Come è cambiato il mondo degli eventi reali e virtuali. Facciamo il punto con Annamaria Ruffini
Provengo da un mondo in cui lo “stare insieme” era vissuto come precondizione, al punto che i viaggi incentive erano la mera punta di un iceberg fatto di lunghe campagne di comunicazione, e soprattutto dovevano estrarre qualcosa di memorabile dal cilindro della sorpresa, del lusso inatteso, di aspettative adeguatamente coltivate. A nessuno sarebbe mai venuto in mente di posizionare un incentive quale occasione di incontro punto e basta: tutto era incontro, anche la vita in azienda era percepita come tale, non solo per mancanza di alternative in un’epoca in cui il remote working non era alla portata che di poche persone, ma proprio perché non si stava bene se non insieme, anche quando stare insieme poteva essere complicato – e succedeva nei luoghi di lavoro. Things change, dicono gli americani, le cose cambiano e quel che ieri era ovvio domani può non esserlo più.

La pandemia ha mutato la percezione che l’umanità ha di sé stessa, quantomeno a livello di socialità. Trascorrere le giornate soli davanti al computer di casa è diventata la norma. L’armadietto, la cassettiera, la scrivania da riordinare prima di lasciare l’ufficio sono retaggi del passato. Un passato che si credeva infinito e per scardinare è bastato un evento eccezionale e improvviso.
Non mi si fraintenda, tutto ciò esiste ancora, però ha perso l’esclusiva. Lavorare da soli, sia pur come componenti di un gruppo, è oggi un’alternativa a pieno titolo, vuoi per efficientare i costi, perché va incontro alla sostenibilità ambientale, vuoi per aver scoperto che il remoto riduce di molto le possibilità di discussioni spiacevoli. Così gli eventi aziendali, su tutti i già citati incentive e le convention, si sono trasformati in sublimazione di networking e socialità. Del resto l’essere umano non è orso né lupo solitario, senza i suoi simili non può vivere, il segreto sta nel riequilibrare il dosaggio a seconda dei tempi e delle culture. Adesso mi viene da sorridere: se qualcuno mi avesse detto che oggi, dopo trenta e passa anni di carriera, mi sarei ritrovata a scrivere cose così lo avrei creduto matto, ma la vita stupisce e soprattutto fa quello che vuole. “Quello che vuole” è, nel nostro caso, aver dato a noi registi del wow aziendale un ruolo sicuramente meno appariscente ma più chiave del passato. Siamo gli ottimizzatori delle poche occasioni di riunione che i moderni staff hanno. Tanto basta a definire l’importanza della nostra presenza a fianco degli HR manager, che devono saper gratificare e coinvolgere le loro risorse, e per supportarli adesso ci siamo noi. Le persone hanno bisogno di sentirsi vicine all’azienda, ai colleghi e al management, e quindi di condividere momenti vivi, reali. In questo senso le convention, con le loro plenarie entusiasmanti, sono cartina di tornasole: ti mostrano le persone dilettarsi di networking ancora prima che si seggano e ascoltino gli speech, si vede proprio che lo fanno con gioia, quasi come una boccata d’aria fresca, un’iniezione d’ottimismo, specie le generazioni più grandi, abituate all’ufficio, che rimpiangono l’incontro e le due chiacchiere alla pausa caffè e cercano di recuperare così.
C’è pure un altro motivo, invero imprevedibile anche solo vent’anni fa, per cui la cabina di regia degli eventi ha cambiato pelle e ruolo: le fake news. Le falsità ormai inondano il flusso di comunicazione, su tre notizie che ci arrivano almeno due sono false o alterate dall’AI, e in questo marasma chi fa il mio mestiere si distingue per dover trattare sempre soltanto il vero. Il concreto.
L’engagement è un tool fortissimo nelle mani di chi deve gestire risorse. I momenti di condivisione hanno cento volte più valore di gratificazioni economiche destinate a evaporare in fretta fra bollette e spese ordinarie. La sfida, come sempre, è fare la tara. Se le vecchie generazioni hanno preservato l’attitudine agli scambi in presenza, le nuove hanno più facilità a vivere comunità digitali e manifestano confidenza congenita con strumenti su cui i boomer s’arrabattano per non fare brutte figure.
A ciascuno la sua condivisione dunque. E affinché ciò avvenga, gli eventi aziendali si ergono più decisivi che mai a supporto degli HR.