Settore orafo italiano: un anno da record

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Settore orafo italiano: dall’espansione record del 2024 alle incertezze del 2025. L’indagine Mediobanca fotografa un comparto chiave del Made in Italy, alle prese con dazi, transizione ecologica e mercati da riconquistare

L’industria orafa-argentiera-gioielliera rappresenta una delle punte di diamante del manifatturiero italiano, espressione di una tradizione che coniuga maestria artigianale e capacità produttiva avanzata. Un settore che, nel 2024, ha brillato con un fatturato aggregato di 12,7 miliardi di euro, crescendo del 6,1% rispetto all’anno precedente e mantenendo una propensione all’export superiore al 90%. Tuttavia, il 2025 si presenta come un anno carico di incognite e preoccupazioni, aggravate dal contesto geopolitico instabile e da nuove politiche protezionistiche, in particolare da parte degli Stati Uniti.

A pochi giorni dall’apertura di Vicenzaoro, evento internazionale di riferimento, l’Area Studi Mediobanca ha pubblicato un’indagine completa sul comparto, arricchita da un focus ESG e realizzata in collaborazione con Confindustria Federorafi, ISTAT e ITC. Lo studio offre una radiografia dettagliata di un settore che si articola in tre principali distretti industriali – Arezzo, Vicenza e Valenza – responsabili nel 2024 di circa il 75% dell’export nazionale del comparto.

Un 2024 da incorniciare
Il 2024 si è chiuso con segnali più che incoraggianti. L’export del comparto ha registrato una crescita annua del 41,4%, trainato in particolare dalle performance straordinarie di Arezzo (+119,3% nelle vendite estere), mentre Vicenza ha segnato un +14,9% e Valenza un leggero calo dell’1,8%. Queste dinamiche hanno alimentato un generale ottimismo, anche se i numeri sono fortemente influenzati da anomalie di mercato – come l’exploit verso la Turchia – e da forti oscillazioni nei prezzi dei metalli preziosi.

Tuttavia, i primi cinque mesi del 2025 raccontano una storia diversa: il comparto ha subìto una contrazione dell’export pari al 15,2% rispetto allo stesso periodo del 2024. A pesare maggiormente è il crollo delle esportazioni verso la Turchia (-42,2%), che aveva rappresentato un mercato chiave l’anno precedente. Al contrario, si segnalano incrementi significativi verso Emirati Arabi Uniti (+18,5%), Svizzera (+15,3%) e Paesi Bassi (+62,3%).

Distretto per distretto: luci e ombre
Nel primo trimestre 2025, Vicenza è riuscita a crescere ancora (+5% sull’anno precedente), mentre Arezzo (-22,8%) e Valenza (-14,4%) hanno subito un duro colpo. Ad Arezzo, le vendite verso la Turchia sono precipitate del 41,2%, mentre Valenza ha sofferto cali importanti verso Irlanda (-25,6%) e Hong Kong (-32,2%). Il quadro evidenzia dunque una forte disomogeneità tra territori, che si riflette anche nelle previsioni per il 2025.

Solo il 45% delle imprese intervistate prevede un aumento del fatturato per l’anno in corso, mentre ben il 43% si attende un calo. Se Arezzo e Valenza restano relativamente ottimiste (rispettivamente il 52% e il 50% delle imprese prevede una crescita), Vicenza mostra maggiore cautela: il 46% delle aziende ipotizza un decremento.

L’incertezza globale e l’effetto dazi
La principale fonte di preoccupazione per le aziende del comparto resta l’instabilità geopolitica (77,8% delle risposte), seguita dalle politiche protezionistiche (61,9%) e dalla concorrenza di prezzo (41,3%). Il recente accordo USA-UE del luglio 2025 ha aggravato il quadro, introducendo dazi del 15% sui gioielli importati dall’Italia. L’impatto è particolarmente gravoso per le PMI che producono oreficeria “accessibile”, dove la materia prima può rappresentare fino al 90% del prezzo finale. In questi casi, i nuovi dazi potrebbero erodere fino al 75% del valore aggiunto, obbligando le aziende ad aumentare i prezzi di vendita del 20% per preservare i margini. Un aumento difficilmente sostenibile per il consumatore statunitense medio.

