La bellezza salverà il mondo?
La bellezza salverà il mondo? Le immagini di Stefano Guindani per promuovere la sostenibilità
Abbiamo cercato di rispondere a questa domanda conversando con Stefano Guindani, fotografo di moda e reportage sociali. Guindani, che ha iniziato la sua carriera come fotografo di teatro al Ponchielli di Cremona, proseguendo come fotografo giornalistico fino a fondare la sua agenzia, ha sempre considerato la fotografia un’arte con un punto di vista privilegiato per raccontare la storia, uno strumento in grado di potenziarne la comunicazione.
Certamente questo approccio ha contribuito alla nascita del progetto BG4SDGs – Time to Change, un progetto da lui curato per Banca Generali volto a rappresentare le sfide dei 17 obiettivi dell’Agenda Onu al 2030 attraverso i suoi scatti, una forma d’arte che, oggi più che mai, trova spazio in un mondo in cui la comunicazione passa sempre più spesso attraverso le immagini.
Con Guindani abbiamo approfondito come la fotografia possa concretamente promuovere il raggiungimento dei 17 obiettivi che l’Onu sì è data per uno sviluppo sostenibile. Gli scatti, indubbiamente eccellenti e quindi belli da un punto di vista armonico, non ritraggono necessariamente situazioni “belle” nel senso comune del termine: come per il Principe di Dostoevskij, la bellezza va intesa nel “manifestarsi del bene”. Applicando questo concetto al progetto BG4SDGs, si può dire che il bene apportato da queste immagini stia nel sottolineare le criticità e sensibilizzare chiunque le veda, spesso illustrando soluzioni e alternative attuabili.
Quali sono le sfide iniziali che ha posto questo progetto?
«Questo progetto è subito apparso difficile e contemporaneamente coinvolgente. Ci siamo dati alcune regole di base: oltre a non utilizzare metafore già viste o immagini di stock, abbiamo deciso di non raccontare aziende o progetti direttamente collegabili a Banca Generali.
Così per rappresentare l’obiettivo “11 città e comunità sostenibili”, non abbiamo fotografato Tour Saint Gobain, il grattacielo parigino che ha ricevuto quattro premi per la sostenibilità perché di proprietà di Banca Generali.
La scelta è quindi caduta sul Mjøstårnet in Norvegia. Inoltre, per scelta narrativa, abbiamo deciso di collocare ogni punto in una nazione diversa: siamo riusciti ad includere tutti i continenti a eccezione dell’Australia e l’Antartide.
L’Italia è protagonista dell’obiettivo 12 “consumo e produzione responsabili” con il consorzio Ecopneus, che ricicla gli pneumatici in piste di atletica, campi da calcio, tennis e altro ancora, ottenendo il duplice risultato di dare una seconda vita a materiali esausti e creare spazi che favoriscono la convivialità. Infine, il Covid ha dilatato, raddoppiandoli, i tempi di realizzazione di questo progetto iniziato nel 2020 ma solo recentemente terminato.
La collaborazione con l’antropologo internazionale Alberto Salza ci ha guidato nell’interpretazione dei singoli traguardi, ricercando un approccio nuovo che sapesse non solo raffigurare ed esprimere le urgenze e i ritardi degli obiettivi più universali, ma anche riconoscere le eccellenze in grado di rispondere con esaustività a queste sfide, e ci ha inoltre facilitato nell’agire in luoghi remoti e difficili».
Ci sono obiettivi che ti hanno colpito più di altri?
«Ogni scatto mi ha lasciato un’emozione e un insegnamento, per ognuno potrei descrivere qualcosa di unico. Sicuramente alcune situazioni mi hanno colpito più di altre: per l’obiettivo 15 “la vita sulla terra”, la scelta era ricaduta sul versante congolese del Virunga per fotografare il gorilla di montagna, una specie a serio rischio di estinzione (nel 2018 si contavano solo circa mille esemplari) per una serie di cause concomitanti: il cambiamento climatico e il conseguente impoverimento della biodiversità, l’allevamento e l’agricoltura intensivi e il bracconaggio.
