Lavazza, caffè del futuro
Nel cuore di Torino, Lavazza investe in ricerca e collaborazioni internazionali per una filiera del caffè sostenibile
Il mondo del caffè è in piena trasformazione, sospeso tra tradizione e necessità di rinnovamento. Di fronte a sfide globali come il cambiamento climatico, la sostenibilità è diventata una priorità imprescindibile per produttori e aziende, mentre l’innovazione rappresenta una leva fondamentale per rimanere competitivi in un mercato in evoluzione.
Lavazza, forte di una lunga esperienza nel settore, investe in progetti di ricerca sul territorio e collaborazioni internazionali per garantire un futuro più responsabile alla filiera del caffè. In questo scenario complesso, l’azienda torinese esplora nuovi modelli per rendere più resilienti le comunità di coltivatori e promuovere pratiche sostenibili. Vediamolo insieme al vicepresidente Marco Lavazza.
Il simbolo dell’evoluzione industriale di Lavazza è l’Innovation Center di Torino, la palazzina inaugurata nel 2010 che si sviluppa su più di 4mila metri quadrati e racchiude tutte le funzioni di ricerca e sviluppo. Marco Lavazza, come viene integrata l’innovazione all’interno della strategia aziendale?
«Lavazza è una azienda che ha nel proprio Dna tre elementi distintivi che la contraddistinguono sin dalla sua fondazione nel 1895: qualità, innovazione e senso di responsabilità. Per quanto riguarda l’innovazione, la storia dell’azienda è ricca di momenti significativi, fin dalla sua origine con l’intuizione delle miscele ma anche l’introduzione delle confezioni sottovuoto e l’ingresso nel mondo dei sistemi porzionati.
L’Innovation Center di Torino rappresenta l’epicentro di questo approccio, dove oltre 130 specialisti, tra ricercatori e ingegneri, si dedicano a immaginare il caffè del futuro, mantenendo sempre un forte legame con la tradizione.
Non si tratta solo di nuove miscele o macchine da caffè innovative, ma di un impegno più complesso che integra le nuove tecnologie e un’attenzione ai temi di sostenibilità, mantenendo al centro la qualità. Questo ci consente di rispondere alle esigenze di un mercato in costante evoluzione, sia a livello nazionale che internazionale».
Quanto è importante per Lavazza investire in ricerca e sviluppo per restare competitivi in un mercato sempre più globalizzato e tecnologico?
«In un periodo storico in cui l’industria del caffè sta affrontando sfide sempre più complesse e interconnesse, dal cambiamento climatico che, con temperature in aumento e fenomeni atmosferici estremi, mette a rischio le coltivazioni, alle nuove regolamentazioni europee, l’investimento in ricerca e sviluppo diventa cruciale per rendere resiliente una materia prima così fragile e le sue comunità, oltre a renderla sempre di più un asset strategico di competitività.
Ogni anno destiniamo risorse significative a progetti di lungo termine, con l’obiettivo di trovare nuove soluzioni tecnologiche che permettano di continuare a coltivare e produrre il caffè sempre meglio e allo stesso tempo aiutiamo le comunità a adottare buone pratiche agricole, come l’agroforestry, che integra la coltivazione del caffè con altri alberi e piante, contribuendo a migliorare l’ecosistema e a mitigare gli effetti del cambiamento climatico.
Questo impegno ci permette di creare valore lungo l’intera filiera, di differenziarci e di consolidare la nostra leadership nel settore. Uno strumento fondamentale che abbiamo per portare queste “buone pratiche” e queste conoscenze nei luoghi più vulnerabili della coffee belt è la Fondazione Lavazza, nata nel 2004 con l’obiettivo di migliorare la sostenibilità sociale, economica e ambientale delle comunità di coltivatori di caffè. In 20 anni di attività, la Fondazione ha sostenuto oltre 50 progetti internazionali».
Lavazza ha sempre affrontato i temi della sostenibilità e da 15 anni promuove attività direttamente sul campo attraverso la Fondazione Lavazza. Qual è la visione a lungo termine dell’azienda su questo tema?
«Nel futuro della Fondazione vediamo riconfermato il nostro impegno attraverso la ricerca e la formazione da un lato per adattare le piantagioni all’impatto del climate change, dall’altro per creare comunità produttrici solide e competitive quindi prospere.
Vogliamo rendere il caffè una opportunità imprenditoriale che sia percorribile e che al contempo riesca a contribuire alla crescita di queste comunità, e in ottica più ampia, del sistema paese delle nazioni produttrici. Vediamo rappresentato questo futuro soprattutto nei giovani e nelle donne, motori della crescita delle comunità produttrici.
