Meeting Industry a rischio?

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I cambiamenti in atto a opera delle politiche introdotte da Donald Trump mettono seriamente a rischio un comparto, come quello della Meeting Industry. Annamaria Ruffini ne ha parlato con i leader del settore a livello internazionale

 «Stiamo assistendo a un cambiamento: gli eventi globali che una volta si svolgevano negli Stati Uniti si spostano in Europa e in Asia. Conferenze mondiali di concessionari, lanci di prodotti, convention: molti di questi incontri sono stati trasferiti dagli USA a località come Barcellona, Singapore o Berlino, e anche in destinazioni di secondo livello grazie alla capacità di hotel e sedi». La constatazione proviene non dall’ultimo arrivato bensì da Colja Dams, CEO e titolare dell’event & live marketing agency Vok Dams.

Possiamo quindi considerarla lo specchio di un trend già in atto. Il motivo? Secondo Dams sono le voci sui cittadini stranieri trattenuti al passport check negli aeroporti americani senza alcun motivo apparente.

C’è chi la prende con filosofia e comprensibilmente parla pro domo sua. “L’unica costante che conosciamo è il cambiamento” dice Rajeev Kohli, titolare di Creative Travel, multinazionale del Destination management estesa fra India, Nepal, Sri Lanka, Bhutan, Tibet e Maldives, e con sedi di rappresentanza in tutto il mondo. «Negli ultimi decenni si sono verificati cambiamenti radicali, quindi dobbiamo abituarci a questa nuova normalità.

Ciò che sta accadendo negli Stati Uniti è certamente motivo di preoccupazione. Posso comprendere alcune delle ragioni per cui gli ameri cani vogliono proteggersi, sebbene i metodi adottati siano discutibili. Tuttavia questo può offrire opportunità per spostare l’interesse verso la nostra regione, l’Asia, per meeting e incentive.

ITALIA ECONOMY - Meeting Industry a rischio?
Annamaria Ruffini

Gli Stati Uniti hanno sempre rappresentato opportunità a portata di mano per il business interno o esterno. Ora che questo sta diventando un po’ problematico, ecco un’opportunità per destinazioni non tradizionali come l’Asia o il Sud America». Peraltro, di cause ce ne sono anche di meno volatili. Per esempio il fatto che Trump abbia eliminato i programmi federali sulla diversità, l’equità e l’inclusione (DEI), con cancellazioni a valanga di centinaia di eventi in tutti gli States. Ma anche le aggressive politiche tariffarie della nuova amministrazione impattano. I dazi su acciaio, alluminio e legname stanno già facendo aumentare i costi per stand fieristici, palchi e altre infrastrutture essenziali per gli eventi.

Sui viaggi d’incentivazione, primaria forma premiante per dipendenti e collaboratori di tutte le aziende del mondo, le conseguenze non sono inferiori. Tourism Economics prevede che nel 2025 l’outgoing verso gli Usa diminuirà del 9% proprio a causa della “politica e retorica polarizzante dell’amministrazione Trump”.

Kevin Hinton, CEO della U.S. Travel Association, ha ammesso che le percezioni negative persistenti potrebbero avere un impatto anche su eventi di enorme importanza quali il Mondiale di calcio per club (negli USA fra giugno e luglio) e per Nazioni (di cui gli USA saranno uno dei tre Stati organizzatori nel 2026), o le Olimpiadi di Los Angeles del 2028. Il netto cambiamento d’umore è stato registrato a marzo persino dal sondaggio Pulse di Northstar Meetings Group/Event Meetings Industry, cui partecipano più di 900 meeting planner in tutto il mondo. Oltre il 60% afferma che i propri eventi sono stati influenzati dal cambio della guardia al vertice degli Stati Uniti.

Nemmeno Annette Gregg, Ceo di Site (Society for Incentive Travel Excellence, la più grande community mondiale di specialisti nella creazione di eventi motivazionali) nega il problema. «Sebbene i dati di questi mesi non indichino un grande esodo di meeting e incentive dagli Stati Uniti», afferma, «molti sondaggi indicano che gli organizzatori sono preoccupati per il possibile effetto che l’attuale situazione geopolitica avrà sui programmi futuri.

Si stima che nei mesi estivi si assisterà a un calo dei viaggi leisure negli Usa. Le destinazioni in tutti gli Stati Uniti devono intensificare la comunicazione per promuovere l’accoglienza e la sicurezza delle proprie città per i viaggiatori internazionali. Questo aiuterà organizzatori e acquirenti a promuovere i propri programmi ai partecipanti e ai qualificati».