Prima della partenza è scoppiata la guerra in Congo e abbiamo dovuto riprogrammare gli scatti sul versante dell’Uganda, dove, con l’obiettivo di promuovere un turismo sostenibile, l’accesso è molto limitato e occorre prenotare con mesi di anticipo la singola ora che viene concessa.
Arrivati al cospetto di questo gigante di 190 cm e 500 kg con il 97 per cento di Dna uguale a quello umano, siamo stati sopraffatti dalla sua maestosità e impressionati dai suoi occhi, che ti fissano mentre il suo corpo enorme assume le tue stesse posizioni.
L’ obiettivo 13 “Lotta contro il cambiamento climatico” è ambientato alle Svalbard. Mentre ci avvicinavamo alla riva di quello che prima era un ghiacciaio abbiamo avvistato la volpe artica. Il suo sguardo era davvero un richiamo di aiuto: lei, tutta bianca, non poteva più rendersi invisibile nel ghiaccio, ma risaltava come un bersaglio contro il nero delle rocce, e difficilmente l’evoluzione darwiniana potrà agire così velocemente e permetterle di partorire cuccioli neri.
L’obiettivo 17 “partnership per gli obiettivi” si preannunciava molto difficile da raccontare, fino a quando non abbiamo incontrato i nomadi delle tribù Graba, che abitano il deserto Chalbi in Kenya. Grazie al progetto HEAL di Amref ora possono accedere tramite una app a una piattaforma innovativa che prevede i rischi meteorologici, che consente ai pastori di spostare i loro greggi dove l’acqua è disponibile.
Grazie a questa collaborazione, le associazioni che operano nell’area hanno potuto entrare in contatto con la popolazione e offrire cure ai bambini, in un contesto in cui la vita dei greggi può essere considerata prioritaria rispetto al benessere dei figli.
Nell’obiettivo 2 “sconfiggere la fame” ho inserito alcuni scatti realizzati durante i miei viaggi ad Haiti, dove da molto opero per sostenere la Fondazione Francesca Rava. Haiti è probabilmente uno dei luoghi più poveri nel mondo e ha un posto speciale nel mio cuore».
Sei ottimista per il futuro del nostro pianeta?
Vedo segnali incoraggianti: i giovani iniziano ad adottare nella quotidianità comportamenti sostenibili come, banalmente, chiudere il rubinetto mentre si lavano i denti, prestare attenzione alla raccolta differenziata dei rifiuti, evitare gli sprechi alimentari.
Pensando invece ai “grandi inquinatori”, ho un’attenzione particolare per la Cina: potrebbe stupirci, poiché stanno progredendo a grandi passi nell’innovazione tecnologica ed è governata da un regime capace di imporre e realizzare velocemente svolte importanti.
Rispetto all’obiettivo del progetto, sei soddisfatto dei risultati ottenuti?
«Lo scopo non era solamente ritrarre situazioni rappresentative dei 17 punti dell’agenda Onu 2030, ma cercare di farlo mostrando contemporaneamente una possibile soluzione. Ci siamo riusciti per 16 obiettivi; purtroppo, solo il numero 13 “lotta contro il cambiamento climatico” non abbiamo trovato nulla che potesse lasciare spazio alla speranza di una soluzione imminente. Anche le interazioni sui social media sono state incoraggianti, indicano come sia importante sperimentare ogni tipo di linguaggio per raggiungere le persone.
Ognuno di noi è sensibile ad almeno alcuni di questi argomenti e come sappiamo sono le singole gocce che assieme creano l’oceano del cambiamento. In ultimo, ma non certamente per importanza, sono orgoglioso del successo che questo progetto ha ottenuto nelle scuole: ad ogni presentazione (la mostra è itinerante in Italia Svizzera) ho incontrato insegnanti entusiasti di aver finalmente a disposizione uno strumento semplice e diretto per parlare con i bambini di questi importanti obiettivi Onu.
Il programma scolastico italiano prevede l’obbligo di inserirli nei piani di studio, ma fino ad ora lo si poteva fare solamente utilizzando difficili schede tecniche, inadeguate sia per facilità di comprensione sia per capacità di coinvolgimento».
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