Le nuove regole ABE rivoluzionano l’analisi del credito, richiedendo valutazioni prospettiche con nuovi strumenti risk-based e attenzione ai fattori ESG
Le nuove regole della vigilanza bancaria, che si riferiscono alla revisione dei processi di credito voluti dall’Autorità bancaria europea (ABE), evidenziano un approccio che richiede l’assunzione di valutazioni di natura previsionale circa gli eventi che potranno verificarsi in futuro e le azioni che l’impresa potrà intraprendere.
Questo approccio si basa non solo sull’analisi di un bilancio storico o del movimento di conto, ma anche sull’attento esame di una documentazione prospettica economico-finanziaria significativa, che dovrà comprendere necessariamente il piano aziendale strategico, i piani operativi, il budget d’esercizio, la proiezione dei flussi di cassa, le valutazioni d’impatto di scostamento dagli obiettivi e la valutazione della prospettiva di continuità aziendale.
L’analista dovrà anche valutare, sia in condizioni di stabilità che multi-scenario, l’impatto del rischio di liquidità sull’ammontare necessario a pagare le rate dei finanziamenti concessi alle imprese (il cosiddetto DSCR). Non sarà quindi più sufficiente conoscere l’attuale stato di salute dell’impresa, ma occorrerà anche prevederne le possibili evoluzioni, tenendo conto delle dinamiche attese del settore e del posizionamento competitivo della singola impresa all’interno del medesimo.
Quali sono i nuovi framework di modelli per l’analisi prospettica del credito?
A supporto dell’analisi, accanto agli strumenti risk-based tradizionali, come i dati da bilanci (indicatori di sintesi), i dati CR (indicatori di generica tensione finanziaria) e gli indicatori di anomalia (protesti, sconfinamenti bancari), troviamo adesso gli strumenti risk-based di nuova generazione, come i flussi finanziari, i pagamenti POS, le transazioni mediante carte di credito e di debito della controparte e dei
collegati, le Informazioni rassegne stampa, social networks, web information, la proiezione dei flussi finanziari prevista dall’impresa e l’andamento prospettico dei settori economici in cui opera la controparte.
Il rating diventa quindi soltanto uno degli ingredienti del processo di valutazione del merito creditizio e non l’elemento che racchiude tutti gli ambiti di valutazione considerati nelle prassi di valutazione del credito: da questa evoluzione deriva una maggior trasparenza nel rapporto banca-impresa e un potenziamento del monitoraggio delle posizioni da parte delle banche, con l’utilizzo di nuovi modelli che consentono la rapida individuazione delle aziende che attraversano periodi di crisi stagionale.
Sebbene le linee guida ABE prevedano sistemi di analisi per tutti i clienti, la mancanza di informazioni potrebbe impedirne l’applicazione ad alcuni segmenti. Pertanto, ai fini dell’adeguamento, le banche stanno adottando un approccio proporzionale rispetto alla dimensione e al settore di operatività della controparte. I possibili spunti evolutivi sono due: sensibilizzare la clientela, anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni di categoria e degli ordini professionali, e valutare l’introduzione di servizi di consulenza dedicata.
Un’ultima considerazione: solo il 15 per cento delle aziende ritiene di essere sostanzialmente adeguato alle richieste di integrazione dei fattori ESG nelle strategie creditizie, nelle politiche di misurazione e gestione dei rischi, nonché nei modelli gestionali e di business. Sebbene il contesto normativo sia in piena evoluzione, le istituzioni finanziarie dovranno orientare l’evoluzione dei propri modelli alle indicazioni del framework ESG. L’incorporazione dei fattori ESG non si configura solo come una necessità di compliance, ma anche come un’opportunità di generare valore nel medio-lungo periodo.
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