l prezzo dell’oro ha toccato un nuovo massimo storico, superando i 4.300 dollari l’oncia, spinto da una combinazione di fattori economici e geopolitici che ne rafforzano il ruolo di bene rifugio per eccellenza
La corsa del metallo prezioso è il riflesso diretto delle attese di un allentamento monetario da parte della Federal Reserve. Con i mercati che scontano un probabile taglio dei tassi d’interesse entro fine anno, il rendimento reale dei titoli di Stato cala, riducendo l’attrattiva degli asset tradizionali e rendendo più competitivo l’oro, che non offre interessi ma garantisce stabilità.
Ma a cosa è dovuta questa corsa spasmodica verso il bene-rifugio? Vediamo le principali cause che hanno portato a questa impennata.
Attese di tagli dei tassi da parte della Federal Reserve
L’oro è tradizionalmente inversamente correlato ai tassi d’interesse reali.
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Quando la Fed (e altre banche centrali) si avvicinano a una fase di riduzione dei tassi, i rendimenti dei titoli obbligazionari calano.
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Questo riduce l’“opportunità” di tenere titoli rispetto all’oro, che non produce interessi.
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Di conseguenza, aumenta la domanda di oro come bene rifugio alternativo.
Negli ultimi mesi i mercati scontano almeno due tagli dei tassi USA entro la fine del 2025, in un contesto di inflazione in rallentamento ma crescita fragile.
Rischi geopolitici e conflitti globali
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Le tensioni tra Stati Uniti e Cina, le crisi in Medio Oriente e l’instabilità in Ucraina continuano a spingere gli investitori verso asset “sicuri”.
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L’oro resta il bene rifugio per eccellenza nei periodi di incertezza geopolitica.
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Anche l’aumento delle riserve auree delle banche centrali di paesi emergenti (Cina, India, Turchia, Russia) rafforza la domanda strutturale.
Debolezza del dollaro
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L’oro è quotato in dollari, quindi quando il dollaro si indebolisce, l’oro diventa più conveniente per chi compra in altre valute, aumentando la domanda internazionale.
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Negli ultimi mesi, l’indice del dollaro (DXY) ha mostrato un indebolimento a causa delle aspettative di politica monetaria più accomodante.
Accumulo da parte delle banche centrali
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Le banche centrali stanno acquistando oro a ritmi record per diversificare le riserve, riducendo l’esposizione al dollaro e agli asset USA.
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Secondo il World Gold Council, nel 2024 gli acquisti netti delle banche centrali sono stati i più alti dal 1967, tendenza proseguita nel 2025.
Rischi di rallentamento economico e debito pubblico
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La prospettiva di un rallentamento della crescita globale e l’aumento dei debiti pubblici (specialmente negli Stati Uniti) rendono più appetibile un bene reale come l’oro, percepito come copertura contro la svalutazione monetaria.
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In parallelo, l’aumento della volatilità dei mercati azionari e obbligazionari spinge molti fondi istituzionali a includere oro nei portafogli come elemento di stabilità.
Domanda retail e strumenti finanziari legati all’oro
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Crescono anche gli investimenti retail (ETF, certificati, app che permettono microinvestimenti in oro fisico).
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In Asia, la domanda di oro fisico per gioielleria e risparmio resta fortissima, soprattutto in India e Cina.
Prezzo dell’oro in crescita: segnale di crisi o andamento naturale dei mercati?
Storicamente però il prezzo dell’oro che sale in maniera repentina è segnale di sfiducia nei mercati o di tensioni economiche e geopolitiche. Non sempre significa che una crisi è già in corso, ma spesso anticipa o accompagna fasi di turbolenza.
Ma non sempre un rialzo dell’oro = recessione certa
Ci sono anche fasi in cui l’oro cresce per motivi tecnici o monetari, ad esempio:
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aumento delle riserve auree delle banche centrali (come oggi),
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domanda asiatica in crescita,
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o indebolimento del dollaro.
In questi casi, il rialzo dell’oro non è necessariamente un presagio di crisi, ma piuttosto un aggiustamento nei portafogli globali.
Storicamente, un’impennata dell’oro segnala la perdita di fiducia nel sistema finanziario o nelle valute, più che la crisi in sé. È come un “termometro dell’incertezza”: non causa la febbre, ma indica che il sistema sta scaldando.