• 21 Gennaio 2025

Capgemini. Idrogeno energia pulita vincente

 Capgemini. Idrogeno energia pulita vincente

Gerardo Ciccone

Capgemini è un’azienda multinazionale con core business la trasformazione digitale e la consulenza. Fondata da Serge Kampf nel 1967 a Parigi come Société pour la Gestion de l’Entreprise et le Traitement de l’Information (Sogeti). Oggi ha 360mila dipendenti in 50 Paesi. Nel 2022 ha fatturato 22 miliardi di euro. L’azienda ha come slogan “Ottieni il futuro che vuoi”. Nel 2022 ha pubblicato un report sull’utilizzo dell’idrogeno con basse emissioni di carbonio. Una strada che – secondo il report – nove aziende su dieci intendono seguire entro il 2050.  Italia Economy ha intervistato Gerardo Ciccone, direttore Consumer Product Retail Distribution & Energy Utilities di Capgemini Italia.

Secondo il report di Capgemini “Low Carbon Hydrogen. a Path to a greener future” La transizione energetica e l’imperativo globale verso sostenibilità hanno spinto le organizzazioni a esplorare nuovi modelli e soluzioni energetiche. Di che si tratta?

I governi sono sempre più impegnati sul fronte della sostenibilità e sensibili alle soluzioni energetiche sostenibili, il calo dei costi dell’energia rinnovabile, i rapidi progressi tecnologici e la crescente attenzione per la decarbonizzazione fanno prevedere che la domanda di idrogeno a basse emissioni di carbonio aumenterà in maniera considerevole. Basta citare alcune evidenze emerse dal nostro report: il 63% delle organizzazioni del settore Energy&Utilities (E&U) lo considera uno strumento chiave per la decarbonizzazione, mentre il 62% delle aziende dell’industria pesante sta prendendo in considerazione la possibilità di introdurlo in sostituzione di sistemi dall’elevata impronta di carbonio.

Secondo Jeremy Rifkin “L’Italia dovrebbe essere l’Arabia Saudita dell’energia rinnovabile. Nessun Paese europeo, dice, ha le vostre risorse: il sole, la forza del mare, il vento, le montagne per le centrali idroelettriche. Eppure molti altri Stati, dalla Germania ai paesi scandinavi, sono più avanti”. Cosa gli risponderebbe?

Dal mio personale punto di vista, il territorio italiano è molto ricco dal punto di vista delle energie rinnovabili.

Ritengo che uno dei principali motivi che frena la transizione verso le rinnovabili sia il fenomeno del “nimby” (not in my back yard). Il primo blocco è quindi di tipo culturale e poi occorre semplificare e rendere più efficienti gli iter autorizzativi degli impianti.

Chiudo sottolineando un aspetto positivo, siamo il terzo produttore di energia green in Europa ed un sondaggio condotto da Swg per Greenpeace ha rilevato che il 53% degli italiani ritiene che si debba investire esclusivamente o in gran parte nella transizione energetica.

La vostra ricerca suggerisce che la maggioranza (64%) delle organizzazioni E&U stanno pianificando di investire nell’idrogeno a basse emissioni di carbonio entro il 2030; e 9 su 10 intendono farlo entro il 2050. Come la vede?

Le principali organizzazioni del settore E&U si stanno orientando verso l’idrogeno a basse emissioni di carbonio per trasformarsi in aziende energetiche integrate. Si stima che la capacità di produzione di idrogeno raggiungerà 4,5 milioni di tonnellate all’anno in tutto il mondo entro la fine del 2023. A gennaio 2023, il 93% dei progetti di idrogeno, sia attivi che in fase di progettazione, erano progetti di idrogeno verde.

Le potenzialità dell’idrogeno sono racchiuse in quei settori con vincoli di elettrificazione e che richiedono volumi localizzati di energia nel breve periodo.

Quasi tre quarti (71%) delle organizzazioni del comparto E&U ritengono che l’idrogeno a basse emissioni sia una soluzione praticabile anche per l’accumulo di energia da fonti rinnovabili intermittenti, in quanto può funzionare come una batteria e contribuire a rendere disponibile l’energia rinnovabile, proveniente ad esempio da fonti eoliche o solari, in base all’effettiva richiesta di consumo.

Cosa ha impedito sino ad oggi di utilizzare l’elemento più diffuso nell’Universo?

L’idrogeno è il più semplice, il più leggero e il più abbondante elemento nell’universo. Non esiste liberamente in natura ma piuttosto è prodotto da fonti come combustibili fossili, rinnovabili e nucleare, utilizzando una ampia gamma di estrazione e tecniche di produzione.

