Redistribuzione del reddito nel 2024

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La  redistribuzione del reddito in Italia. Pubblicati i dati Istat 2024. La stima della diseguaglianza del reddito primario è pari nel 2024 a 46,48%

  • Le simulazioni, di cui si presentano i risultati, valutano gli effetti sui redditi disponibili delle famiglie generati dalle politiche redistributive introdotte nel 2024. In particolare, si valutano gli effetti dei seguenti interventi normativi: (i) riforma delle aliquote e degli scaglioni Irpef e delle detrazioni da lavoro; (ii) eliminazione del Reddito/Pensione di Cittadinanza (RDC) e dell’introduzione dell’Assegno di Inclusione (ADI); (iii) prosecuzione dell’esonero contributivo parziale per i lavoratori dipendenti e dell’introduzione dell’esonero totale per le lavoratrici dipendenti madri; (iv) indennità una tantum per i lavoratori dipendenti (c.d. Bonus Natale). Gli effetti sono valutati attraverso il confronto tra la stima del reddito disponibile nel 2024 e la stima di quello che si sarebbe osservato se i parametri di tali politiche fossero rimasti quelli in vigore nel corso del 2023.
  • Per le famiglie con almeno un percettore di reddito da lavoro dipendente gli effetti della riforma dell’Irpef si valutano congiuntamente a quelli delle due forme di decontribuzione previste per il 2024. In questo gruppo di famiglie, si stima che siano 11,8 milioni quelle che vedono migliorare, grazie alle misure, il proprio reddito disponibile, per un ammontare medio annuo di 586 euro. Si tratta di quasi il 45% delle famiglie residenti in Italia e del 78,5% delle famiglie con almeno un lavoratore dipendente.
  • Si stima che siano circa 300mila le famiglie interessate da entrambe le misure che registrano una perdita. Il peggioramento, pari in media a 426 euro, è riconducibile in larga parte alla perdita del diritto al trattamento integrativo dei redditi da lavoro dipendente (c.d. Bonus Irpef).
  • Le famiglie non interessate dalla decontribuzione ma che beneficiano della riforma dell’Irpef sono 9 milioni e 600mila (36,8% delle famiglie residenti). Il guadagno derivante dalla riforma, in termini di minori imposte dirette dovute, è pari in media a 251 euro all’anno e comporta un incremento dello 0,5% del reddito disponibile.
  • Sono circa 750mila le lavoratrici madri che, grazie all’esonero totale dei contributi, si stima registrino un guadagno, rispetto al 2023, pari a poco più di 1.000 euro. Un quarto di queste, avendo una retribuzione annua lorda superiore ai 35mila euro, non erano destinatarie dell’esonero parziale previsto per i lavoratori dipendenti nel 2023. Queste ultime, quindi, registrano il guadagno medio maggiore, pari a oltre 1.800 euro.
  • Si stima che il passaggio dal Reddito di cittadinanza, già depotenziato nel corso del 2023, all’Assegno di inclusione comporti un peggioramento dei redditi disponibili per circa 850mila famiglie (3,2% delle famiglie residenti). La perdita media annua è di circa 2mila 600 euro e interessa quasi esclusivamente le famiglie che appartengono al gruppo delle famiglie più povere. In tre quarti dei casi si tratta di nuclei che perdono il diritto al beneficio e nel restante quarto di nuclei svantaggiati dal nuovo metodo di calcolo.
  • Per circa 400mila famiglie il passaggio tra RDC e ADI non comporta una variazione del reddito disponibile perché continuano a ricevere lo stesso importo. Infine, un gruppo esiguo di famiglie (circa 100mila) trae un beneficio dal passaggio all’ADI di circa 1.200 euro. Il vantaggio deriva dal diverso trattamento dei componenti con disabilità insito nel metodo di calcolo della scala di equivalenza ADI rispetto a quella RDC.
  • L’indennità una tantum di 100 euro per i lavoratori dipendenti si stima abbia raggiunto circa 3 milioni di famiglie (11,6% delle famiglie residenti), generando una variazione del reddito disponibile pari in media allo 0,2%.
  • L’intervento pubblico riduce la diseguaglianza nel reddito delle famiglie di 16,1 punti percentuali, la riduzione è più ampia nel Mezzogiorno (-16,9 punti percentuali) dove si stimano le più ampie disuguaglianze tra redditi primari. Nel complesso, tuttavia, le modifiche al sistema di tasse e benefici introdotte nel corso del 2024 e qui prese in esame diminuiscono in lieve misura l’equità della distribuzione dei redditi disponibili delle famiglie. La diseguaglianza, valutata attraverso l’indice di Gini, passa dal 30,25% al 30,40%.

