La scelta sostenibile di Brightseed

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Brightseed propone un nuovo approccio strategico per destinazioni culturali antifragili, integrando sostenibilità, identità territoriale e innovazione digitale nel destination branding

Brightseed (sito web) è uno spin-off accreditato dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca che unisce un gruppo di professionisti e accademici specializzati in consulenza strategica per le imprese. Brightseed nasce per semplificare l’approccio e rimettere al centro ciò che serve concretamente alle imprese capendo come creare vantaggio competitivo in un contesto mutevole e ad alta volatilità.

Custodi di un patrimonio materiale e immateriale inestimabile, quale intreccio di arte, storia, artigianato, tradizioni e contenuti identitari, le destinazioni culturali rappresentano una rilevante fonte di creazione e diffusione di valore economico per il sistema Paese.

Nel 2023 in Italia il settore culturale e creativo ha contributo alla creazione del 5,6% della ricchezza nazionale (valore riferito all’intero Sistema Produttivo Culturale e Creativo, SPCC), mentre nel solo campo della valorizzazione del patrimonio storico e artistico sono stati generati 3.320 milioni di euro di valore aggiunto, 3,2% del totale SPCC e 0,2% complessivo. Ciò senza considerare tutto l’indotto del travel, l’attività ricettiva e della ristorazione, lo shopping, gli eventi, ecc. a esso collegati (l’intero settore del turismo nel 2024 ha avuto un peso del 10,8% sul PIL italiano).

Ampiezza e varietà delle risorse culturali si confermano come principali driver di scelta per viaggiare nel Bel Paese.

Eppure, solo cinque regioni (Lazio, Veneto, Toscana, Lombardia e Campania) catalizzano oltre l’81% della spesa totale sostenuta dagli stranieri per una vacanza culturale, lasciando sottoutilizzati siti, monumenti e aree di pregio storico-artistico e tradizionale diffusi su tutto il territorio.

Numeri a parte, però, sempre più le destinazioni di interesse culturale si trovano di fronte a una scelta dicotomica, che si dipana tra conservazione del patrimonio locale e delle sue narrazioni e valori identitari e stimolazione della domanda turistica, il cui incremento significa generazione di opportunità di sviluppo di un’intera area.

Un’antinomia a prima vista irrisolvibile, che contrappone il desiderio di valorizzare la dotazione culturale di una destinazione al rischio di consumarla fino all’esaurimento, sia in senso percettivo, quale perdita di appeal, significato e valore, ma talvolta anche in senso fisico, alimentando il circolo vizioso del doomsday tourism o last chance tourism.

In tale contraddizione si manifesta tutta la fragilità di un comparto che, nel mettere in pericolo integrità e autenticità della proposta culturale attraverso pratiche miopi di gestione della dinamica domanda-offerta, finisce per bloccare la sua stessa capacità di creare ricchezza territorialmente distribuita e di lungo termine.

Breve orizzonte di programmazione, carenza di politiche di marketing in grado di incidere realmente sull’attrattività di risorse locali pregevoli ma poco note, difficoltà a intercettare segmenti di domanda differenziato e ad alto valore aggiunto, portano spesso a iniziative scoordinate, che premono contestualmente acceleratore e freno degli attrattori culturali, riducendo la potenza del motore e rendendo più difficile reagire a situazioni di pericolo.

Al contrario, puntare a costruire “destinazioni culturali antifragili”, ovvero in grado di gestire le proprie proposte culturali, materiali e immateriali che siano, non solo in un’ottica di sopravvivenza alla volatilità, incertezza, complessità, ambiguità del contesto (VUCA), ma in modo che proprio da questi elementi essi traggano la forza per evolvere e migliorare, significa progettare tali proposte in ottica di sviluppo sostenibile.

