di Orsola Razzolini
L’IA è destinata a supportare gli operatori, liberando risorse per mansioni ad alto contenuto specialistico. È fondamentale, però, ricordare che non potrà mai soppiantare le componenti umane essenziali – come l’intelligenza, la sensibilità e l’intuito – necessarie per un’efficace attività di orientamento e formazione da parte dei centri per l’impiego
L’Italia è appena agli inizi di una sperimentazione della digitalizzazione e dell’IA nelle politiche attive del lavoro. Partiamo dall’attività dei centri per l’impiego. Lo scorso anno è stata creata la nuova piattaforma digitale nazionale SIISL che ambisce a raccogliere in un unico sistema i dati dei percettori di NASpI e DIS-COLL, con la prospettiva di fornire servizi digitali di orientamento e di incontro domanda-offerta. L’idea è senz’altro buona ma alcuni aspetti anderebbero migliorati. Anzitutto, il dialogo tra la piattaforma nazionale e quelle locali (come SIUL) è ancora poco fluido; in secondo luogo, la maschera che dovrebbe permettere al disoccupato di precompilare il patto di servizio, consentendo agli operatori del centro per l’impiego di risparmiare manciate di minuti preziosi che potrebbero essere più utilmente investiti in attività ad alto contenuto specialistico (come l’orientamento), non è attiva (in violazione dell’art. 4 del DM 174/2024).

degli Studi di Milano
Con il Decreto Coesione e il DM 174/2024, nel SIISL è stato anche introdotto l’innovativo indice di affinità che mette in relazione il curriculum compilato dal disoccupato con le vacancies inserite dalle imprese e, utilizzando algoritmi di apprendimento automatico, su richiesta dell’interessato, determina in ordine decrescente il grado percentuale di abbinamento ottimale tra domande e offerte di lavoro. Le potenzialità del matching algoritmico sono evidenti. Quali invece i limiti? Anzitutto, attualmente, l’indice di affinità è accessibile a disoccupati e imprese ma non ai centri per l’impiego che, invece, potrebbero trarne grande utilità contribuendo, al contempo, all’alimentazione costante della piattaforma utilizzando i dati a disposizione su base locale; inoltre, non c’è dialogo tra questo indice e gli altri meccanismi di incontro domanda offerta elaborati da piattaforme private. Quante imprese ad oggi stanno effettivamente utilizzando l’indice di affinità proposto dal SIISL o continuano invece a servirsi di servizi privati?
Una governance efficiente del mercato del lavoro non può che basarsi sull’integrazione tra tutti i principali attori e servizi, pubblici e privati
(centri per l’impiego, enti accreditati, imprese, persone, università, regioni, governo). Fino a quando ogni nuova piattaforma costituirà un sistema a sé stante, incapace di fare rete con le altre, si faranno ben pochi passi avanti.
L’IA potrà incidere molto anche sull’attività di profilazione svolta dai centri per l’impiego che misura la distanza del disoccupato dal mercato dal lavoro al fine di individuare il percorso di reinserimento lavorativo più adeguato anche in termini di ore e tipo di formazione. La profilazione è regolata sia dal GDPR sia dal nuovo AI Act, approvato lo scorso anno. Il GDPR, all’art. 22, sancisce che essa non può essere il frutto di un automatismo, permanendo in capo alla persona il diritto ad ottenere l’intervento umano, a contestare la decisione ed esprimere la propria opinione. Dunque, occorre sempre garantire lo spazio per un intervento umano effettivo capace di modificare il risultato dell’assessment.
Inoltre, le Linee guida adottate dalla Commissione europea nel luglio scorso considerano a rischio “inaccettabile” la profilazione attuata attraverso sistemi di IA se da ciò deriva un trattamento pregiudizievole (pensiamo all’esclusione da una misura di politica attiva) e se “i dati provengono da contesti sociali non collegati”. Cosa significa quest’ultimo inciso? Tra gli esempi fatti compare proprio quello di un’agenzia pubblica per il lavoro che, al fine di determinare la misura di sostegno all’occupazione, attribuisce un determinato punteggio sociale attraverso il colloquio e sistemi di IA che si basano su dati raccolti in contesti “senza un evidente collegamento con lo scopo della valutazione”: in particolare, informazioni relative allo stato civile o alle malattie croniche. Ma alcuni dati provenienti da contesti non immediatamente collegati, almeno in apparenza, allo scopo della valutazione sono in realtà importanti per comprendere se la persona in cerca di occupazione potrebbe incontrare limiti o ostacoli nello svolgimento dell’attività lavorativa: dall’esistenza o meno di una rete familiare di sostegno, alle condizioni abitative, al possesso di un’auto. Questo perché il mercato del lavoro è fortemente integrato nel contesto sociale ed economico del territorio che ne influenza inevitabilmente il funzionamento. Su questo punto sarà importante fare chiarezza.
Appare evidente che, sia nel caso del matching algoritmico che in quello della profilazione, l’impiego di sistemi di IA nelle politiche attive pone dei rischi per la dignità e per i diritti fondamentali della persona, quali il diritto a non subire alcun pregiudizio per caratteristiche personali (come l’età, l’origine etnica, il genere, la religione) o condizioni economico-sociali: diritti che sono al centro della normativa europea come pure della nuova legge 132/2025 entrata in vigore lo scorso 23 settembre. Per tale ragione appare opportuna la scelta del legislatore italiano di istituire un Osservatorio sull’adozione di sistemi di intelligenza artificiale nel mondo del lavoro per monitorare il concreto impatto dell’IA anche nel contesto del mercato del lavoro.
Sciolti i dubbi normativi e assunto l’impegno di un monitoraggio costante, ben venga un investimento significativo nell’IA nei centri per l’impiego che potrà semplificare l’attività di assessment e aiutare gli operatori a svolgere un primo screening delle competenze e degli eventuali ostacoli economici e sociali che possono incontrare i disoccupati alla ricerca di un’occupazione nonché individuare un primo possibile elenco di opportunità lavorative affini al profilo. L’IA sembra destinata a svolgere importanti funzioni complementari e di supporto, liberando tempo prezioso da investire in attività più complesse e specialistiche; non sembra invece poter sostituire il confronto personale, l’intelligenza umana, la conoscenza, la sensibilità, l’intuito che restano insostituibili componenti dell’attività dei centri per l’impiego, di orientamento e formazione.