La redistribuzione del reddito attraverso i trasferimenti e il prelievo

ITALIA ECONOMY - Redistribuzione del reddito nel 2024Il sistema di tasse e benefici ha tre obiettivi fondamentali: (i) finanziare la produzione di beni e servizi pubblici; (ii) redistribuire il reddito in modo da conseguire una maggiore equità; (iii) proteggere le persone dal rischio di povertà e di esclusione sociale. Il reddito primario, guadagnato sul mercato prima dell’intervento pubblico, è infatti normalmente caratterizzato da un elevato grado di diseguaglianza, che dipende dalle differenti dotazioni individuali e familiari di risorse (lavoro, capitale reale e finanziario), dai diversi rendimenti delle stesse (salari, profitti e interessi) e, infine, dalle diseguali opportunità di occupazione e di impiego dei capitali.

L’intervento pubblico aumenta il reddito delle famiglie erogando trasferimenti monetari e lo diminuisce prelevando contributi sociali e imposte. Aggiungendo i trasferimenti pubblici al reddito primario guadagnato sul mercato, si ottiene il reddito lordo da cui, sottraendo contributi sociali obbligatori e imposte, si ottiene il reddito disponibile delle famiglie. Le politiche determinano una maggiore equità se, come accade normalmente, i trasferimenti e il prelievo riducono le distanze fra i redditi disponibili delle famiglie. Gli effetti distributivi del sistema di tasse e benefici vengono stimati confrontando i redditi individuali e familiari prima e dopo l’intervento pubblico.

In Italia, la stima della diseguaglianza del reddito primario, rappresentata dall’indice di Gini, è pari nel 2024 a 46,48%. Dopo i trasferimenti e il prelievo, la diseguaglianza del reddito disponibile equivalente risulta significativamente inferiore, pari a 30,40%: l’intervento pubblico riduce quindi la diseguaglianza di 16,07 punti percentuali. L’effetto dei trasferimenti è più rilevante (11,68 p.p.) rispetto a quello del prelievo contributivo e tributario (4,39 p.p.).

La diseguaglianza dei redditi primari è significativamente più alta nel Mezzogiorno (48,19%) rispetto al Centro (43,97%) e al Nord (43,02%). L’effetto redistributivo dei trasferimenti e del prelievo è relativamente più importante nel Mezzogiorno, dove determina una riduzione della diseguaglianza di circa 17 punti percentuali. La diseguaglianza del reddito disponibile tra le aree geografiche riflette quella del reddito primario, ma con distanze più contenute.

ITALIA ECONOMY - Redistribuzione del reddito nel 2024Per valutare il ruolo dei trasferimenti pubblici nella formazione dei redditi familiari si osserva la composizione di tali redditi per fonte. I redditi primari sono la fonte principale di reddito nei quinti più ricchi, i trasferimenti pensionistici sono invece prevalenti nei quinti più poveri. Le pensioni e gli altri trasferimenti pubblici costituiscono i principali strumenti per trasferire risorse alle persone anziane, disoccupate, inabili o minori. Nel complesso, le pensioni IVS (Vecchiaia, Invalidità e Superstiti) costituiscono la quota prevalente dei trasferimenti monetari pubblici alle famiglie (il 19,8%), mentre le voci relative alle altre pensioni (2,9%) e le prestazioni sociali per la famiglia (1,4%) e per il lavoro (2,2%) rappresentano nell’insieme il 6,5% del reddito lordo del totale delle famiglie. I trasferimenti riguardano prevalentemente i due quinti più poveri, con l’eccezione di quelli da lavoro che sono più concentrati nei quinti centrali della distribuzione dei redditi.

La distribuzione delle imposte dirette e dei contributi sociali per quinti di reddito disponibile familiare riflette il diverso grado di progressività delle specifiche forme di prelievo. I contributi sociali sui datori e sui lavoratori sono la forma più rilevante, prelevando il 16,9% del reddito lordo delle famiglie, ma anche la meno progressiva. Le imposte dirette (Irpef, addizionali locali e tassazione separata di rendite finanziarie, tassazione forfettaria, liquidazioni e arretrati da lavoro, affitti) ammontano complessivamente al 15,4% del reddito lordo delle famiglie.