Le preziose caratteristiche dell’idrogeno – come l’elevato contenuto energetico per unità di massa (3 volte quello della benzina), e l’assenza di emissioni di CO2 al momento dell’utilizzo lo rendono un vettore energetico e un combustibile interessante. Tuttavia, attualmente la maggior parte dell’idrogeno viene prodotto tramite gassificazione del carbone e steam reforming del gas naturale, processi che comporta elevate emissioni di CO2 durante la produzione (rispettivamente 25kg ed 11k di CO2 per kilo di H2 prodotta). Per essere considerata a basse emissioni di carbonio, la produzione di idrogeno deve rientrare nella soglia di emissioni proposta dall’UE di 3,38 kg di CO2 equivalente per kg di idrogeno, che è del 70% inferiore a quella del parametro di riferimento predefinito per i combustibili fossili, compresi i trasporti e le altre emissioni non legate alla produzione.

La tecnologia consente di utilizzare modi diversi di produrre idrogeno, più o meno rispettosi del clima, e all’idrogeno è stato attribuito un colore che riflette la sua impronta di carbonio. Il combustibile idrogeno è green quando non produce emissioni, per esempio elettrolisi con energia rinnovabile. Oggi la sua produzione richiede una grande quantità di energia ed il costo unitario è relativamente più alto. Attualmente la produzione di idrogeno verde è pari al 1% del totale, ma grazie agli investimenti ed agli incentivi a supporto della transizione energetica ci aspettiamo che nel 2050 diventi del 55%.

Nel vostro rapporto sono citate iniziative di vari Paesi, riguardo all’idrogeno: Francia, Germania, UK, Spagna, Belgio, USA, Canada, India, Australia e Giappone. Italia assente ingiustificata?

Tra le geografie in cui è stata condotta la nostra survey abbiamo incluso anche l’Italia, registrando alcuni dati interessanti: la percentuale di organizzazioni E&U italiane che considerano l’idrogeno chiave per la decarbonizzazione è del 73%, un dato più alto rispetto alla media mondiale (63%); anche sul fronte del peso che l’idrogeno avrà per il fabbisogno di energia in futuro, le organizzazioni italiane E&U sono più propense (21%) rispetto alla media mondiale (18%) a pensare che l’idrogeno a basse emissioni di carbonio possa soddisfare un quinto della domanda di energia entro il 2050.

Abbiamo poi constatato come le organizzazioni italiane siano più ottimistiche rispetto alla media mondiale sull’utilizzo della tecnologia CCUS (Cattura, Utilizzo e Stoccaggio del Carbonio) per la produzione di idrogeno: il 56% delle organizzazioni italiane è convinto che questa tecnologia continuerà ad essere utilizzata (contro il 28% globale). Possiamo quindi affermare che l’idrogeno ed i suoi utilizzi stanno assumendo un ruolo sempre più importante nelle agende delle organizzazioni italiane.

 Dal 2030 in poi, l’UE intende schierare l’idrogeno verde in tutti i settori difficili da decarbonizzare. Come e in quale ruolo gioca Capgemini?

In un contesto in cui la sostenibilità è sempre più al centro dei piani delle organizzazioni, Capgemini ha messo a punto un framework di sostenibilità articolato con un’offerta che si sviluppa lungo tre direttrici:

–        l’implementazione di strategie e roadmap per la trasformazione del business in un’ottica sostenibile, siamo in prima linea su diversi clienti del settore E&U, affrontando insieme le sfide impegnative della transizione energetica;

–        Il disegno e la creazione di prodotti e processi operativi sostenibili tra cui è incluso anche il “sustainable IT” con iniziative atte a ridurre il consumo di tutta la sua infrastruttura. Stiamo supportando alcuni clienti automotive a creare modelli di “circular economy” dei loro prodotti o servizi;

–        Attivazione e creazione di piattaforme digitali con la modellazione dei dati per la misurazione dei criteri ESG, o Monitor.

Su quest’ultimo aspetto, Capgemini ha registrato una crescente richiesta per monitorare in maniera certificabile i dati ESG e fare simulazioni che consentano di indirizzare in maniera ragionata le scelte di business in merito alle strategie e alle iniziative di sostenibilità.

Dal punto di vista aziendale, Capgemini è tra le prime società a livello mondiale ad aver ottenuto da parte della Science Based Target initiative (SBTi) la convalida per i propri obiettivi per la riduzione delle emissioni di carbonio a breve e lungo periodo, tra cui la riduzione del 90% di tutte le emissioni Scope 1, Scope 2 e Scope 3 entro il 2040.

Per approfondimenti: sito web

 

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Giorgio Nadali

Giornalista, formatore, coach, scrittore

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