Il mercato della mangimistica trainato dalla sostenibilità

Share

Sostenibilità, il mercato della mangimistica crescerà del 23% entro il 2030: la rivoluzione nel settore degli allevamenti trainata dalla circular economy

Lo rivela una proiezione di Mordor Intelligence: entro un quinquennio il giro d’affari decollerà da 507 fino a sfiorare i 625 miliardi di euro. “A influire sul boom sarà anche il ruolo svolto dal cambiamento delle abitudini alimentari e la crescente preferenza per gli alimenti ricchi di proteine nelle diete, che spingono l’industria degli allevamenti”, spiega Federico Vecchioni, presidente di Regardia, realtà leader in Italia nella circular economy applicata alla produzione di ingredienti per mangimi e di bioenergia, grazie al reimpiego di alimenti non più destinati al consumo umano.

C’è un mercato che, dazi e crisi permettendo, sta vivendo una crescita poderosa : quello della mangimistica e della nutrizione animale. Le previsioni, infatti, indicano un aumento del giro di affari globale dai quasi 507 miliardi di euro registrati nel 2025 ai quasi 625 miliardi di euro previsti per il 2030, con un tasso di crescita annuale composto del 4,2% e un aumento totale del volume d’affari di circa il 23%. La proiezione, recentemente pubblicata dalla società di ricerca internazionale Mordor Intelligence evidenzia quindi spazi importanti per gli operatori del settore che, anche sulla scia di una sempre maggiore attenzione alla sostenibilità (ma non solo), sta vivendo importanti cambiamenti. Gli ingredienti utilizzati per produrre mangimi che possano garantire una dieta e una vita sana agli animali da allevamento provengono infatti da un ristretto numero di colture : mais, soia, grano, erba medica e riso. Sfortunatamente, però, la coltivazione di questi prodotti comporterebbe anche un costo ambientale, con un contributo alle emissioni globali di gas serra e del consumo di suolo rispettivamente dell’ 11% e del 65% nel cinquantennio tra il 1961 e il 2011, secondo quanto riferito dal WWF. Considerando che, secondo la FAO (Food and Agriculture Organization), la crescita nel consumo di carne globale potrebbe aumentare tra i 6 e i 23 chili pro capite fino al 2050, un cambiamento culturale da parte delle aziende della filiera, mangimistica inclusa, diviene sia un’ambizione che una necessità.

“La mangimistica sta attraversando una fase di profonda trasformazione, che è spinta non soltanto dalla crescente attenzione alla sostenibilità, ma anche dall’ innovazione tecnologica – spiega Federico Vecchioni, presidente di Regardia, **realtà leader in Italia nella circular economy applicata alla produzione d’ingredienti per mangimi per animali da reddito e di matrici per le bioenergie tramite la trasformazione di ex-prodotti alimentari – Si tratta di un’evoluzione che, diversamente da quanto avviene in altri settori, riesce a coniugare perfettamente le esigenze in termini di efficienza della produzione alla necessaria tutela dell’ambiente. In questo campo l’Italia può e deve essere avanguardia, riscoprendo una volta di più quella spinta naturale all’innovazione che ne ha caratterizzato la storia industriale. Le opportunità sono molteplici e basta saperle cogliere e anche l’expertise c’è: nel nostro caso abbiamo iniziato a recuperare gli sfridi della produzione alimentare destinata alla consumazione umana già dagli anni ‘80. Un’esperienza che ora desideriamo diventi sempre di più fonte di ispirazione e condivisione. Anche per questo stiamo per avviare dei focus group di studio e riflessione, da un lato con le realtà che potrebbero conferire i loro sfridi, per l’appunto, dall’altro con esperti e imprese di una filiera che, come rivelato dalla proiezione quadriennale, ha ampi margini di crescita. Il motivo? Principalmente vi è una spinta dall’aumento del consumo di carne, latticini e prodotti avicoli. Questa crescente domanda è guidata da diversi fattori, tra i quali non insignificante è il cambiamento delle abitudini alimentari e la crescente preferenza per gli alimenti ricchi di proteine, utilizzati nelle diete. Ma, parafrasando una celebre battuta cinematografica, da grandi prospettive derivano, mai come in questo settore, grandi responsabilità”.

L’utilizzo di ex-prodotti alimentari come materia prima per mangimi rappresenta sicuramente una delle principali tendenze che stanno cambiando il settore, principalmente per due ordini di motivi: riduce gli sprechi e diminuisce la dipendenza da risorse agricole convenzionali. Non solo, è anche una prospettiva suggerita dallo stesso WWF, nel documento Solutions to Meet the Need for Feed, ma non è l’unica. L’organizzazione indica infatti, tra gli altri suggerimenti, l’ approvvigionamento responsabile, con l’ impiego di nuove tecnologie per migliorare la collaborazione tra coltivatori e produttori e ridurre l’impatto ambientale, l’ agricoltura rigenerativa e l’impiego di altre fonti innovative di ingredienti.

“I suggerimenti del WWF, come quelli degli esperti con i quali chi opera in questo settore si confronta quotidianamente, sono uno stimolo essenziale, ma operiamo anche in un mondo in cui i cambiamenti avvengono con una rapidità tale da proporre sempre nuove soluzioni – prosegue Federico Vecchioni di Regardia – Pensiamo, per esempio, al ruolo che può avere l’IA, che sta letteralmente rivoluzionando qualunque ambito produttivo. Sta agli operatori fare la loro parte, per far sì che questo mercato cresca bene, come sta facendo, dimostrando al contempo quel senso di responsabilità verso le generazioni future che è ormai entrato a fare parte, con il cosiddetto capitalismo degli stakeholder, della visione delle imprese”.

Tra le principali tendenze che stanno guidando la trasformazione sostenibile del settore, una delle più rilevanti è l’utilizzo di ex-prodotti alimentari come materia prima per i mangimi : gli sfridi della produzione di alimenti destinati al consumo umano (non si tratta di cibo buttato, ma di alimenti che, per differenti motivazioni, pur essendo ancora commestibili non possono essere venduti), come prodotti da forno e dell’industria dolciaria, rappresentano un sostegno fondamentale nella lotta allo spreco, da un lato, e nel ricorso a pratiche sempre più circolari da parte della mangimistica, dall’altro. Gli scarti dell’industria del pane, della pasta e dei prodotti da forno costituiscono generalmente una fonte dal 9 al 13% di proteina grezza, dal 5 al 12% di estratto etereo e di carboidrati con un valore superiore al 60%. Grazie a queste materie prime si possono produrre mangimi semplici e complementari isonutrienti e isoenergetici, sicuri, sostenibili e salutari.

 

condividi su:

Immagine di La Redazione
La Redazione

Leggi anche

Vuoi ricevere le nostre ultime news? Iscriviti alla newsletter per rimanere sempre aggiornato

ARTICOLI PIÙ LETTI
ULTIMI ARTICOLI