I contributi sociali sono generalmente proporzionali, né progressivi né regressivi, rispetto al reddito individuale da lavoro e, per questo motivo, risultano quasi proporzionali anche rispetto al reddito familiare. L’applicazione di aliquote inferiori per le qualifiche più basse e gli sgravi contributivi sono gli unici elementi del prelievo contributivo che ne aumentano la progressività, al contrario i massimali e i minimali la riducono.

ITALIA ECONOMY - Redistribuzione del reddito nel 2024L’incidenza dei contributi a carico dei datori nei diversi quinti presenta variazioni contenute attorno alla media (11,8%). Il profilo distributivo è moderatamente progressivo nel passaggio dal quinto più povero (10,2%) al penultimo (13,3%) e leggermente regressivo nell’ultimo quinto, dove l’effetto dei massimali riduce il peso dei contributi sui datori all’11,0% del reddito lordo. I contributi a carico dei lavoratori si collocano intorno alla media complessiva del 5,1%, assumendo valori più bassi nei quinti centrali della distribuzione, anche grazie agli esoneri dei contributi in vigore. L’incidenza di poco maggiore per le famiglie del quinto più ricco (5,8%) costituisce una lieve correzione progressiva. I minimali determinano una correzione di segno opposto: per il quinto più povero il prelievo risulta leggermente superiore alla media (6,3%).

L’Irpef è un’imposta progressiva rispetto ai redditi individuali sia per effetto delle aliquote crescenti, sia per quello delle detrazioni (per lavoro, carichi familiari, spese sanitarie, ecc.). L’incidenza dell’Irpef aumenta al crescere del reddito familiare lordo risultando di oltre quattro volte maggiore nell’ultimo quinto più ricco (16,6%) rispetto al primo, più povero (4,4%). Gli incrementi maggiori si osservano nel passaggio dal primo al secondo e dal quarto all’ultimo quinto. Sono moderatamente progressive anche le altre imposte dirette, la cui incidenza sul reddito lordo varia dal 2,3% del primo quinto al 3,5% dell’ultimo.

L’impatto delle politiche per le famiglie realizzate nel 2024: indicatori redistributivi

Il modello FaMiMod consente di analizzare gli effetti redistributivi delle politiche per le famiglie che intervengono nella formazione dei redditi familiari. Le principali politiche entrate in vigore nel 2024 per le quali si fornisce una valutazione dell’impatto sui redditi delle famiglie sono: (i) la riforma Irpef, che ha modificato aliquote e scaglioni di reddito e ha incrementato le detrazioni da lavoro dipendente (D.L. 216/2023 artt. 1 e 2); (ii) la decontribuzione parziale per i lavoratori dipendenti, confermata per tutto il 2024 nella forma in vigore dal secondo semestre del 2023 (L. 213/2023, art. 1 c. 15); (iii) l’esonero contributivo totale per le lavoratrici madri di due o più figli (L. 213/2023, art. 1 c. 180 e 181); (iv) l’Assegno di Inclusione (ADI), che sostituisce, per alcuni nuclei, il Reddito e la Pensione di cittadinanza (D.L. 48/2023, art. 1 e segg.); (v) l’indennità una tantum pari a 100 euro per i lavoratori dipendenti con un reddito lordo inferiore a 28mila euro (c.d. Bonus Natale, D.L.113/2024, art. 2-bis). Per quanto riguarda l’assegno unico e universale per i figli a carico (AUU), non si presentano simulazioni sull’effetto dell’aggiornamento automatico di soglie e importi al costo della vita, in quanto si tratta di misure stabilite dalla legge istitutiva dell’AUU (D.L. 230/2021, artt. 4 e 5). È opportuno sottolineare, però, che sia l’AUU (con le variazioni previste dalla legge) che il Supporto per la Formazione e il Lavoro (D.L. 48/2023, art. 12) sono considerati nel calcolo del reddito disponibile delle famiglie del 2024.

