Musei d’impresa: novità per le aziende

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I Musei d’Impresa sono potenti strumenti di marketing e comunicazione in grado di incrementare il business delle aziende, svolgendo al tempo stesso un’autentica attività culturale

Illustrano il Made in Italy e dimostrano perché si è affermata la Responsabilità Culturale d’Impresa, declinazione della Responsabilità Sociale che ha assunto identità propria, indicando alle aziende un modo virtuoso quanto efficace di crescere insieme a tutta la nazione.

Ne parliamo con Domenico Liggeri, da anni docente a contratto di Musei d’Impresa che attualmente insegna la materia presso la facoltà di Arti, Moda e Turismo dell’Università IULM di Milano. In cosa consistono i Musei d’Impresa?

«Come ho avuto modo di scrivere nella voce su questo argomento firmata per l’istituto dell’Enciclopedia Treccani, sono musei che hanno una relazione determinante con un’azienda perché gli appartengono o la raccontano, esponendo ciò che produce o il collezionismo del titolare».

Quali vantaggi apportano alle aziende?

«Creano un forte elemento di distinzione nell’attività commerciale, trasformando un vantaggio reputazionale in competitivo, incrementando le possibilità di battere la concorrenza e fidelizzando i clienti che così aumentano».

Hanno un ruolo anche nel turismo?

«I Musei d’Impresa negli ultimi anni si sono affermati come potente attrazione turistica ed efficaci agenti dello sviluppo economico locale. Il turismo industriale in generale ha smesso di essere una branca di nicchia di quello culturale tout court, generando numeri sempre maggiori. Uno studio dell’Osservatorio Turismo

Industriale alla fine del 2023 registrava per il settore in cui rientrano musei e archivi di impresa quasi 6 milioni di visitatori negli ultimi quattro anni circa. Da sottolineare l’elevatissimo numero di visite ai Musei d’Impresa da parte di studenti di ogni ordine e grado».

Le imprese quali vantaggi riconoscono ai loro musei?

«Da un mio sondaggio condotto con oltre cento Musei d’Impresa italiani è risultato che oltre il 95% ha riscontrato vantaggi in termini di reputazione, promozione del marchio e maggiore appeal verso istituzioni, consumatori, media e partner commerciali, oltre che nella pubblicizzazione di prodotti e servizi».

Ha annunciato la creazione del sistema del Micro Museo d’Impresa Digitale: di cosa si tratta?

«Con il Micro Museo d’Impresa Digitale si abbattono quasi tutti i costi, rendendo sostenibile un’esposizione anche per le piccole e medie imprese, perfino quelle familiari e artigianali. Questo perché come sedi allestitive si usano opifici, magazzini, fabbriche o qualunque spazio già in possesso dell’azienda senza richiedere quindi nessuna spesa strutturale, nemmeno quella dell’allestimento, poiché a essere musealizzata è la stessa attività di produzione che avviene quotidianamente, mentre gli oggetti da osservare diventano i prodotti del brand.

A rendere emozionante l’esperienza interviene il “digitale”, ovvero le nuove tecnologie messe al servizio dello storytelling: dal semplice qr code al visore passando per tablet e smartwatch, basta entrare a contatto con un oggetto affinché a esso vengano collegate tante spettacolari forme di racconto, tra video, realtà aumentata e virtuale, fino all’intelligenza artificiale, sviluppando una narrazione umana e sensibile in grado di avvincere ogni spettatore.

Il modello è flessibile: per chi vuole si può arrivare a offrire la massima tecnologia esistente, dato che del progetto fa parte anche l’azienda che ha sotto contratto il creativo che ha vinto il più importante premio mondiale di opere audiovisive in IA, assegnato a Dubai, ma si può dare massima luce anche a piccolissime realtà con investimenti minimi».

Il concetto di micro museo ha radici storiche…

«I micro musei rientrano nella tipologia definita small museum, la quale già nel 1927 era stata codificata in un saggio di Laurence Vail Coleman, allora presidente dell’associazione dei musei degli Stati Uniti, per indicare strutture con poche disponibilità di budget ma tanto da dire. Sono riconosciuti in tutto il mondo come categoria espositiva di pari dignità rispetto ai musei tradizionali».

Il digitale in che modo viene applicato?

«Si tratta di un progetto di comunicazione integrata che comprende sito web, applicazioni per smartphone, estensioni per social e perfino gadget come chiavette USB. Con riferimento invece ai contenuti, sono realizzati virtual tour, ricostruzioni 3D, massima interattività, collegamento con chi sta a casa».

È un progetto che prevede collaborazioni?

«Sicuramente. Sulla spinta del Micro Museo d’Impresa Digitale si intende produrre un intenso programma di attività aperte alla condivisione di partner industriali e istituzionali, stimolando la nascita di reti museali che prevedano la collaborazione tra strutture presenti nel medesimo territorio. Ricordando le parole di Orhan Pamuk, scrittore premio Nobel, il quale auspica «che i musei divengano più piccoli, più individualisti e meno costosi», permettendo così «l’accesso alla visione del mondo di un individuo animato da una passione».

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⇒ Scopri i Musei d’Impresa in Veneto: scarica qui l’ultimo numero della rivista per approfondimenti.

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Immagine di Simona Pagliari
Simona Pagliari

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