti che significa cambio di paradigma, cambio di stile di vita e cambio di scelte. In questo senso, perdere biodiversità vuol dire quindi perdere ecosistema, lasciar avanzare il dissesto idrogeologico, omologare produzioni e consumi, livellare verso il basso il settore dell’agroalimentare.

La sua tutela e valorizzazione, al centro di molti dei nostri progetti rappresenta un concreto impegno verso un modello agricolo capace di contrastare gli avvenimenti catastrofici che ci circondano, dalla crisi climatica alle migrazioni dei popoli, tutti eventi che finiscono per erodere il capitale ambientale, sociale e umano che agisce quotidianamente per la tutela degli ecosistemi.

Per questo il tema della sostenibilità ha segnato un’impronta estremamente profonda in tutta l’azione associativa, permeando in un senso sempre più concreto e misurabile. Lo ha dimostrato la ricerca condotta su alcuni presìdi Slow Food da Indaco 2 tramite l’Analisi del Ciclo di Vita (LCA), in particolare la carbon footprint, cioè la stima delle emissioni di gas a effetto serra (anidride carbonica, metano e protossido di azoto) emesse in atmosfera durante il ciclo di vita di un prodotto.

Il calcolo ha rivelato infatti che i prodotti dei presìdi, oltre al valore aggiunto per i territori d’origine, esprimono un livello di compatibilità con le risorse ambientali decisamente migliore rispetto alle produzioni intensive convenzionali».

Secondo voi, oggi c’è bisogno di educazione alimentare?

«Assolutamente sì. Insieme alla biodiversità, rappresenta un altro pilastro della nostra associazione, che fin dalla sua nascita promuove un approccio innovativo all’educazione alimentare e del gusto, basato sul risveglio e sulla formazione dei sensi e sullo studio di tutti gli aspetti del cibo, dalla terra al piatto. Ne è un esempio il progetto degli Orti Slow Food, che da quest’anno non coinvolge solo le scuole, ma anche le comunità, e mira a costruire una cultura alimentare basata sul piacere e su una forte coscienza ambientale.

Investire in un’educazione alimentare che fornisca ai giovani gli strumenti per diventare protagonisti del proprio futuro è urgente e necessario. Le scelte alimentari che compiamo più volte al giorno possono diventare un’importante leva di cambiamento, e grazie ai comportamenti alimentari virtuosi di tutti noi, la tavola può diventare un luogo di consapevolezza.

Al contempo, il cibo è lo strumento ideale per sperimentare e promuovere un’educazione articolata, complessa e creativa, che dia valore all’interdipendenza, all’ambiente e ai beni comuni. Per questo abbiamo lanciato l’appello Col cibo si educa, col cibo si cambia, con cui, insieme all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e alle Comunità Laudato, sì, esortiamo il Governo a inserire l’educazione alimentare tra le materie di studio nelle scuole di ogni ordine e grado».

Quali azioni state promuovendo per valorizzare i metodi di produzione e trasformazione sostenibili?

«Le azioni su cui dobbiamo strutturare un cambiamento devono agire su più fronti: dal rafforzamento dell’economia locale, alla riduzione dello spreco, fino alla diminuzione del consumo di proteine animali. Sono molteplici le campagne, i progetti territoriali e le reti tematiche che portiamo avanti ogni giorno.

Per citarne alcuni, tra i più recenti, In Cibo Civitas, progetto dedicato ai temi della sostenibilità alimentare e partecipazione attiva sui territori, grazie al quale sono state individuate realtà, start up, associazioni e progetti che promuovono modelli di circular economy for food; la rete Slow Fiber, che riunisce aziende che intendono attuare un cambiamento produttivo e culturale nel settore tessile, rendendo tutta la filiera più sostenibile e promuovendo un consumo più consapevole e responsabile; il progetto Salviamo i prati stabili e i pascoli, sviluppato per salvaguardare un patrimonio ambientale, sociale, culturale ed economico che può cambiare il futuro delle terre alte, ma anche rigenerare i terreni esausti delle pianure, dove l’allevamento ha perso il contatto con la terra e l’agricoltura intensiva ha compromesso la vitalità dei suoli; Slow Beans, la rete italiana di produttori, cuochi e attivisti che lavora per salvaguardare i legumi, fonte proteica fondamentale per la nostra salute e per quella del Pianeta. E poi naturalmente ci sono gli eventi internazionali che organizziamo con cadenza biennale»

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Annarita Cacciamani

Social brand journalist, racconta l'Italia e la sua gente

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