ITALIA ECONOMY - Redistribuzione del reddito nel 2024Le simulazioni valutano gli effetti delle politiche in termini di differenza tra i redditi disponibili equivalenti delle famiglie calcolati in due diversi scenari: lo scenario a legislazione vigente nel 2024 e uno scenario di confronto ottenuto applicando al primo scenario, e per le sole politiche sopra elencate, i parametri della legislazione del 2023, a parità di tutte le altre condizioni.

Nello scenario di confronto, quindi, i parametri applicati sono i seguenti: un esonero contributivo rivolto ai lavoratori dipendenti che prevede, per i primi sei mesi dell’anno, uno sconto sull’aliquota contributiva di 3 punti percentuali per i lavoratori con retribuzione annua lorda (RAL) inferiore a 25mila euro e di 2 punti per i lavoratori con RAL inferiore a 35mila e, per la seconda metà dell’anno, di uno sconto rispettivamente di 7 e 6 punti; il RDC/PDC somministrato per 7 mesi a tutte le famiglie con i requisiti previsti dalla legge istitutiva e per i restanti 5 mesi alle sole famiglie con componenti definiti non occupabili; da settembre 2023 l’introduzione del Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL) per le persone tra i 18 e i 59 anni senza carichi di cura e con un ISEE inferiore a 6mila euro, un beneficio di 350 euro mensili (per 12 mesi non rinnovabili) in caso di partecipazione a politiche attive del lavoro o a progetti utili alla collettività.

Non sono presenti in questo scenario l’esonero contributivo totale per le lavoratrici madri e il “Bonus Natale”, novità normative del 2024.

Per le famiglie in cui sono presenti componenti interessati dall’esonero contributivo, sia esso parziale (per i dipendenti) o totale (per le lavoratrici madri), le simulazioni valutano congiuntamente l’effetto della riforma Irpef e della decontribuzione. Questa scelta deriva dalla presenza di un effetto di retroazione fiscale connesso alle misure di esonero contributivo.

Quest’ultimo, infatti, aumenta il reddito imponibile e, di conseguenza, le imposte dovute. La variazione dell’Irpef tra i due scenari messi a confronto è quindi attribuibile, per queste famiglie, non solo alle modifiche all’Irpef, ma anche alla decontribuzione stessa. La complessità interpretativa che ne deriva ha orientato la scelta di non separare gli effetti dei due interventi.

Infine, è opportuno sottolineare che il modello è di natura statica, ovvero non incorpora le reazioni comportamentali degli individui come per esempio le decisioni in merito alla partecipazione al mercato del lavoro.

Effetti delle singole misure per le famiglie nel 2024

La riforma dell’Irpef e gli esoneri contributivi

Dal 1° gennaio 2024 è entrata in vigore la riforma dell’Irpef prevista dal D. Lgs. 216/2023, che ha eliminato lo scaglione di reddito tra i 15mila e i 28mila euro, a cui si applicava un’aliquota del 25%, facendolo confluire nel primo scaglione a cui si applica un’aliquota del 23%; gli scaglioni e le aliquote per i redditi sopra i 28mila euro rimangono invariati. Il Decreto aumenta anche da 1.880 euro a 1.955 euro la detrazione per redditi da lavoro dipendente (ex art. 13 del TUIR), portando la no tax area a 8.500 euro (da 8.174) con effetti anche sul Bonus Irpef, previsto dalla L. 21/2020. Infine, per i redditi superiori ai 50mila euro, la riforma prevede un taglio lineare di 260 euro delle detrazioni, escluse quelle per le spese sanitarie, sull’imposta lorda.

Inoltre, la Legge di bilancio 2024-2026 (art. 1, comma 15) conferma, per tutto il 2024, la decontribuzione nella forma in vigore dal 1° luglio e fino al 31 dicembre 2023, che prevedeva una riduzione di 6 punti nell’aliquota per i lavoratori dipendenti con Retribuzione annua lorda (RAL) inferiore a 35mila euro e di 7 punti per quelli con RAL inferiore a 25mila euro. La stessa Legge (art. 1, commi 180 e 181) prevede per tutto il 2024, un esonero contributivo totale a favore delle lavoratrici dipendenti del settore privato e del settore pubblico con contratto a tempo indeterminato madri di due figli, fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo, oppure madri di tre o più figli e con almeno un minore.

