• 21 Dicembre 2024

TBWA: talento al centro della creatività globale

 TBWA: talento al centro della creatività globale

Gianluca Cappiello TBWA

TBWA valorizza il capitale umano, l’innovazione tecnologica e promuove la flessibilità lavorativa. Ne abbiamo parlato con Gianluca Cappiello, direttore generale della sede italiana dell’agenzia

 TBWA è un’agenzia di pubblicità e marketing globale fondata in Francia nel 1970, con la seconda sede aperta in Italia nel 1971. È riconosciuta per la metodologia creativa brevettata Disruption®, ideata da Jean-Marie Dru, che mira a sfidare lo status quo del mercato per creare idee innovative e piattaforme di brand di forte impatto. TBWA è oggi leader nel settore della comunicazione e si distingue per la sua rete internazionale, composta da 11mila professionisti in oltre 40 paesi.

La Disruption® si sviluppa in tre fasi: analisi delle convenzioni, definizione della visione del brand e identificazione di un’idea dirompente che cambia le regole del mercato. TBWA pone grande enfasi anche sul capitale umano nell’evoluzione del settore. In un contesto di rapidi cambiamenti, dalla digitalizzazione all’intelligenza artificiale, TBWA valorizza i talenti come elemento centrale per guidare il cambiamento.

L’azienda ha anche sviluppato una propria Academy per formare leader futuri. Con un focus su smartworking e flessibilità, TBWA bilancia innovazione e cultura aziendale per affrontare le sfide di un mercato in continua evoluzione. Vediamolo insieme a Gianluca Cappiello, direttore generale TBWA\Italia.

ITALIA ECONOMY - TBWA: talento al centro della creatività globaleQual è la filosofia di TBWA sull’importanza del capitale umano nell’evoluzione del settore pubblicitario?

«In un settore dove la creatività è fondamentale, ovviamente il capitale umano sarà sempre un fattore determinante. Ma la nostra industry sta vivendo un profondo cambiamento, probabilmente ancora più grande di quello portato dalla rivoluzione digitale. Questo cambiamento è determinato sia dall’avvento dell’intelligenza artificiale, ma anche dalle continue crisi che viviamo – Covid, clima, demografia – che modificano le priorità delle persone e dei brand, con una evoluzione importante del sistema valoriale.

Le persone, i talenti come li chiamiamo noi, sono al centro del nostro progetto e se pensiamo alle tante ottimizzazioni, efficienze, migliorie che con l’IA verranno fatte, è altrettanto vero che senza il capitale umano, senza l’investimento sui talenti tutto questo serve a poco, perché bisogna saper guidare il cambiamento e bisogna saperlo fare con la giusta attitudine, con la giusta ambizione e con il supporto continuo delle aziende in ambito di formazione, ma moltissimo parte dai talenti e da quanto vogliono, con le aziende, mettersi in gioco».

Come è nata l’idea di creare l’Academy TBWA? Quali competenze chiave cercate di sviluppare nei giovani talenti?

«TBWA da oltre 20 anni ha sviluppato un’Academy internazionale (Global Learning Program) che coinvolge ogni anno oltre 150 talenti dei diversi Paesi in cui siamo presenti, scelti e aggregati a partire dalle loro potenzialità in termini di sviluppo skill e leadership. Perché, questo progetto molto ambizioso, vuole creare in primis quello che noi chiamiamo il collective; sentirsi parte di un collettivo creativo, con una filosofia proprietaria come la Disruption®, una visione chiara sul nostro ruolo nel mercato e una cultura unica è prioritario rispetto allo sviluppo di skill tecniche.

La selezione di chi viene coinvolto si basa su un principio chiave: voglia di crescere e far crescere la propria agenzia, essendo ambiziosi e puntando a essere i leader positivi del futuro».

Quali sono i principali cambiamenti che avete osservato nei bisogni formativi dei vostri dipendenti con l’evoluzione del digitale?

«Sicuramente con l’avvento dell’IA la capacità di essere dei prompt designer, traversale a diverse professionalità in agenzia, da quelle strategiche, di intelligence a quelle creative. Si è democraticizzato e semplificato l’uso di tutte le piattaforme dove una volta serviva essere dei programmatori, oggi invece dando le richieste giuste si possono ottenere ottimi risultati.

Attenzione, però, bisogna saper leggere i risultati e completarli con il giusto compendio di know-how. Oltre alle competenze più legate al mondo IA, la vera sfida rimane sempre quella di creare leader del futuro, persone che sappiano guidare le scelte delle aziende, dei brand, delle agenzie con la giusta attitudine e capacità di rischio».

TBWA è stata pioniera nell’introdurre lo smartworking in Italia. Come ha influenzato la produttività e la creatività del team? Quali sfide avete affrontato durante la transizione verso lo smartworking e come le avete superate?

«Abbiamo iniziato nel 2017 con un modello di flessibilità su 2 giorni al mese che poi è evoluto nel tempo e che con il Covid ha avuto la sua accelerata. Oggi, però, preferiamo parlare di flessibilità, perché non si prescinde dal vivere l’ufficio, i colleghi e le necessità di business, ma vince la flessibilità di gestione. Le sfide sono state molte, abbattere i pregiudizi di chi era abituato al controllo fisico e quotidiano da una parte, ma anche responsabilizzare le risorse verso risultati e capacità imprenditoriale.

Le nuove generazioni a volte pensano che senza smartworking non si possa lavorare e le vecchie generazioni che solo con la presenza lo si possa fare, noi pensiamo che il bilanciamento sia nel mezzo. Tra l’altro, il fatto che oggi convivano nelle organizzazioni quattro diverse generazioni – Boomer, Gen X, Millenials, Gen Z – con approcci ed esigenze profondamente diverse, è sicuramente un tema che molti stanno sottovalutando».

Come bilanciate la flessibilità del lavoro remoto con la necessità di mantenere una forte cultura aziendale?

«Molti sono gli appuntamenti di confronto che permettono di vivere in questo contesto. Ci sono le plenarie o momenti dedicati digitali, in cui avere visione di ciò che accade – la gestione digitale velocizza il tutto – ma sono altrettanto importanti i momenti fisici, come riunioni con clienti, momenti di formazione, eventi culturali. Oggi ci piacerebbe che non si parli o solo di smartworking o solo di presenza fisica, ma di un modello che ha come obiettivo primario il raggiungimento dei risultati che ci vengono chiesti dal nostro azionista, in una realtà che pone forte attenzione alle persone.

Ma, in ultima istanza, crediamo fermamente nella famosa frase Culture eats strategy for breakfast: anche il migliore piano strategico – per la flessibilità, per la formazione e per qualsiasi altra cosa – difficilmente sarà un successo se non si possiede una forte, e distintiva, cultura aziendale condivisa da tutti. Questa è, e sarà sempre di più, la killer application per il successo delle organizzazioni “a prova di futuro”».

Leggi altro su ‘I Protagonisti’

 

Martina Rossi

Coordinatrice editoriale

ADV

Leggi anche