Nel Bollettino economico n. 6/2025 la Banca centrale conferma la pausa di settembre e stime riviste per Pil e prezzi: mercato del lavoro ancora solido, condizioni di credito in graduale alleggerimento, ma dazi e incertezza continuano a pesare
La Banca centrale europea ha lasciato invariati i tre tassi di riferimento nella riunione dell’11 settembre 2025: 2,00% sui depositi presso la banca centrale, 2,15% sulle operazioni di rifinanziamento principali e 2,40% su quelle marginali. Prosegue anche la riduzione “misurata e prevedibile” dei portafogli APP e PEPP, senza reinvestimento dei rimborsi. L’orientamento resta “guidato dai dati” e non vincolato a un percorso prestabilito dei tassi.
Sul fronte dei prezzi, l’inflazione dell’area euro è al 2,1% in agosto (2,0% a luglio). L’energia resta in territorio negativo (–1,9%), i beni alimentari rallentano al 3,2%, mentre l’inflazione “al netto di energia e alimentari” è stabile al 2,3%; i servizi scivolano al 3,1% e i beni industriali non energetici restano allo 0,8%. Le nuove proiezioni vedono l’inflazione media al 2,1% nel 2025, 1,7% nel 2026 e 1,9% nel 2027; per la componente di fondo (al netto di energia e alimentari) 2,4% nel 2025, 1,9% nel 2026 e 1,8% nel 2027.
L’economia dell’area ha accumulato +0,7% nel primo semestre 2025, con un secondo trimestre più debole (+0,1% congiunturale) dopo l’anticipazione degli scambi legata ai dazi nella prima parte dell’anno. Le stime BCE indicano una crescita del Pil all’1,2% nel 2025 (rivista +0,3 p.p. rispetto a giugno), 1,0% nel 2026 (–0,1 p.p.) e 1,3% nel 2027. Il mercato del lavoro resta un punto di forza: disoccupazione al 6,2% in luglio e crescita dell’occupazione +0,1% nel secondo trimestre.
Le condizioni di finanziamento iniziano a trasmettere i precedenti tagli: a luglio il tasso medio sui nuovi prestiti alle imprese è sceso al 3,5% (3,6% a giugno), con prestiti alle imprese in aumento del 2,8% e crescita dell’emissione di obbligazioni societarie al 4,1%. I nuovi mutui restano al 3,3% e l’aggregato dei mutui cresce del 2,4%. Il costo medio di emissione sul mercato per il debito societario è stabile al 3,5%.
Il quadro esterno resta complesso. I dazi e l’incertezza hanno accentuato la volatilità nella prima metà del 2025, con effetti di anticipo delle esportazioni (in particolare dall’Irlanda) e successivo riassorbimento. Il nuovo accordo USA-UE ha ridotto l’incertezza fissando un tetto del 15% ai dazi statunitensi per la maggior parte delle esportazioni di beni europee, ma l’apprezzamento dell’euro e una domanda estera più debole frenano le prospettive nel 2026. Più avanti, dovrebbero sostenere la crescita l’aumento dei salari reali e dell’occupazione, insieme ai nuovi stanziamenti per infrastrutture e difesa (soprattutto in Germania).
La BCE sottolinea rischi per la crescita “più equilibrati”: un peggioramento delle relazioni commerciali o nuove tensioni geopolitiche potrebbe raffreddare esportazioni e investimenti; al contrario, più spesa per difesa e infrastrutture, riforme che alzino la produttività e un miglioramento della fiducia di famiglie e imprese rafforzerebbero l’attività. Sulle prospettive d’inflazione pesano ancora variabili globali (catene del valore, energia, fenomeni climatici estremi), ma le attese di lungo periodo “restano prevalentemente intorno al 2%”.
Sul piano delle politiche, la BCE richiama l’urgenza di aumentare produttività, competitività e tenuta dell’economia europea, dando seguito alle raccomandazioni del rapporto Draghi e accelerando il completamento dell’unione dei mercati dei capitali e dell’unione bancaria, oltre a definire rapidamente il quadro legislativo per l’euro digitale.
Fonte: Banca centrale europea, Bollettino economico n. 6/2025.