• 5 Luglio 2024

Le aziende nascono per creare soluzioni

 Le aziende nascono per creare soluzioni

«Le aziende devono nascere per portare soluzioni». Questo sta alla base del concetto di innovazione secondo Nazzareno Mengoni, Founder Startupbootcamp Italy & Managing Director Southern Europe

«Le aziende devono nascere per portare soluzioni». In questo principio, tanto semplice nella formulazione quanto difficile nella concretizzazione, sta la base dell’innovazione secondo Nazzareno Mengoni, Founder Startupbootcamp Italy & Managing Director Southern Europe. Mengoni, marchigiano di nascita, figlio di imprenditori, ha studiato a Milano e se riconosce un talento a sé stesso è quello di «mettere delle persone intorno un tavolo, se intuisco che ci sono le opportunità per far sviluppare un’idea imprenditoriale».

Ed è esattamente quello che prova a fare (e con successo) da 5 anni a questa parte nell’ambito di Startupbootcamp Italia, appendice del più grande acceleratore d’aziende in Europa, ovvero Startupbootcamp (sito web) che dal 2010 aiuta le start up più promettenti a costruire un business globale sostenibile, in 20 Paesi del mondo potendo contare su una rete di oltre 80 acceleratori.

Ma cosa vuol dire accelerare una start up?

«Dare l’opportunità a quella che domani sarà un’azienda di comprendere, ben prima di farne esperienza, cosà avverrà in futuro, quali sono le sfide con cui sarà chiamata a misurarsi, come promuoversi all’estero – spiega Mengoni – e in un tempo piuttosto breve (per questo si chiama acceleratore)».

I programmi di accelerazione, infatti, hanno in genere una durata limitata, di solito tra i tre e i sei mesi, durante i quali le start up lavorano intensamente per sviluppare il loro prodotto o servizio, perfezionare il loro modello di business e “pitchare” i loro progetti a potenziali investitori durante un evento finale (i cosiddetti Selection Day).

Mengoni sottolinea anche la differenza tra incubatore e acceleratore, che a volte vengono considerati sinonimi dai non addetti ai lavori, ma tra i quali esiste una sostanziale differenza. «L’incubatore si rivolge a startup appena formate – l’acceleratore, invece, lavora con start up un po’ più mature, che hanno bisogno di crescere ulteriormente».

Nel 2019 viene lanciato da Startupbootcamp Italia il primo programma di accelerazione dedicato al FahionTech dedicato alle startup della tecnologia per il settore della moda e del tessile. «La risposta dei partner, dei mentor e degli investitori è stata straordinaria confermando che la nostra intuizione circa il potenziale anche del nostro ecosistema per l’innovazione nel settore fashion era giusta», sottolinea Mengoni con orgoglio.

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Nazzareno Mengoni

Da allora in 5 anni sono stati realizzati 164 investimenti, vengono gestiti sei programmi di accelerazione, di cui tre con Cassa Depositi e Prestiti, con investimenti complessivi di circa 20 milioni di euro.  Startupbootcamp Italia ha due business unit; un team di 36 persone dislocate operativamente a Milano, Roma e Firenze.

Tre le aree di interesse: start up, corporate e investitori. Startupbootcamp Italia in 5 anni è entrata in relazione con circa 7 mila start up, che vengono sottoposte a rigorose procedure di selezione: oscillano tra le 600 e le 800 le candidature ad ogni singolo programma, di queste ne vengono scelte un centinaio, di cui 40 sottoscrivono un contratto d’investimento, le migliori 20 arrivano al Selection Day, ma sono 10 quelle su cui si andrà ad investire davvero secondo il principio del de-risking investiment ovvero della riduzione dei rischi da parte degli investitori.

L’investimento in una startup, infatti, comporta l’acquisto di quote dell’azienda, le cosiddette quote di partecipazione o equity, a cui – a seconda della modalità di investimento – sono associate diverse responsabilità o ruoli all’interno della governance dell’azienda, nonché il diritto sui potenziali guadagni. Ridurre il rischio nell’investimento di una start up, in questo senso è molto importante.

Accelerare con successo nel settore della moda e tessile in Italia è stato coraggioso. Vero è che il “Made in Italy” rappresenta una credenziale importantissima in tutto il mondo, ma quello del Fashion e del Luxury è un settore ancora arretrato tecnologicamente e la Moda in particolare rappresenta la seconda industria più inquinante al mondo.

«Quale settore non è tecnologicamente arretrato in Italia?  – sottolinea Mengoni, alludendo che da questo punto di vista è ancora tanta la strada da percorrere, se non vogliamo incrementare la fuga dei cervelli all’estero almeno – In Italia abbiamo un grande merito: quello di essere creativi, un genio creativo che è riconosciuto ovunque nel mondo, ma a questo bisogna associare la concretezza, la capacità di costruire attraverso passaggi ben precisi e rigorosi.

Si chiama fare impresa proprio perché non è semplice. Le aziende devono portare soluzioni affinché il loro business diventi scalabile, l’imprenditore deve possedere anche capacità manageriali, c’è questo alla base dell’innovazione che necessariamente diventa una leva di crescita sul mercato. Tutta la generazione di imprenditori che nel post-guerra ha fatto l’Italia credeva nei sogni. Non si possono castrare i sogni delle nuove generazioni, mettere loro dei limiti».

La cultura d’impresa è necessaria, oggi, per crescere e innovarsi, altrettanto lo è il supporto istituzionale. «L’Italia deve unirsi per fare di più e meglio» conclude Mengoni.

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Maria Salerno

Giornalista - maria.salerno@toscanaeconomy.it

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