Nel 2004, quando è stata creata la Fondazione, molte delle cose di cui oggi si parla tanto non erano così scontate. Dai primi progetti che si occupavano principalmente di produttività, di miglioramento delle tecniche di impianto del caffè, abbiamo allargato il nostro orizzonte fino a occuparci di tematiche più complesse come la differenza di genere, l’imprenditorialità giovanile, gli effetti del cambiamento climatico.
Le nostre iniziative rappresentano un esempio di come vogliamo costruire una filiera che non solo rispetti l’ambiente, ma che crei un vantaggio competitivo per le persone con cui collaboriamo. Ogni tazzina di caffè Lavazza deve poter raccontare una storia di rispetto e valorizzazione dell’ambiente e delle persone.
Un’attitudine verso lo sviluppo sostenibile che si è tradotto anche nell’evoluzione del nostro purpose Awakening a better world every morning e trova espressione nel Manifesto di sostenibilità e sui quattro valori – authenticity, passion for excellence, responsibility, inventiveness – che orientano le iniziative dell’azienda e definiscono la traiettoria delle scelte per il futuro».
In che modo Lavazza sta lavorando per rendere più sostenibile la filiera produttiva, dai coltivatori alle pratiche di confezionamento?
«Lavazza ha integrato la sostenibilità nel proprio modello di business, sviluppando un approccio che guida l’intera filiera produttiva. Oggi noi parliamo di sustainable by design, ovvero ogni decisione che prendiamo in azienda e ogni nostro obbiettivo devono apportare un miglioramento anche sul fronte della sostenibilità.
Stiamo creando un sistema virtuoso che punta a ridurre gradualmente le emissioni e ad adottare pratiche di economia circolare. Un esempio concreto è il nostro progetto Center for Circular Economy in Coffee, una piattaforma precompetitiva a livello globale che riunisce i principali attori e decisori del settore provenienti da oltre cento Paesi, per lavorare insieme a un’industria del caffè sempre più sostenibile.
Istituito a Torino su idea della Fondazione Lavazza, il Centro è sostenuto da numerosi partner italiani e internazionali per creare e rendere accessibile un network globale di conoscenza e implementare progetti pilota di economia circolare».
Lavazza ha siglato un accordo di collaborazione su ricerca, innovazione e formazione con l’Università di Torino, che prevede un investimento di circa 600mila euro per tre anni nell’ambito delle progettualità legate alla Butterfly Area, l’area dedicata alla sperimentazione e ricerca tra università e imprese all’interno del nuovo campus della Città delle Scienze e dell’Ambiente di Grugliasco. Quali sono le attività in programma?
«Nonostante le grandi risorse che impieghiamo nei nostri reparti di ricerca, siamo convinti che poter collaborare con altri enti sia la chiave per raggiungere i risultati migliori, lavorando in partnership e provando a mettere a fattor comune le competenze. In quest’ottica, la collaborazione con l’Università di Torino e la creazione della Butterfly Area rappresentano un esempio primario di come l’innovazione possa essere alimentata dalla sinergia tra accademia e impresa.
Grazie a questo investimento ci dedicheremo a progetti di ricerca avanzata che spaziano dalle innovazioni in campo agronomico alle tecnologie di confezionamento sostenibili. Inoltre, questo luogo di sperimentazione è una palestra per giovani talenti e un laboratorio dove si sviluppano idee che potranno essere applicate concretamente nella nostra filiera produttiva.
Ancora più importante è per noi la circostanza di poter lavorare con un’eccellenza del territorio. Lavazza è fortemente legata a Torino: la città dove siamo nati e dove continuiamo a investire. Poter sostenere e poter beneficiare del lavoro di una prestigiosa università come quella di Torino, ci riempie di orgoglio».
Oltre all’Università di Torino, Lavazza ha stretto partnership significative con altre eccellenze del territorio, che ruolo hanno nei progetti dell’azienda?
«Consideriamo l’innovazione come un processo di miglioramento continuo, un esempio positivo di come teoria e pratica possono procedere all’unisono raggiungendo traguardi sempre più ambiziosi.
Queste collaborazioni territoriali con università e centri di ricerca, come il Politecnico di Torino e l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo sono fondamentali per l’azienda perché ci consentono di affrontare problemi multidisciplinari, integrando know-how specifici e accelerando così l’innovazione.
Non si tratta solo di un supporto tecnico, ma di un vero scambio di conoscenze che porta nuove idee e favorisce nuove progettualità, e la crescita di giovani talenti nel settore del caffè. È una visione che guarda al futuro, in cui il territorio e l’impresa crescono insieme, generando un cambiamento condiviso e sostenibile».