Pnrr, l’indagine a meno di un anno dalla scadenza: Assegnati l’85% dei fondi ma speso solo il 30%, ora triplicare il ritmo per raggiungere gli obiettivi
L’analisi di ReportAziende.it: “Italia a due velocità, oltre il 60% dei fondi alle imprese del Nord, il 25% al Centro e solo il 15% al Sud, che cresce solo sulla formazione del personale”
A meno di un anno dalla scadenza del Pnrr, l’85% dei fondi (164,8 miliardi di euro) destinati all’Italia risulta assegnato, ma solo il 30,1% (58,6 miliardi) è stato effettivamente speso. Restano oltre 135 miliardi da erogare entro agosto 2026, un traguardo che richiede un ritmo di spesa quasi triplo rispetto al 2024.
Lo evidenzia il nuovo studio di ReportAziende.it, basato sui dati della Corte dei Conti aggiornati al 30 settembre 2024 e proiettati sull’orizzonte 2025–2026.
Nord, Centro e Sud: troppe differenze
Oltre il 60% dei fondi del Pnrr destinati alle imprese è concentrato nelle regioni del Nord, circa il 25% al Centro e solo il 15% nel Mezzogiorno. Il Pnrr doveva essere un motore di coesione, ma in realtà il paese è ancora diviso. Il problema non è la mancanza di fondi, ma la difficoltà nel trasformarli in progetti concreti: e spesso si tratta di una mancanza di capacità amministrativa: mancano tecnici, assistenza e strumenti digitali adeguati.
L’eccezione positiva arriva dalla formazione del personale: nel credito di imposta Formazione 4.0, l’incentivo fiscale dedicato alle aziende che investono nella formazione dei propri dipendenti, le regioni meridionali guidano con il 46% delle imprese utilizzatrici. Quando le misure sono più accessibili, la risposta del territorio è immediata.
Risorse concentrate, Pmi ai margini
È evidente una forte concentrazione delle risorse. Le prime 100 aziende beneficiarie gestiscono circa 44 miliardi di euro e circa il 70% dei principali beneficiari sono enti pubblici o società partecipate. Secondo i dati della Corte dei Conti Europea, solo il 30,7% dei fondi europei risulta effettivamente accessibile o utilizzato dalle piccole e medie imprese italiane, mentre il restante 69,3% non le raggiunge a causa di complessità burocratiche, carenze nella fase di compilazione delle domande, errori di rendicontazione e scarsa informazione.
Ritardi nei pagamenti e rischio liquidità
Il tempo medio per la verifica dei rendiconti si attesta a 73 giorni e questo genera gravi tensioni di liquidità. La lentezza delle verifiche e dei rimborsi è un nodo critico: le grandi imprese riescono a sostenere i ritardi, mentre le Pmi sono costrette a ricorrere al credito bancario per coprire i flussi di cassa. Le forniture completate ma non ancora pagate mettono a rischio centinaia di imprese fornitrici e subappaltatrici.
Servono procedure più snelle e tempi certi nei rimborsi, altrimenti la spinta all’economia rischia di trasformarsi in tensione finanziaria per le Pmi. Questo è il momento per trasformare la spesa in crescita strutturale. Ma occorre passare dalle risorse assegnate a quelle effettivamente erogate, garantendo rapidità, trasparenza e semplificazione.