Si stima che la riforma dell’Irpef abbia comportato una variazione nei redditi disponibili di 21 milioni e 800mila famiglie circa (83% delle famiglie residenti). Di queste ultime poco più di 12 milioni sono famiglie con almeno un percettore di reddito da lavoro dipendente e, per questo sottoinsieme, gli effetti della riforma dell’Irpef si valutano congiuntamente a quelli delle due forme di decontribuzione previste per il 2024. Concentrandosi su quest’ultimo gruppo, la quasi totalità delle famiglie (circa 11milioni e 800mila) vede migliorare, grazie alle misure, il proprio reddito disponibile in media di 586 euro annui.

Tale guadagno è valutato rispetto al reddito disponibile che queste stesse famiglie avrebbero avuto se le regole sulla decontribuzione e sull’Irpef fossero rimaste quelle vigenti nel 2023. Si tratta di quasi il 45 % delle famiglie residenti in Italia e del 78,5 % delle famiglie con almeno un lavoratore dipendente.

Dal punto di vista distributivo, le famiglie che traggono il maggior guadagno in valore assoluto sono quelle dei quinti più alti (720 euro per il penultimo quinto e 866 per l’ultimo), che percepiscono anche la quota maggioritaria del guadagno totale. D’altro canto, sono le famiglie dei quinti più poveri che vedono aumentare di più, seppur leggermente, il proprio reddito in termini relativi (1,4% per i primi tre quinti, rispetto all’1,3 e allo 0,9% degli ultimi due).

ITALIA ECONOMY - Redistribuzione del reddito nel 2024Le famiglie interessate da entrambe le misure che registrano, invece, una perdita rispetto a quanto avrebbero percepito se le regole fossero rimaste quelle del 2023, sono circa 300mila (1,2% del totale delle famiglie e il 2,2%delle famiglie con almeno un lavoratore dipendente). Il peggioramento, pari in media a 426 euro, è riconducibile in larga parte alla perdita del diritto al trattamento integrativo dei redditi da lavoro dipendente (il c.d. Bonus Irpef) a causa dell’aumento del reddito imponibile generato dallo sconto contributivo. In generale, la perdita si concentra nel secondo e nel terzo quinto di reddito sia in termini di numero di famiglie che come importo medio della perdita.

Il modello consente, inoltre, di ottenere delle stime individuali sulla platea di beneficiari dell’esonero contributivo totale per le lavoratrici madri. Si stima che queste ultime siano circa 750mila e registrino mediamente un guadagno, valutato al netto della retroazione fiscale e della riforma Irpef, di poco più
di 1.000 euro. Tre quarti di queste, con le regole del 2023, avrebbero usufruito comunque dell’esonero parziale dei contributi per i lavoratori dipendenti, mentre il restante quarto, avendo un RAL superiore ai 35mila euro, non erano destinatarie di alcuno sconto contributivo. Sono queste ultime, quindi, a registrare il guadagno maggiore, oltre 1.800 euro a fronte dei 760 euro circa del primo gruppo.

Le famiglie senza lavoratori dipendenti e pertanto non interessate dalla decontribuzione che beneficiano della riforma dell’Irpef sono circa 9 milioni e 600mila. Il guadagno della riforma, in termini di minori imposte dirette dovute nel 2024 rispetto a quello che le famiglie avrebbero dovuto versare se fossero state in vigore le regole del 2023 in materia di Irpef, è pari in media a 251 euro all’anno. Si tratta del 36,8% delle famiglie residenti il cui reddito disponibile migliora dello 0,5%. Il guadagno maggiore riguarda i redditi delle famiglie nei quinti medio-alti, che sono destinatarie di oltre il 70% del guadagno totale.

La riforma dell’Irpef e gli esoneri contributivi hanno determinato una lieve diminuzione delle aliquote medie effettive in tutti i quinti di reddito mantenendo il profilo di progressività precedente (in media -0,3 p.p..È utile qui ricordare che l’aliquota effettiva rappresenta, a livello individuale, il rapporto tra il totale delle imposte dirette dovute al netto di deduzioni e detrazioni e il reddito complessivo a fini fiscali. Pertanto queste aliquote non replicano i valori delle aliquote legali, medie o marginali.

L’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro

La Legge 197/2022 ha disposto alcune modifiche alla disciplina del Reddito di Cittadinanza (RDC) erogabile nel 2023, riducendo la durata massima del beneficio a 7 mesi per le famiglie in cui non fossero presenti componenti con disabilità, minorenni o persone con almeno sessant’anni di età. Il D.L. 48/2023 ha, poi, sostituito il RDC con una nuova misura di contrasto alla povertà denominata Assegno di inclusione (ADI) a partire dal 1° gennaio 2024.

