Accesso al capitale e innovazione: ecco come, secondo Antonio Chicca di Azimut Direct, la finanza alternativa può diventare il motore strategico per lo sviluppo delle PMI
In un contesto economico in continua evoluzione, caratterizzato da incertezze geopolitiche e volatilità nei mercati finanziari, le imprese devono adattarsi rapidamente per rimanere competitive. Azimut Direct, attraverso il suo ruolo di supporto alle PMI italiane nell’accesso al capitale, ha una visione privilegiata sulle dinamiche imprenditoriali e sugli strumenti a disposizione per affrontare questi cambiamenti.
Antonio Chicca, come può Azimut Direct aiutare le imprese ad affrontare questo scenario macroeconomico complesso?

«Credo che possiamo supportare le imprese nel progettare il loro futuro mettendo a disposizione risorse finanziarie e competenze specifiche. La nostra missione è fornire alle imprese il capitale funzionale alla realizzazione dei loro progetti di crescita e innovazione. Oggi, per garantire la propria prosperità, le imprese devono accedere non solo al capitale, ma anche a una consulenza specializzata e a nuove forme di finanziamento.
Crescita e innovazione sono due pilastri fondamentali per il futuro delle imprese italiane ed europee. Tuttavia, in Italia il tasso di crescita è stato storicamente basso: negli ultimi vent’anni il PIL è cresciuto solo del 5 per cento, un dato superiore solo a quello della Grecia.
Dato che non possiamo puntare sulla leva demografica per aumentare la produzione, dobbiamo necessariamente migliorare l’efficienza produttiva attraverso l’innovazione tecnologica. Il problema è che gli investimenti in ricerca e sviluppo sono insufficienti e l’Italia, spesso, si limita ad adottare tecnologie sviluppate altrove. Dobbiamo, quindi, investire maggiormente per colmare questo gap.
Un altro tema cruciale è l’ambizione del reshoring promossa dall’amministrazione Trump. Sebbene possa sembrare un concetto distante, le sue implicazioni sono concrete per le PMI italiane. Oggi, ad esempio, entrano in vigore nuove tariffe doganali per le aziende europee. Considerando che il 30 per cento del PIL italiano proviene dalle esportazioni, di cui oltre il 10 per cento è diretto negli Stati Uniti, è evidente la necessità di investire per accedere a nuovi mercati o delocalizzare la produzione per mitigare la minaccia rappresentata dai dazi. In questo scenario, il ruolo di Azimut Direct è fornire alle imprese gli strumenti finanziari adeguati ad affrontare queste sfide».
E come devono prepararsi le imprese per affrontare queste sfide?
«La preparazione passa attraverso una pianificazione prudente e responsabile, che include una comunicazione trasparente e tempestiva con tutti gli stakeholder finanziari. Le imprese devono rendere partecipi gli investitori attuali e potenziali dei loro piani futuri e delle loro strategie di crescita. Un altro aspetto fondamentale è l’adozione di principi di sostenibilità, sempre più centrali nelle politiche di investimento.
Le aziende devono prestare attenzione all’impatto ambientale del loro modello di business, alle persone (dipendenti e stakeholder) e alla collettività in cui operano. Inoltre, devono adottare pratiche di governance etica, promuovendo la parità di genere e l’inclusione».
Dal vostro osservatorio privilegiato, quali tendenze state riscontrando tra gli imprenditori?
«Incontriamo circa mille nuove aziende ogni anno, il che ci permette di avere un quadro statisticamente rilevante. Un aspetto che abbiamo osservato è la crescente consapevolezza tra gli imprenditori dell’importanza dell’accesso ai mercati dei capitali come nuova forma di finanziamento.
Il sistema di approvvigionamento del capitale sta cambiando profondamente. Se prima le imprese si affidavano quasi esclusivamente alla finanza bancaria tradizionale, oggi stanno emergendo nuovi protagonisti: fondi di private debt e di private equity, venture capital, fondi infrastrutturali e real estate. In passato, peraltro, abbiamo osservato una certa diffidenza nei confronti della finanza alternativa, considerata eccessivamente onerosa.
Tuttavia, il mercato è cresciuto e si è diversificato, aumentando la competizione e migliorando le condizioni economiche per le imprese. Un altro fattore chiave è il cambiamento dell’ambiente macroeconomico: la politica monetaria accomodante degli ultimi dieci anni e la marcata disponibilità di garanzie sovrane aveva favorito la finanza tradizionale, ma oggi la situazione è diversa. Il venir meno di queste condizioni, unitamente alla maggior numerosità di operatori finanziari e la conseguente concorrenza, ha determinato una significativa convergenza di condizioni economiche tra finanza ordinaria e alternativa.
Infine, la finanza alternativa offre due vantaggi competitivi: consulenza specializzata e velocità di esecuzione. Gli specialisti dei mercati privati, tipicamente, possiedono competenze avanzate che permettono alle imprese di pianificare il proprio futuro con maggiore efficacia. Inoltre, la finanza alternativa opera con tempistiche molto più rapide rispetto a quella tradizionale: mentre le banche arrivano a impiegare mesi per erogare un finanziamento, gli investitori privati possono fornire una risposta in poche settimane.
In sintesi, la finanza alternativa, oggi, non solo si è allineata alla finanza tradizionale in termini di condizioni economiche, ma ha anche superato quest’ultima in termini di valore aggiunto, offrendo alle imprese strumenti più efficaci per affrontare le sfide del futuro».