Anzi, la sostenibilità diventa conditio sine qua non per l’antifragilità, poiché una destinazione culturale non sostenibile incorpora una vulnerabilità intrinseca nel lungo periodo, economica – stagionalità, dipendenza da un unico mercato, “turistificazione” del sistema economico locale – sociale e culturale overtourism, perdita di identità, gentrificazione, conflitti tra turisti e residenti, erosione del patrimonio culturale intangibile – e ambientale – degrado del patrimonio culturale tangibile, perdita di attrattiva dell’area.

Tuttavia, inquadrare il concetto di sostenibilità in questi termini significa farlo abdicare al mero ruolo di ideale etico cui ispirarsi, assolutamente rilevante in termini concettuali ma di complessa trasposizione operativa.

Tantomeno il tema della sostenibilità può accontentarsi di essere trattato alla stregua di un trend del momento, con una prospettiva prettamente promozionale, o di obbligatoria applicazione degli ESG, che traduce le politiche di sostenibilità in un puro costo, per proporsi quale

opzione strategica capace di convogliare nel processo di destination branding responsabilità ambientale, impatti sociali e solidità economico-finanziaria della destinazione, complice anche l’uso strategico delle nuove tecnologie. Occorre, dunque, un cambio profondo di visione.

Non può più funzionare, se non con brevissimo respiro, una strategia di promozione turistica incentrata “sull’offerta culturale come prodotto di consumo” e per questo spesso sostenuta

con investimenti, anche consistenti ma dai dubbi ritorni, volti ad appropriarsi dell’ultima tecnologia (tech rush) o con azioni di sostenibilità di natura tattica, disconnesse e poco integrate, quindi onerose e con efficacia limitata. È necessario, invece, per un reale cambio di passo, promuovere un approccio di destination branding che faccia dello sviluppo sostenibile non solo un obiettivo, ma un nuovo linguaggio con cui plasmare la crescita della destinazione culturale, definirne il posizionamento competitivo e comunicarne l’identità, reindirizzandone la fruizione verso un modello più responsabile e rigenerativo.

Brightseed, spin-off accreditato dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, nasce proprio per rispondere concretamente alla crescente esigenza di un approccio strategico organico in ottica di cultural destination branding, in grado di combinare digitalizzazione e sostenibilità in modo armonico. In Brightseed le nuove tecnologie trovano la loro piena collocazione quale nuova “grammatica” per la sostenibilità, definendo il modo in cui le questioni ambientali e sociali possono, e devono, essere affrontate attraverso l’innovazione.

La trasformazione digitale diventa un abilitatore strategico dello sviluppo sostenibile della destinazione, incorporato nella strategia di cultural destination branding.

Applicando il Green Digital Rating – un framework di analisi proprietario innovativo, frutto di studi accademici e ricerche pluriennali in continuo scambio con aziende e territori – viene realiz zato un audit di tutte le dimensioni utili che concorrono alla definizione di una strategia di sviluppo sostenibile, ovvero sostenibilità finanziaria, tecnologica, sociale e ambientale, ben oltre i tradizionali audit di sostenibilità (figura sopra).

Facendo leva su una pluralità di dimensioni, quali economic sustainability, data collect & compliance, digital integration & experience, brand awareness, brand reputation, social sustainability, environment sustainability e governance efficacy, ciascuna articolata in una serie di indicatori dedicati, è possibile pervenire alla realizzazione di una matrice di valutazione complessiva che consente alla destinazione culturale, ma anche alle aziende che ivi operano, di comprendere chiaramente posizione e traiettoria di sviluppo, anche in un’ottica competitiva e di benchmarking.

Approcci del genere proposto sono oggi imprescindibili per costruire una coerente road map della strategia di marketing e comunicazione che contribuisca a rendere la destinazione culturale antifragile e, con essa, l’intero comparto del turismo culturale, rappresentando davvero una chiave di volta per Destination Management Organization (DMO), decisori pubblici o aziende turistiche interessate alla funzionalizzazione organica e armonica di un sustainable cultural destination branding.

Intervento di Angelo Di Gregorio, Brightseed, co-founder e president e Debora Tortora, Brightseed, co-founder e partner

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