L’ADI è rivolto alle stesse tipologie di famiglie che prima percepivano il RDC o la Pensione di cittadinanza (PDC), esclusi i nuclei composti esclusivamente da persone occupabili ovvero tra i 18 e i 59 anni prive di disabilità, senza carichi di cura e non inserite in programmi di assistenza socio-sanitaria. Ai componenti di queste ultime famiglie con un ISEE inferiore a 6mila euro, è destinato il SFL, un beneficio di 350 euro mensili (per 12 mesi non rinnovabili) in caso di partecipazione a progetti di formazione, orientamento professionale e, più in generale politiche attive del lavoro, al servizio civile nazionale o a progetti utili alla collettività. Si stima che il SFL abbia raggiunto nel 2024 circa 100mila individui.

ITALIA ECONOMY - Redistribuzione del reddito nel 2024Il beneficio economico associato all’ADI consiste in una integrazione al reddito familiare fino ad una soglia di 6mila euro annui (7.560 nel caso di famiglie composte solo da persone con oltre 67 anni, o da persone con oltre 67 anni e altri familiari in condizione di disabilità grave o non autosufficienza), moltiplicati per una scala di equivalenza, il cui valore è determinato dalla composizione familiare. Il beneficio è soggetto alla verifica di requisiti reddituali, patrimoniali e di residenza.

Le famiglie che traggono un beneficio dalle modifiche agli strumenti di sostegno alla povertà (il passaggio dal RDC, nella sua forma depotenziata vigente nel 2023, all’ADI) sono stimate in poco più di 100mila (pari
allo 0,4% del totale delle famiglie residenti) e si collocano tutte nel quinto più povero, di cui rappresentano il 2,3%. Il beneficio annuale, pari a 1.216 euro, incide per il 9,2% sul reddito familiare. Il vantaggio deriva dal diverso trattamento dei componenti con disabilità nel metodo di calcolo della scala di equivalenza utilizzata per l’ADI rispetto a quella del RDC.

La scala di equivalenza ADI assegna un parametro pari a 1 per il nucleo familiare, incrementato di 0,5 per ogni componente con disabilità grave o non autosufficiente, 0,4 per ogni componente di età superiore ai 60 anni o maggiorenne con carichi di cura, 0,3 per ciascun altro componente adulto in condizioni di disagio bio/psicosociale inserito in programmi di cura e assistenza, 0,15 per ciascun minore fino al secondo, 0,10 per ogni minore oltre il secondo.

La legge prevede inoltre un tetto per ogni valore della scala pari a 2,2 elevabile a 2,3 nel caso di disabilità grave (art. 2, comma 4 del DL 48/2023). La scala del RDC, invece, è pari a 1 per il primo componente del nucleo familiare ed è incrementata di 0,4 per ogni ulteriore componente maggiorenne e di 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne. Il valore massimo consentito della scala è 2,1, elevato a 2,2 in presenza di componenti con disabilità grave e questo produceva effetti solo sui nuclei con almeno 4 componenti (DL 4/2019 come art. 2, comma 4 come modificato in sede di conversione nella Legge n. 26/2019).

Le famiglie che peggiorano il proprio reddito disponibile per il cambiamento nella normativa si stima siano circa 850mila; nel 10% di queste ci potrebbero essere individui percettori del SFL. La perdita per queste famiglie è di oltre 2mila e 600 euro annui e interessa quasi esclusivamente il quinto più povero delle famiglie.

Di queste, sono poco più di 620mila quelle che hanno perso il diritto al beneficio. All’interno di questo gruppo si stima la presenza di 220mila famiglie con componenti non occupabili che perdono il beneficio perché nel decreto istitutivo dell’ADI, a differenza di quanto previsto nel regime RDC, non è presente un innalzamento della soglia di reddito per le famiglie per le famiglie in affitto rispetto a quelle che vivono in casa di proprietà. Tale incremento di soglia è stato in seguito introdotto nella Legge di Bilancio per il 2025 (Legge n. 207/2024).

