UNCEM: accanto ai comuni per le sfide climatiche e demografiche

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Dal PNRR alle Green Communities, UNCEM lavora per tenere viva la montagna e costruire strategie integrate tra territori, imprese e istituzioni

Con oltre il 54% del territorio nazionale classificato come area montana e più di 10 milioni di abitanti coinvolti, l’Unione dei Comuni, delle Comunità e degli Enti montani è un punto di riferimento imprescindibile per affrontare i nodi della transizione climatica, demografica e sociale. Il presidente Marco Bussone racconta i progetti in corso e le prospettive di sviluppo sostenibile.

Presidente, accanto al suo ruolo istituzionale, lei ha partecipato anche a progetti regionali ed europei su energie rinnovabili, banda larga, superamento del divario fra aree rurali appenniniche e aree urbane. Cosa è necessario fare secondo lei per spingere le persone a non abbandonare i territori montani oppure per fare in modo che possano essere scelti come luogo in cui vivere e lavorare?

«Uno degli strumenti più importanti che UNCEM mette a disposizione sono le Green Communities. Vanno in due direzioni: da un lato unire i comuni in una strategia condivisa, evitando che ciascuno agisca da solo; dall’altro mettere insieme ambiti tradizionalmente separati – agricoltura, trasporti, rifiuti, acqua, energia – in un modello integrato di sviluppo.

Marco Bussone

Oggi sono 35 le comunità pilota finanziate dal PNRR con 135 milioni di euro, ma il progetto nasce nel 2008 da una nostra intuizione su quattro territori pilota nel Mezzogiorno. Allora avevamo già visto l’urgenza di rispondere alle crisi climatica e demografica. Le Green Communities sono un modello per incrociare sostenibilità ambientale, energetica ed ecologica, coinvolgendo enti locali, imprese, terzo settore e associazioni.

Per noi comunità significa non solo cittadini ma un ecosistema più ampio. Non si può più ragionare per singolo campanile: occorre lavorare insieme e mettere in relazione i territori montani con quelli urbani».

Qual è il ruolo di UNCEM rispetto ai finanziamenti del PNRR?

«Il nostro compito è accompagnare e supportare le strategie territoriali finanziate dal PNRR, in particolare quelle legate alle Green Communities. Se ogni territorio fa quello che deve in piena autonomia e risponde al Ministero, a noi spetta mettere in atto un’operazione di guida, coordinamento e sinergia tra le diverse strategie territoriali. Come associazione che riunisce enti locali, lavoriamo per far parlare tra di loro i territori».

UNCEM collabora anche con la Conferenza Episcopale Italiana. In che modo?

«Abbiamo sempre detto che nei territori esistono molte forme istituzionali e le diocesi ne sono parte. I vescovi hanno messo attenzione su servizi, sviluppo economico e modelli di crescita. La CEI ci ha aiutato a dialogare con governi regionali e nazionale, stimolando riflessioni e azioni comuni. Noi siamo aperti a costruire ponti tra Chiesa e istituzioni pubbliche, nella convinzione che la comunità sia una sola, indipendentemente da credenti o non credenti. Condividiamo con la CEI la necessità di sinergie per affrontare insieme crisi climatica e demografica. Il Rapporto Montagne Italia racconta un Paese diverso, con aree interne vive e in crescita. Ora dobbiamo attivare tutte le risorse possibili, pubbliche e private, e guardare a investimenti decisivi dal 2028».

Sul fronte della sostenibilità, quale ruolo può avere il turismo nelle aree montane?

«Nell’estate in cui tutti hanno messo al centro il caro ombrelloni e lo svuotamento delle spiagge, contrapposto all’affollamento dei borghi montani, noi abbiamo preferito approfondire la complessità e impedire queste polarizzazioni. Nei territori montani non c’è overtourism come nei centri urbani, ma siamo consapevoli che servono modelli organizzativi nuovi. Con Lonely Planet, a Torino, abbiamo fatto il punto sul turismo montano e sulle sue potenzialità. Il turismo per noi è parte integrante delle Green Communities e rappresenta un asse importante, ma non è il cuore dell’economia.

Il nostro intento è provare a capire cosa si sta muovendo sui territori e come incoraggiamo dei processi di collaborazione.

Il settore primario resta centrale: agricoltura, allevamento e silvicoltura sono le basi.

Il turismo nasce come esternalità positiva di questo sistema, portando benefici ai nuovi flussi e alla coesione sociale. Per evitare fragilità occorre rafforzare l’economia agricola: solo così il turismo potrà essere sostenibile e duraturo».

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Immagine di Giulia Baglini
Giulia Baglini
Giulia Baglini, giornalista.

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