Un decennio in chiaroscuro per le aziende italiane tra crisi, riprese vigorose, investimenti record e un made in Italy che continua a distinguersi sui mercati internazionali
Il decennio 2015-2024 si chiude per le imprese italiane con un bilancio che, pur segnato da alti e bassi, restituisce un quadro complessivamente positivo. È quanto emerge dal nuovo rapporto Dati Cumulativi dell’Area Studi Mediobanca, che ha analizzato 1905 società industriali e terziarie di grande e media dimensione, rappresentative di quasi la metà del fatturato nazionale in settori come industria, manifattura, distribuzione e trasporti.
L’indagine, pubblicata il 25 settembre, offre una visione articolata: se il 2024 ha registrato una flessione dei ricavi complessivi (-2,4%), nello stesso anno il made in Italy ha confermato una crescita robusta (+2,5% nel fatturato, +3,3% nell’export, +1,5% sul mercato interno), superando le performance della manifattura tradizionale che invece ha segnato un arretramento (-0,7%).
Fatturato: dieci anni di volatilità, ma saldo positivo
Il decennio appena trascorso è stato contraddistinto da una forte instabilità: quattro esercizi hanno chiuso in territorio negativo, a partire dal 2020, anno della pandemia, con un crollo del 10,8%. Tuttavia, la ripresa è stata altrettanto vigorosa: nel 2021 i ricavi sono balzati del 22% e nel 2022 addirittura del 28,1%, anche grazie alla spinta inflattiva.
Alla fine, il bilancio complessivo è incoraggiante: tra il 2015 e il 2024 il fatturato delle imprese è aumentato del 37,6%. Ancora più dinamica la traiettoria del made in Italy, cresciuto del 52,6%, con un export in salita del 59,6%. Questi dati confermano la capacità delle aziende italiane di competere a livello internazionale e di valorizzare i propri marchi e prodotti distintivi.
Redditività: margini stabili anche in contesti complessi
Se i ricavi hanno mostrato oscillazioni significative, i margini hanno raccontato una storia di tenuta e resilienza. L’Ebit margin medio delle 1905 imprese si è attestato intorno al 6% nel quinquennio pre-pandemico, è sceso al 4% nel 2020, ma ha recuperato sopra il 5% negli anni successivi.
Nel biennio 2023-2024 la redditività si è mantenuta su livelli storicamente elevati (circa 6,5%), superiore alla media dell’intero periodo (5,5%). Le imprese pubbliche hanno mostrato performance nettamente sopra la media, con margini oltre il 9%, trainati dagli investimenti nei settori energetico e infrastrutturale. Le private, invece, pur in crescita post-pandemica, hanno registrato un lieve calo nel 2024 (dal 6,1% al 5,7%).
La capacità di mantenere margini solidi anche di fronte a shock geopolitici e all’inasprimento tariffario degli Stati Uniti – con nuovi dazi saliti al 15% – conferma la resilienza del sistema produttivo. Mediobanca stima che l’impatto dei dazi ridurrà i margini solo di 0,2 punti percentuali, segno di una buona capacità di assorbimento da parte delle imprese.
Investimenti: le pubbliche guidano la transizione
Il 2024 ha fatto segnare un record negli investimenti materiali netti: 4,1% del fatturato, contro una media del 3,3% del periodo 2015-2022. Ancora una volta, a trainare è stato il settore pubblico, che ha portato la quota all’8,7%, puntando in particolare su energie rinnovabili (fotovoltaico in primis), digitalizzazione delle reti e infrastrutture per la mobilità elettrica.
Il settore privato ha mantenuto un livello più moderato, con un rapporto investimenti/fatturato pari al 3%, leggermente sopra la media storica. Nella manifattura, la quota si è attestata al 2,7%. Questi numeri evidenziano l’impegno crescente del sistema produttivo verso la transizione energetica e tecnologica, passaggio cruciale per la competitività futura.
Occupazione: +9,5% in dieci anni
Uno degli aspetti più positivi riguarda il lavoro: tra il 2015 e il 2024 l’occupazione nelle imprese analizzate è aumentata del 9,5%. A crescere di più è stato il settore privato (+10,2%), mentre le aziende pubbliche hanno registrato un incremento più contenuto (+5,6%).
All’interno della manifattura spicca il contributo del cosiddetto IV Capitalismo – l’insieme delle imprese medie e medio-grandi spesso a controllo familiare – che ha fatto segnare una crescita dell’occupazione del 16,9%, con punte del +17,9% nelle medie imprese. Anche il made in Italy ha brillato, con un +16,7%.
Creazione di valore: i campioni del decennio
Dal punto di vista della generazione di valore, i risultati sono differenziati. Mediamente, le 1905 imprese hanno prodotto 7.600 euro all’anno per addetto. Le aziende pubbliche hanno primeggiato con 22.700 euro, grazie al peso dei settori energetico e petrolifero. Le private si sono fermate a 4.600 euro, mentre la manifattura ha generato 6.900 euro.
Il IV Capitalismo si conferma protagonista: le medie imprese hanno registrato +10.500 euro per addetto, le medio-grandi +11.300. Alcuni comparti manifatturieri hanno mostrato una costanza nella creazione di valore che li accredita come veri motori dell’economia nazionale: il farmaceutico (+28.000 euro medi annui per addetto), le bevande (+23.900), gomma e cavi (+21.300), il cartario (+13.500), il legno e mobili (+10.700), l’alimentare non bevande (+9.100) e la meccanica (+6.700).
Potere d’acquisto e redistribuzione
Il report Mediobanca sottolinea anche un tema cruciale: il rapporto tra generazione di valore e potere d’acquisto dei lavoratori. L’inflazione cumulata del decennio, pari al 19,7%, ha eroso i salari reali, portando a una perdita media del 2,8% rispetto al 2015 e del 5,8% rispetto al 2021.
Secondo lo studio, molte imprese avrebbero potuto compensare l’effetto inflattivo redistribuendo parte del valore generato. Un incremento medio di 4.000 euro pro-capite sarebbe stato sufficiente per riportare i salari reali ai livelli pre-inflazione, con un impatto contenuto sui margini. Le medie imprese, pur con valori più bassi, hanno spesso offerto compensazioni non monetarie, come la stabilità occupazionale.
Conclusioni: resilienza e prospettive
Il decennio 2015-2024 mostra un sistema imprenditoriale italiano capace di resistere a shock epocali e di rilanciarsi con vigore, puntando su export, innovazione e capitale umano.
Il made in Italy emerge come vero motore della crescita, forte di un brand riconosciuto a livello globale e di filiere produttive in grado di generare valore costante. Il ruolo trainante delle imprese pubbliche negli investimenti per la transizione energetica e la crescita occupazionale del IV Capitalismo rappresentano segnali incoraggianti per il futuro.
Come sottolinea l’Area Studi Mediobanca, il percorso resta complesso: dazi, instabilità geopolitica e inflazione continueranno a influenzare le traiettorie. Tuttavia, la base solida costruita negli ultimi dieci anni costituisce un vantaggio competitivo che potrà essere messo a frutto per affrontare le sfide del prossimo decennio.
Fonte: Mediobanca, Area Studi – “Dati Cumulativi 2015-2024”, presentato il 25 settembre 2025.