Innovazione, efficienza e responsabilità sociale al centro della visione di Tommaso Putin, vicepresidente di Serenissima Ristorazione e di ANIR Confindustria, che racconta l’evoluzione dei modelli d’impresa sostenibile
Serenissima Ristorazione è tra i principali gruppi italiani nel settore della ristorazione collettiva e un esempio di crescita costruita su sostenibilità e innovazione. A Disegnare il futuro Piemonte, Tommaso Putin racconta come un approccio basato su dati, persone e impatto sociale possa diventare un vantaggio competitivo duraturo.
La vostra azienda ha ricevuto il Premio Industria Felix – Categoria ESG. Cosa rappresenta per voi questo riconoscimento?
«Siamo molto orgogliosi di questo riconoscimento, che premia un percorso di lungo periodo e non un singolo risultato. Il Premio Industria Felix – Categoria ESG rappresenta per noi una conferma del valore delle scelte fatte negli ultimi anni: decisioni orientate alla sostenibilità, all’innovazione e alla responsabilità verso le persone e i territori in cui operiamo. Per Serenissima Ristorazione, l’attenzione ai criteri ESG non è un esercizio di comunicazione, ma una modalità di gestione concreta. Significa valutare ogni investimento non solo in base al ritorno economico, ma anche all’impatto ambientale e sociale. Per questo abbiamo introdotto come strumento di rendicontazione il Bilancio di Sostenibilità, oggi in fase di redazione della sua terza edizione, già prima che ne diventasse obbligatoria l’adozione. Nel documento riportiamo tutte le azioni concrete messe in campo: dagli investimenti 2024 per migliorare l’efficienza energetica dei nostri centri produttivi, al sostegno di iniziative come l’acquisto volontario di crediti di sostenibilità in collaborazione con il Parco dell’Appennino Tosco-Emiliano. Questo premio ci sprona a proseguire con ancora più convinzione su questa strada, continuando a dimostrare che un modello d’impresa sostenibile può essere anche competitivo e duraturo».
In generale, qual è il contributo che Serenissima Ristorazione può portare su temi come sostenibilità, innovazione e qualità del lavoro?

«Credo che il contributo più importante che possiamo offrire sia quello dell’esempio. Serenissima Ristorazione è una realtà che nel 2024 ha superato i 593 milioni di euro di fatturato, con una crescita del 9,8% rispetto all’anno precedente. Ma ciò di cui andiamo più fieri è il modo in cui abbiamo raggiunto questi risultati: investendo sulle persone, sulla formazione e sull’innovazione responsabile.
Solo nell’ultimo anno abbiamo erogato oltre 71 mila ore di formazione, anche attraverso la nostra Serenissima Academy, e introdotto metodologie come la Lean Organization, applicata non solo alla produzione ma anche agli uffici. È un modo per valorizzare i talenti interni e costruire una cultura aziendale orientata al miglioramento continuo. Sul piano dell’innovazione e della sostenibilità abbiamo puntato su tecnologie produttive più efficienti e su servizi sempre più inclusivi: dai menù per persone celiache alla certificazione UNI 11941:2024 per chi soffre di disfagia. C’è poi il nostro impegno nella lotta agli sprechi alimentari, grazie alla collaborazione con Banco Alimentare, e la pubblicazione regolare del Bilancio di Sostenibilità, che utilizziamo come strumento di governance interna ancor prima che come adempimento normativo.
In sintesi, crediamo che sostenibilità, innovazione e qualità del lavoro siano tre facce della stessa medaglia: l’una non può esistere senza le altre».
Dal 2020 lei è anche vicepresidente di ANIR Confindustria. Quali sfide e opportunità vede oggi per la ristorazione collettiva?
«Il mio ruolo in ANIR Confindustria mi ha permesso di avere una visione più ampia del settore e di contribuire al dialogo con le istituzioni su temi cruciali per la ristorazione collettiva. Parliamo di un comparto che ogni giorno serve milioni di pasti in scuole, ospedali e aziende: un servizio pubblico essenziale, spesso poco visibile ma di grande valore sociale. Le sfide principali oggi sono due: la sostenibilità economica delle filiere e la valorizzazione del capitale umano. Dobbiamo affrontare l’aumento dei costi delle materie prime,
della logistica e dell’energia, mantenendo al tempo stesso standard qualitativi e nutrizionali elevati. Ma dobbiamo anche continuare a investire sulle persone: cuochi, dietisti, nutrizionisti, logisti, tecnologi alimentari. Tutte figure che fanno la differenza e che meritano percorsi di crescita strutturati. Allo stesso tempo, vedo molte opportunità: la digitalizzazione dei processi, l’introduzione di tecnologie green nei centri di produzione, la crescente sensibilità dei consumatori verso la qualità del cibo e la sostenibilità della filiera. La ristorazione collettiva può e deve essere un motore d’innovazione per l’intero sistema alimentare italiano. Da questo punto di vista, il lavoro che facciamo in ANIR, insieme alle istituzioni e alle altre imprese del settore, è fondamentale per disegnare un futuro in cui il valore del cibo torni a essere anche valore di comunità».




