Il “buon lavoro” per Federmanager
Il “buon lavoro” valorizza il benessere e l’equilibrio vita-lavoro, con un focus su inclusione e competenze per affrontare le sfide attuali. Vediamolo con Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager
Per sopravvivere al lavoro bisogna essere nel posto giusto. Che non è il posto fisso, stabile, socialmente riconosciuto e ben retribuito rincorso dai boomers, ma quello che fa stare bene. È questo, in un mondo che cambia sempre più rapidamente, il “buon lavoro” fotografato dal libro Il buon lavoro.
Benessere e cura delle persone nelle imprese italiane (Edizioni Luiss University Press), scritto a quattro mani dalla giornalista Manuela Perrone e Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager, l’associazione più rappresentativa nel mondo del management, e di CIDA, la confederazione che riunisce tutta la dirigenza pubblica e privata.
Nel 2023 ha assunto la presidenza di Trenitalia e nel 2024 è entrato nel Cda di Cassa e Depositi e Prestiti ed è, inoltre, alla guida di 4.Manager, associazione bilaterale Confindustria-Federmanager e amministratore delegato di I.W.S. spa.
Stefano Cuzzilla, tra benessere e carriera i lavoratori oggi sembrano non avere dubbi: secondo un sondaggio di PageGroup su oltre 70mila professionisti in tutto il mondo, il 70 per cento dei lavoratori ritiene l’equilibrio tra vita e lavoro una priorità e l’80 per cento preferirebbe lavorare un giorno in meno a settimana. Qual è oggi il “buon lavoro” descritto nel suo libro?
«Una cultura aziendale che valorizza la persona come protagonista del progetto d’impresa, questo è il “buon lavoro”. “Persone al centro”, infatti, non è solo uno slogan. Riuscire a riconoscere e superare tutti i divari di genere, valorizzare i talenti e le competenze, investire in formazione, promuovere il welfare integrativo con una attenzione particolare all’equilibrio vita-lavoro: questi sono tutti i presupposti per “un buon lavoro”, che è il titolo del libro che ho scritto insieme alla collega Manuela Perrone.
I cambiamenti del mondo del lavoro sono evidenti, meno chiare sono le risposte che siamo in grado di dare. L’obiettivo di stare bene al lavoro va quindi costruito con modelli organizzativi nuovi. Anche perché alcune trasformazioni sono irreversibili. Indietro non si torna».
Quali sono le principali sfide che i manager italiani devono affrontare nel contesto lavorativo attuale?
«A livello organizzativo vanno sperimentati strumenti più flessibili, in grado di rispondere alle aspettative di una popolazione aziendale che oramai è costituita da ben cinque generazioni diverse. Poi c’è un tema di competenze, che vanno continuamente aggiornate. Pensando solo agli scenari aperti dall’intelligenza artificiale, ai manager è richiesto di gestire complessità crescenti. Tra le priorità, occorre affrontare bene la cosiddetta Twin Revolution, combinando gli obiettivi di trasformazione tecnologica e di sostenibilità ambientale».
Quali competenze ritiene siano essenziali per i manager di oggi e per quelli del futuro?
«Mi faccia dire innanzitutto che non è possibile immaginare un Paese competitivo che non si affidi a persone capaci e competenti. Oggi, più che in passato, si avverte l’esigenza di una managerialità multidisciplinare, dotata di un mix di competenze tecniche e di competenze soft.
In Federmanager abbiamo avviato, con il progetto BeManager, percorsi di certificazione delle competenze creati per rendere i manager attrattivi sul mercato. Cinque i profili certificati: manager per la sostenibilità, Innovation manager, Export manager e manager per l’internazionalizzazione, Temporary manager e manager di rete. Si tratta dei profili che le aziende ricercano e che spesso non
trovano, come dimostrano i dati sul mismatch di competenze di cui soffre il nostro Paese».
A livello manageriale come si può bilanciare l’esigenza di crescita economica con il benessere dei dipendenti e dei collaboratori? Quanto è importante creare ambienti di lavoro sostenibili e inclusivi?
«Non solo si può bilanciare, ma si deve. Perché se le persone stanno bene in azienda, la loro produttività aumenta. E i manager possono fare la differenza in questo, concretizzando un modello di leadership inclusivo, capace di mettersi in ascolto, di motivare e di chiarire gli obiettivi aziendali, passando dall’assegnazione di un compito aziendale alla responsabilizzazione piena delle risorse umane».
Come valuta le attuali politiche del lavoro in Italia in relazione alla tutela e allo sviluppo del capitale umano?
«Pochi giorni fa l’Ocse ha confermato che il nostro Paese spende poco per l’istruzione, circa il 4 per cento del Pil contro una media del 5. Scarseggiano i laureati, nelle materie Stem soffriamo un preoccupante gap di partecipazione femminile, fuggono i giovani, quasi 10 su 100 vanno all’estero e non ritornano. Se vogliamo crescere, dobbiamo alzare i salari e creare opportunità di carriera qui in Italia».
Come valuta l’impatto del lavoro agile (smartworking) sul capitale umano e sulla produttività delle aziende italiane?
«Dopo un periodo di sperimentazione, ormai il lavoro agile è entrato a pieno titolo nell’organizzazione del lavoro. Sta diventando la nuova “normalità”, che ha generato un impatto positivo sul capitale umano. Questo non significa abbandonare il lavoro in presenza, anzi. Significa piuttosto lavorare per obiettivi, con responsabilità e maggiore efficienza».
Una donna su due è inoccupata. Tra i manager le donne sono appena il 28 per cento e la maternità è ancora un ostacolo alle carriere. Che cosa si può fare per aumentare la presenza femminile nei ruoli dirigenziali e come Federmanager si impegna su questo tema?
«Dobbiamo fare di tutto, proprio di tutto, per colmare questo gap. Lo dobbiamo fare per ragioni economiche e per ragioni sociali. Innanzitutto, con più donne al lavoro il nostro Pil potrebbe crescere del 12 per cento. Poi, la diversità di genere in azienda è una ricchezza: è dimostrato, ad esempio, che le imprese dotate di governance miste reagiscono meglio alle crisi.
Il welfare è una delle leve più importanti per l’inclusione delle donne: programmi di inclusività e azioni che supportino la genitorialità, possono creare un ambiente lavorativo che metta le donne nella condizione di lavorare al meglio, senza penalizzazioni rispetto agli uomini. Recentemente Federmanager, insieme alle sue società Manager Solutions, Federmanager Academy, Praesidium Spa e il Fondo Assidai, ha ottenuto la Certificazione della parità di genere.
Ciò che rende ancora più significativa la certificazione ottenuta, è il ruolo di acceleratore che Federmanager può svolgere nell’applicazione concreta dei principi di parità di genere. E su questo siamo assolutamente impegnati».