ESG: tra impegno e ritardi
Nonostante le criticità congiunturali, il comparto sta compiendo progressi sul fronte della sostenibilità. Il 61,5% delle imprese ha avviato iniziative legate ai temi ESG, con una forte attenzione alla riduzione dei consumi energetici (67,5%) e alla visione strategica del top management (65%). Tuttavia, la comunicazione di questi sforzi è ancora carente: il 59,1% delle imprese non divulga i propri risultati ESG in maniera strutturata.

In termini di pratiche ambientali, il 70% delle aziende dichiara di gestire in modo responsabile le catene di approvvigionamento e oltre due terzi afferma di utilizzare fonti rinnovabili o di aver ridotto i consumi da fonti fossili. Tuttavia, solo il 18,2% delle imprese utilizza energia rinnovabile per più dell’80% del fabbisogno, mentre il 63,6% resta sotto la soglia del 20%. L’autoproduzione energetica è limitata (14% del consumo totale), e appena il 33,9% delle imprese ha definito obiettivi concreti per la riduzione delle emissioni.

Capitale umano e governance: punti di forza
Il settore si distingue per un buon equilibrio di genere: il 51% della forza lavoro è rappresentata da donne, quota significativamente superiore alla media dell’industria manifatturiera italiana (28%). A Vicenza, questa percentuale raggiunge addirittura il 63%. Il 93% dei contratti è a tempo indeterminato, e il 64% della forza lavoro è costituito da operai specializzati.

Dal punto di vista della governance, l’85% delle aziende è guidato da un membro della famiglia proprietaria. I Consigli di Amministrazione sono generalmente snelli (mediamente tre membri) e la presenza femminile nei board si attesta al 22%.

Prospettive: tra investimenti e nuova strategia
Di fronte alle difficoltà del 2025, le imprese del comparto stanno reagendo con un rinnovato slancio verso la crescita. Il 61,5% punta all’espansione in nuovi mercati, il 60% allo sviluppo di nuovi prodotti e il 44,6% all’incremento degli investimenti in tecnologia. Significativo il ricorso all’autofinanziamento (79% delle imprese), mentre l’accesso al credito non sembra rappresentare un ostacolo insormontabile: il 59,1% delle aziende ha dichiarato di non aver incontrato difficoltà.

Un confronto con il “IV Capitalismo”
Rispetto ad altri settori manifatturieri del cosiddetto IV Capitalismo (medie imprese italiane a controllo familiare), il comparto orafo mostra segnali di maggiore prudenza. Il 58% delle imprese del IV Capitalismo prevede una crescita del fatturato nel 2025, contro il 45% del comparto orafo. Inoltre, se l’82,5% delle imprese manifatturiere ha avviato iniziative ESG, nel comparto orafo la percentuale si ferma al 61,5%. Similmente, solo il 33,9% delle imprese orafe ha iniziato un percorso per la definizione di obiettivi di riduzione delle emissioni, contro il 52,7% degli altri settori.

Conclusione
Il settore orafo-argentiero-gioielliero italiano resta un pilastro del Made in Italy, capace di esprimere eccellenze produttive, qualità artigianale e innovazione. Tuttavia, le sfide poste dal contesto globale impongono un’accelerazione sul fronte della sostenibilità, dell’efficienza energetica e della diversificazione dei mercati. Le imprese del comparto si dimostrano pronte ad affrontare il cambiamento, ma per tornare a brillare sui mercati internazionali serviranno politiche industriali mirate, supporto all’export e un rinnovato protagonismo sui temi ESG.

Fonte: Area Studi Mediobanca

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Immagine di Giulia Chittaro
Giulia Chittaro

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