Active Care offre un’assistenza sanitaria più efficiente e vicina alle persone, sfruttando tecnologie all’avanguardia. Ne parliamo con Massimo Pietracaprina, Ceo della società
Prevenzione, tempestività, personalizzazione: questi gli obiettivi cardine di MDConcierge, prima organizzazione ad aver introdotto la Concierge Medicine in Italia, che ha investito negli ultimi anni in servizi di medicina digitale per offrire un’assistenza tempestiva e di qualità, completa di pacchetti personalizzabili a seconda delle esigenze.
Massimo Pietracaprina, Ceo dell’azienda con un background di rilievo nelle risorse umane anche del settore ospedaliero, ci parla di Active Care, un innovativo servizio di medicina digitale e welfare aziendale.
Com’è nata l’esigenza di creare un servizio di congierce medicine e quali sono state le sfide principali all’inizio del percorso?
«Tutto è partito da un bisogno concreto di un imprenditore milanese, che necessitava di un’assistenza costante e altamente personalizzata, svincolata dalla mera gestione dei sintomi e orientata invece a un approccio proattivo. Questa esigenza si è rivelata ben presto condivisa da altri con una visione affine. Oggi, la medicina predittiva offre la possibilità di stimare la probabilità di sviluppare patologie, integrando dati sulla predisposizione genetica, i fattori di rischio, l’anamnesi del paziente e gli esiti di analisi non invasive.
Inizialmente, la difficoltà principale è stata comunicare l’efficacia di questo approccio innovativo sia ai pazienti, spesso abituati a una sanità solo reattiva, sia ai medici. La pandemia ha rappresentato una svolta inaspettata, trasformandosi da ostacolo a opportunità: l’urgenza ci ha spinto a concentrarci rapidamente sulla telemedicina e sui servizi da remoto.
Cambiamenti e innovazioni, che solitamente richiedono tempi lunghi, sono stati implementati in tempi record, guidati da una necessità reale più che da previsioni di budget o analisi di mercato, che pur non sono stati trascurati».
Qual è l’obiettivo di Active Care, il servizio di orientamento sanitario che offrite a privati e aziende?

«Active Care è un servizio di telemedicina attivo 24/7, pensato per affiancare il medico di famiglia. Un servizio che stiamo proponendo molto alle aziende e gruppi multinazionali con ottimi risultati, visti anche i costi assolutamente sostenibili per le imprese. I nostri medici sono disponibili in qualsiasi momento e da qualunque luogo, offrendo quella che noi definiamo “una porta aperta su ogni esigenza medica”.
Questa prima linea di contatto medico, rapida e senza necessità di appuntamento, permette di valutare tempestivamente la serietà e l’urgenza di un problema.
Le nostre statistiche indicano che, nell’83 per cento dei casi, i nostri medici sono in grado di fornire risposte esaustive basandosi esclusivamente sulla loro expertise clinica. Qualora si renda necessario un approfondimento diagnostico, la nostra organizzazione permette di indirizzare il paziente verso altri servizi: consulenze specialistiche (in telemedicina o in presenza), secondi pareri anche internazionali, come negli Stati Uniti, procedure e analisi».
Qual è il ruolo delle nuove tecnologie nel realizzare il potenziale di Active Care? Quali sono le innovazioni più promettenti per il futuro?
«Il primo passo è connettere in modo più efficace pazienti e medici, ottimizzando l’usabilità e l’esperienza utente della nostra app. Un esempio tangibile è il chatbot basato su IA generativa: questo strumento semplifica e accelera le procedure, rendendo più fluido il momento della visita. I nostri medici possono così visualizzare il paziente in video, consultare la sua cartella clinica e contemporaneamente interrogare il chatbot per recuperare rapidamente ecografie, analisi del sangue o, per esempio, lo storico del colesterolo.
Parallelamente, stiamo sviluppando un ambizioso progetto di analisi dei bisogni del paziente che parte dalla raccolta dell’anamnesi e integra tutti gli esami diagnostici successivi. L’obiettivo è creare un piano di prevenzione personalizzato e completo, presentato dal medico al paziente insieme ai nostri suggerimenti.
Per il monitoraggio continuo, investiamo nella tecnologia indossabile (wearable technology), ovvero dispositivi sempre più sofisticati che trasmettono informazioni chiave sui parametri vitali dei pazienti. Abbiamo integrato un sistema che riversa questi dati direttamente nella cartella clinica. Pur non essendo dispositivi medici, rappresentano una risorsa preziosa per chi desidera fare prevenzione e monitorare la propria salute».
Che misure mettete in campo per garantire la sicurezza dei dati dei pazienti?
«La sicurezza dei dati dei nostri pazienti è una priorità assoluta. Tutte le informazioni sono archiviate nelle loro cartelle cliniche digitali su una piattaforma certificata, gestita da partner internazionali leader nel settore e responsabili della sicurezza infrastrutturale. L’accesso è protetto da un sistema di autenticazione multifattoriale (MFA), il più elevato standard di sicurezza attualmente disponibile. Inoltre, tutti i nostri sistemi di sicurezza sono costantemente sottoposti a rigorosi test, come penetration test e vulnerability test.
Monitoriamo attentamente ogni accesso al sistema per garantire che solo le persone autorizzate possano consultare le informazioni e che tutte le comunicazioni tra medico e paziente avvengano tramite crittografia».
Lei ha un passato in posizioni chiave nell’ambito delle risorse umane: quale valore aggiunto porta la sua esperienza al suo attuale ruolo di Ceo della società?
«Michael Porter, il famoso studioso di marketing, ha definito le organizzazioni degli ospedali le più complesse che abbia mai incontrato nella sua vita. Una delle competenze chiave che ho sviluppato grazie alla mia esperienza nel settore è proprio la gestione di queste realtà intricate, coordinando medici, personale sanitario e amministrativo per ottimizzare processi delicati. Far collaborare efficacemente professionalità e competenze diverse, pur mantenendo la responsabilità individuale, è cruciale in un contesto dove gli errori possono avere gravi conseguenze sulla salute dei pazienti.
Un secondo significativo vantaggio è la creazione, nel tempo, di un solido network clinico e manageriale che include professionisti di strutture sanitarie italiane e internazionali».
Qual è, secondo lei, il futuro della medicina digitale? Pensa ci sia bisogno di una maggior sensibilizzazione o di far maggior cultura rispetto alla telemedicina?
«È un tema che mi sta particolarmente a cuore e meriterebbe un’ampia discussione. Partirei da un’esigenza fondamentale: rendere la tecnologia più accessibile, specialmente per gli anziani che non sono nativi digitali. Il cambiamento, se supportato da evidenti benefici in termini di rapidità ed efficienza economica, può superare la resistenza e trasformare positivamente abitudini e cultura. È cruciale, però, che la tecnologia continui ad adattarsi alle reali necessità delle persone.
Sebbene l’implementazione di questi concetti possa presentare una sfida per alcuni professionisti sanitari, confidiamo nell’apertura al cambiamento dei nostri giovani medici, sia in ambito di prevenzione che di uso della tecnologia».