Se non viene arginata, la tendenza potrebbe tradursi, sempre secondo Tourism Economics, in una perdita stimata intorno ai 64 miliardi di dollari (59 miliardi di euro) per il settore turistico.

C’è poi un’analisi del Dipartimento della Sicurezza Interna degli Rajeev Kohli, titolare di Creative Travel Stati Uniti, che evidenzia come il calo negli arrivi internazionali negli Usa ci sia già. Nei primi due mesi del 2025 gli ingressi dall’Italia sono diminuiti del 9,5% rispetto al pari periodo del 2024, quelli dalla Germania del 7%, quelli dalla Francia del 6% e quelli dalla Gran Bretagna del 5%.

E nel successivo bimestre i dati vanno a picco. Attenzione perché questi numeri non sono fini a loro stessi né riguardano il solo turismo. «I viaggi incentive creano ponti, promuovono la comprensione reciproca e generano valore economico.

Se grandi conferenze, programmi incentive ed eventi iniziano a ignorare destinazioni di punta come gli Stati Uniti, non è solo il settore degli eventi a soffrirne. Scienza, medicina, innovazione aziendale, la società in generale: tutto ne risente», afferma Pádraic Gilligan, fondatore dell’agenzia marketing Sool Nua. Guardiamo ad esempio al settore medico, dove ricerca e sviluppo partono sempre dalle pause caffè dei grandi congressi. È lì che si formano i gruppi di lavoro che poi, auspicabilmente, vincono i premi Nobel e segnano il progredire della medicina.

Trump sta tagliando i fondi alle università, il che non è affatto cosa bella, ma aggiungiamoci gli scenari di cui sopra e immaginiamo un mondo in cui i grandi eventi congressuali lasciano gli Stati Uniti. Come possiamo credere che gli sponsor ci investano come prima? Medio Oriente e Asia hanno sì capacità economiche ma sono ancor lungi dalla preparazione e dall’autorevolezza delle società scientifiche americane, tutte di lungo corso, con sponsorizzazioni consolidate.

Molti congressi hanno un plafond e un seguito enormi per il solo fatto che si svolgono negli Usa. Trasferiti altrove, non si collocheranno mai agli stessi livelli. Gli Stati Uniti stanno agli eventi come Jannik Sinner sta al tennis. Dimenticarlo significa sconvolgere la scienza oltre all’economia.

Da ultimo, ricordiamoci l’effetto-valanga, per cui anche destinazioni emergenti alla lunga potrebbero risentirne. David Sand, Ceo di Uwin

Iwin, basata in Sudafrica, non usa mezze parole. «L’instabilità globale sta avendo un impatto significativo sul settore non profit in Africa, con il recente ritiro di ingenti aiuti statunitensi che rappresenta una grave minaccia per molti programmi di sviluppo e umanitari.

Per decenni, i finanziamenti americani hanno sostenuto iniziative sanitarie, educative e sociali in tutto il continente, e la loro improvvisa riduzione ha lasciato molte di queste organizzazioni in difficoltà.

Ciò ha un effetto a catena sul settore MICE (Meeting, Incentive, Conferenze ed Esposizioni), che ha spesso fatto affidamento su eventi, programmi di formazione e incontri con i donatori organizzati da ONG. Con il declino di queste attività, sedi, fornitori locali e operatori turistici stanno subendo ingenti perdite di fatturato.

A complicare ulteriormente la situazione, la guerra tariffaria in corso tra le potenze globali, che interrompe le catene di approvvigionamento, gonfia i costi operativi ed erode la collaborazione internazionale. L’effetto combinato è una riduzione dello spazio per l’innovazione, lo scambio di conoscenze e la creazione di partnership, funzioni cruciali dell’ecosistema non profit. La traiettoria di sviluppo dell’Africa si trova ora ad affrontare un’ulteriore incertezza in un contesto di aiuti e scambi commerciali globali in continua evoluzione».

Detto questo, aggiunge, «l’incoming leisure e incentive in Sudafrica ha registrato una crescita significativa ed è molto stabile. Offre ai visitatori un ottimo rapporto qualità-prezzo, con tassi di cambio molto favorevoli rispetto alle valute europee e statunitensi. Le recenti tensioni politiche tra il Sudafrica e l’amministrazione Trump non sono state positive per il Paese, ma con i rinnovati sforzi del governo sudafricano per ricostruire le relazioni e gli scambi commerciali, speriamo che il sentimento positivo e il marchio Sudafrica crescano».

Là dove la cronaca minaccia, speranza e positività aiutano. Time will tell.

di Annamaria Ruffini

 

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