La persona al centro del cambiamento

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Il mercato del lavoro italiano sta vivendo un periodo di profonda trasformazione, sulla base di dinamiche come la transizione digitale, il cambiamento demografico e la fluidità dei modelli organizzativi. In questo contesto, la risorsa umana non è più un semplice fattore produttivo da gestire passivamente, ma un agente attivo di cambiamento che determina la competitività e la sostenibilità delle imprese e del Paese

 I dati macroeconomici appaiono incoraggianti: con un tasso di disoccupazione che si attesta al 6,5%, si registra un’occupazione ai massimi storici, raggiungendo il picco di 24.326mila persone occupate a giugno 2025. Tuttavia, il tasso di occupazione complessivo in Italia, pari al 62,9%, rimane al di sotto della media OCSE (70,4%). Questa discrepanza rivela un paradosso fondamentale: l’elevato numero di occupati e la bassa disoccupazione non indicano un mercato del lavoro pienamente in salute, ma piuttosto un basso tasso di partecipazione complessivo della popolazione attiva.

Secondo dati ISTAT ad aprile 2025 la crescita degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,3%, pari a +39mila unità)

coinvolge uomini, donne e tutte le classi d’età, tranne i 25-34enni, per i quali il numero di inattivi è in calo. Il

tasso di inattività è salito complessivamente al 33,2%.

Le grandi sfide: crisi demografica, gap di competenze

e divario di genere

I dati del Centro Studi dei Consulenti del Lavoro prevedono che, a causa dell’invecchiamento della popolazione e del calo delle nascite, entro il 2040 l’Italia perderà oltre 5 milioni di lavoratori in età attiva (15-64 anni). Persiste il fenomeno del mismatch, ossia il disallineamento tra le competenze richieste dalle aziende e quelle effettivamente possedute dai lavoratori. La sua rilevanza è particolarmente accentuata nel settore delle materie STEM, poiché i rapidi progressi tecnologici e digitali richiedono costantemente nuove abilità che il sistema educativo fatica a fornire in tempo.

Una possibile soluzione va ricercata nel rafforzamento del dialogo tra scuole, università e imprese, con percorsi formativi che rispondano alle reali esigenze del mercato. Gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) rappresentano un modello efficace. Le aziende possono fare la propria parte formando i propri dipendenti per aggiornarli sulle nuove tecnologie e trovando nell’Intelligenza Artificiale uno strumento di supporto a questa missione.

Per quanto riguarda l’occupazione femminile, l’Italia è il paese europeo che registra il più alto tasso di inattività tra le donne di 25-34 anni, insieme ad un alto tasso di abbandono del lavoro dopo la nascita dei figli. Colmare il divario di genere potrebbe portare a un aumento del PIL di circa il 12% e contribuire alla sostenibilità dei sistemi pensionistici.

Le aziende potrebbero mettere in atto pratiche virtuose come l’offerta di congedi parentali estesi per entrambi i genitori, l’implementazione del lavoro agile e la creazione di asili nido aziendali.

Il ruolo del PNRR come motore di crescita

Secondo Unioncamere l’impatto occupazionale del PNRR, in caso di piena realizzazione degli investimenti, potrebbe generare fino a 809mila nuovi occupati tra il 2025 e il 2029. Tuttavia, un’analisi della Corte dei Conti sull’attuazione del PNRR ha evidenziato che, a settembre 2024, la spesa sostenuta si attestava a circa il 30% delle risorse totali, con 177 obiettivi da conseguire nel semestre con scadenza a giugno 2026. Il successo del mercato del lavoro nel biennio 2025-2026 è pertanto fortemente condizionato dall’efficacia e dalla tempestività con cui verranno spesi i restanti fondi del PNRR. Risorse significative (600 milioni di euro) vengono destinate dalla Missione 5, “Inclusione e Coesione”

nei confronti della formazione e del potenziamento delle politiche attive del lavoro.

Il piano mira a rafforzare i Centri per l’Impiego, dal punto di vista infrastrutturale e formativo, e a sostenere lo sviluppo del “Sistema Duale” e dell’apprendistato, in particolare per i giovani di età compresa tra 14 e 25 anni.

L’impatto trasformativo della digitalizzazione e dell’AI

Tra il 2024 e il 2025 l’adozione dell’Intelligenza Artificiale nei luoghi di lavoro in Italia è passata dal 12% al

46% (EY Italy AI Barometer). Nel 2024, secondo l’ISTAT, la quota di imprese con almeno 10 addetti che utilizza tecnologie di Intelligenza Artificiale è salita dal 5,0% all’8,2%. Sebbene ci sia ancora un ritardo rispetto alla media europea (13,5%), l’adozione è in crescita, in particolare nel settore tecnologico e in quello dei servizi avanzati. La digitalizzazione dei processi produttivi nel manifatturiero, con l’adozione di robotica e IoT, ha reso il reskilling e l’upskilling della forza lavoro esistente una priorità. Per il momento,

solo il 23% delle imprese italiane si ritiene altamente digitalizzata, e appena il 35% ha un piano di trasformazione digitale ben definito

(Assolombarda).

Nuovi modelli organizzativi arrivano anche dal consolidamento del lavoro ibrido. Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, nel 2024 i lavoratori in smart working in Italia hanno raggiunto i 3,55 milioni. Le grandi imprese, in particolare, offrono in media 9 giorni di lavoro da remoto al mese, rispetto ai 7 della Pubblica Amministrazione e ai 6,6 delle Pmi. I settori con la maggiore incidenza di smart worker sono l’informazione e la comunicazione (15,2%) e le attività finanziarie e assicurative (12,3%).

Transizione verde e sostenibilità: il futuro del lavoro

Tra il 2019 e il 2021 l’adozione di tecnologie verdi ha portato a un incremento della domanda di lavoro dell’1,3% (INAPP).

Diventa quindi fondamentale per le aziende integrare la sostenibilità e

la responsabilità sociale nel proprio pacchetto di valore, attrattivo per i dipendenti, e strutturare percorsi di carriera chiari per i professionisti che contribuiscono alla tutela dell’ambiente e all’economia circolare, attraverso i cosiddetti green jobs.

Un ruolo importante in questa partita può giocarlo l’Unione nazionale dei comuni, comunità ed enti montani (UNCEM).

L’ente si è reso promotore delle Green Communities: i progetti, supportati da 135 milioni di euro del PNRR, aggregano Comuni e Unioni Montane per sviluppare piani di sviluppo sostenibile in aree rurali e montane, puntando su gestione integrata del patrimonio forestale e idrico, energie rinnovabili locali, turismo sostenibile e rigenerazione sociale ed economica. Le Green Communities aprono la strada a un nuovo modello di sviluppo, dimostrando che la sostenibilità può essere un potente motore di crescita economica e di coesione sociale.

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Immagine di Giulia Baglini
Giulia Baglini
Giulia Baglini, giornalista.

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