Oltre alle famiglie che perdono il diritto al beneficio, esiste un gruppo di 230mila famiglie, anche queste classificate come non occupabili, che vedono peggiorare il proprio reddito perché pur continuando a ricevere il beneficio questo risulta di importo inferiore a quello che avrebbero avuto con le regole del RDC. Lo svantaggio è riconducibile al fatto che nella scala RDC ogni ulteriore componente della famiglia ha un peso, mentre nella scala ADI hanno un peso solo i componenti aggiuntivi con determinate caratteristiche.

Esiste infine un gruppo composto da quasi 400mila famiglie per le quali il beneficio dell’ADI è pari a quanto avrebbero ricevuto con le regole del RDC.

L’indennità per i lavoratori dipendenti

ITALIA ECONOMY - Redistribuzione del reddito nel 2024L’indennità per i lavoratori dipendenti è stata istituita con l’articolo 2-bis della Legge 143/2024 di conversione del Decreto n.113/2024. L’art. 2 del D.L. 167/2024 ha poi esteso la platea dei lavoratori dipendenti che hanno potuto ricevere l’indennità togliendo il requisito del coniuge a carico. L’indennità prevista è pari a 100 euro una tantum riparametrati ai giorni lavorati nell’anno. Il trasferimento è uno solo per famiglia ed è destinato ai lavoratori dipendenti con un reddito complessivo non superiore ai 28mila euro, con un figlio fiscalmente a carico e che risultino capienti, ovvero abbiano un’imposta lorda sui redditi da lavoro di importo superiore a quello della detrazione per lavoro dipendente; l’indennità non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini fiscali.

Si stima che l’indennità abbia raggiunto circa 3 milioni di famiglie, pari a un quinto delle famiglie con almeno un percettore di reddito da lavoro dipendente e all’11,6% delle famiglie residenti. La misura genera una variazione del reddito disponibile pari allo 0,2% (il guadagno è in media di 99 euro) e interessa principalmente i primi tre quinti della distribuzione dei redditi.

Dal confronto tra lo scenario a legislazione vigente nel 2024 e lo scenario di confronto ottenuto applicando al primo scenario, e per le sole politiche prese in esame, i parametri della legislazione del 2023, si stima che l’insieme delle misure generi in media un aumento di 458 euro annui sui redditi disponibili delle famiglie. Il miglioramento nel reddito interessa l’80,9% delle famiglie residenti e produce una variazione di reddito pari a circa l’1%. Osservando la distribuzione dei redditi si nota che il guadagno, la sua ripartizione e la quota di famiglie coinvolte per quinto aumentano al crescere del reddito delle famiglie, d’altro canto la variazione percentuale sul reddito familiare, invece, diminuisce.

Le misure esaminate comportano il peggioramento del reddito disponibile di poco meno di 1 milione e 200mila famiglie (4,5% del totale. La perdita è pari in media a quasi 2mila euro, è concentrata tra le famiglie del quinto più povero (94,6% della perdita totale) ed è riconducibile per lo più al passaggio dal RDC all’ADI. La perdita osservata negli altri quinti è invece attribuibile all’aumento del reddito imponibile generato dallo sconto contributivo che determina la perdita del trattamento integrativo dei redditi da lavoro dipendente (c.d. Bonus Irpef).

Nel complesso, le modifiche al sistema di tasse e benefici prese in esame esercitano un effetto contenuto sulla distribuzione dei redditi. L’indice di Gini aumenta di poco più di un decimo di punto, da 30,25% a 30,40%. Il passaggio dal RDC all’ADI, impattando negativamente sulle famiglie con reddito disponibile più basso, aumenta di oltre 2 decimi di punto l’indice di Gini e questo effetto è solo parzialmente compensato dal lieve effetto positivo connesso alla riforma dell’Irpef, valutata congiuntamente agli esoneri contributivi e all’indennità per i lavoratori dipendenti. L’effetto negativo sui redditi più bassi del passaggio all’ADI emerge più chiaramente osservando come i redditi delle famiglie alle code della distribuzione si rapportano a quelli delle famiglie mediane. La variazione nella distribuzione è attribuibile quasi esclusivamente al peggioramento dei redditi più bassi. Infatti, mentre l’indicatore S90/S50 rimane invariato nei vari scenari di policy, quello S50/S10 aumenta di 0,17 punti. Il rapporto tra le due code (S90/S10) della distribuzione cresce di 0,43 punti.

Da Istat

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